venerdì 3 maggio 2013

Io e Niov e un'altra sconosciuta alla fine dei tempi



Io e Niov e un'altra sconosciuta alla fine dei tempi.


Giuro. Giuro su Dio che io non c’ho capito niente della vita e della morte.
Giuro che siamo persi come deserti.
La rivoluzione sarà talmente prevista e giù intrappolata
che ci rimarrà solo scopare in un bagno illuminato dal sole
e poi scoprire che è il nostro compleanno ma non ci hanno lasciato nemmeno una fetta di torta.
La vita dell’uomo ha il suo senso solo quando si è giovani, e non mi dite il contrario vi prego.

Niov mi ha detto che non lo so.
Diciamo sempre il contrario per affermare volontà cartacee spente e accese.
La fine del mondo. Sì. La fine di tutte le cose.
Sì. Il sole caldo, la terra calda, la morte calda.
Morirò , l’ho sognato e succederà.

Che scrivi se non il veleno?
Che scrivi se  non di un verde acidissimo che spaventa
ogni cervello bromato?
Il grunge ci ha liberati del pensiero utile. Era anche ora!

Niov mi ha detto esattamente “ il velenemozione
è quello che ci rimane”.
Non capisco il suo accento slavo.
Lui, di contro, dice che le mie poesie non le può capire nessuno.
È perché stiamo fuori e non dentro.
C’è una gran bella fottuta sbarra che separa due dimensioni nettamente, ovvero da una parte occhi catodici,
schermipupille, vitreicristalli, occhialialneon, due o tre minuti d’odio, carabinieri sacrificati a difendere questo bel mondo che vogliamo credere reale, dal quale benemale siamo tutti farcitissimi.
Dall’altra i nostri bellissimi comandanti, che nessuno ha mai visto.
Non è nemmeno Andreotti. È dietro di lui, è attraverso il suo immenso parlare,
è attraverso l’addormentarsi caldo cullato di gente sola che ha bisogno di fede e di fedi e di cuscini.
Infatti, non conta scegliere, nemmeno per una piccola cosa.
Ci siamo. Controllo mentale psichico e fisico.

Niov mi ha parlato spesso di degrado decadenza e fallimento.
Siamo noi tanti tantissimi insetti sporchi e maligni.
Siamo noi trasportatori instancabili di male. Portamale.

Capisco ora pezzi di discussione  e sigarette su un bel relitto abusivo. Eravamo già asfaltati.

Poi, l’amore. Sì, caldo come sei coltelli.
Sì, violentissimo e viola, fermentato al sole
e marcio e zuccheroso abbastanza per distruggerci le insuline borghesi.
Davs ed Elena stanno male. Sì. Certo. Hanno un’anima, che brutta cosa l’anima.
Sì. Ogni allucinazione vale la pena ascoltarla e seguirla fino in fondo,
ogni illusione, ogni blusentire, ogni azzuroascoltare vale la pena
di farsi crocifiggere per quelli .
In fondo, niente è infinito come il bisogno,
e tutti sanno quanto noi e il caro Satana amiamo assomigliarci
e quindi rifletterci e quindi riflettere sull’inutile utilità di cellule agglomerate
in forme più o meno armoniche.
Sputa. Ti prego, fin che sei in tempo
sputa questo agglomerato roccioso e brutto
di emotività casuali e taglienti. Sputa via tutte le parole.
Siamo tossici e disadattati, siamo noi così familiari alla strada
e all’odore del piscio ovunque che le rose sembrano stelle
e le stelle non sembrano quasi più.
Blu. È il colore dell’anima. È il colore della morte.
Pace, amore, empatia.
Pace, amore, empatia .
Pace, amore, empatia.

È vero, la nostra rivoluzione sottile è già calcolata a prescindere,
a tal punto che gli assassini tutti sono pazzi, i mafiosi tutti sono pazzi,
tutti sono pazzi tranne i pazzi che già lo erano prima.
È vero, Niov. Siamo agli sgoccioli del mondo,
siamo quasi alla fine della fine,
senza però che nessuno lo voglia vedere.
È vero piccolo zingaro ubriaco,
siamo nei sogni sempre. E finirà il nostro tempo già terminato.
È vero, caro fratello polacco,
siamo arrivati.
Il sole arderà Marte e poi brucerà le nostre coste,
combatteremo senza senso altri esseri umani
siglando un processo circolare, un circuito tormentoso
di storie e nonprovvidenza e casualità nera.

<<Che dice? Che sta dicendo, niov?>>
<<Non saprei. >>
Lo vedete? Guardate queste pareti. Solo scatole blu piene di inconscio,
solo muri ingialliti dal muco con attaccati su poster di divinità che non si vedono in volto.
<<È tutta colpa di mio cugino!!>> disse allora quella ragazza che aveva solo assistito muta.
<<Perché?>>
<<Mi ha baciato e mi ha succhiato le labbra, che stronzo!!!!>>
<<Ma ti è piaciuto, vero?>>
<<Dentro sì. Fuori di meno.>>
<<E poi, perché viviamo nel degrado??>>
<<Il fatto che mio cugino ha portato venti suoi amici nel bagno. Non so che cazzo hanno fatto, io non potevo nemmeno entrare. Poi il resto lo vedete, questa megafatiscenza, questa fantastica schifezza di mondo morto senza vento senza buon’odore. È colpa di certi succhi che gettiamo via, a volte si chiamano
emozioni altre volte si chiama solamente identità. Io vorrei solo saper volere bene gli altri. Non sentire disagio, ma il vomito spesso è molto più forte del buon umore.>>
Detto questo, si alza e bacia Niov, e Niov ride mentre. E io aspetto il mio turno di ubriachezza, aspetto che lei si giri e mi guardi e mi trasmetta qualcosa di lucido e qualcosa di dolce. Forse succederà.

Le mie poesie, ha detto Niov, non le capisce nessuno, perché in effetti ognuno e idealisticamente
un io a parte, e quindi gli altri se esistono si odiano.
Le mie poesie sono il resoconto quasi massacrato di un’interiorità brutta e caduta a priori. Bella forse a posteriori, come tutti i libri di letteratura.

Il fatto è che ho sognato questa scena. Il fatto è che è un giorno che avevo la necessità di scrivere.
Il fatto è che noi, per riprendere il discorso dell’inizio, siamo fuori da quel piccolo Box dove la sbarra separa nettamente televisati e telelvisanti.
È per questo che facciamo paura, anche alle nostre stesse paure e abitudini. Siamo noi i mostri,
perché l’inconscio e l’istinto sono mostruosi e cattivi per natura e noi siamo la manifestazione non libera
di quello che abbiamo dentro.

Pace, amore, empatia.

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