venerdì 17 maggio 2013

Estate.



Estate.

Vieni estate ,stanca.
Vieni sole allo spleen, e curaci e curami.
Palme palme camminiamo un po’ e soffriamo
e fingiamo che è facile non curarsi.
 Ma che c’è?
Non servo.

Mai una spiaggia bella così
e arancione così
e noi siamo sedicenni semplici semplici
non strutturiamo bene le frasi
e non credo che l’educazione salverà l’uomo dall’estinzione.
Ancora qualche altra canzone per il sole
e per le belle giornate
che ci cambiano l’umore.
Ma dal balcone vedi nuvole nuove e le senti,
e ti accechi per colpa delle luci che in natura spaccano foglie,
e poi
ci chiediamo cosa ci capiterà che occasioni butteremo.
Vedi a che punto eravamo dieci anni fa e vedi ora,
e vedi il tempo ci scapperà addosso
rovinandoci l’aspetto già brutto, peccato davvero.

Baciarti, già?
Sono troppo poco vicino.
Se  non metti a fuoco sei sott’acqua,
ci muori per il colpo dell’estate,
ma che ci resta?
Contempliamo le azzurre assurdità spettacolari
e minacciamo noi stessi a pezzi
per un po’ di coerenza,
dove sta il tuo senso, baby? E il mio?
Non ci possiamo innamorare, è chiaro.
Ci siamo spinti troppe oltre dentro
e il fuori l’ha inventato la televisione per vendere.
Alle canzoni allora,
qualche giorno,
affiderò sentimenti marci e fasulli
per farli andar via,
alla poesia affiderò le immagini maledette ma belle
di sabbia e mare. Sabbia e mare di quelle che trovi solo nel cervello.

Spesso non dovrebbe fottercene un cazzo,
i capelli ad un vento trasparente
saranno ricordi di vecchie lucertole saggie nell’erba,
la maglietta si gonfia come cuori vuoti
però mancherà qualcosa, o no?

Sì. Per dio sì.

Sparami fuori dal blu chiaro.
Sparami fuori dai colori,
nello spazio dove l’ossigeno c’è perché manca,
come le cose a cui crediamo nel cranio.

Bella, lei, bella.
Come una processione.
Come un processo,
come la pazzia che ho stimato e stimo.
Bella lei, come l’estate a Luglio,
come i granchi,
come le chele,
come i paguri.

Quanta contentezza in certe ginocchia sbucciate
sugli scogli. Poi,
il mondo da una doccia fredda è talmente fresco
che anche l’amore non è da buttare, anzi ne hai voglia.

Scrivo perché almeno mi vedo esistere.
E poi, tutto è caricato all’estremo, tutto è ipercolorato,
tutto è tutti sono distinti così nettamente
che come si può non soffrire per questa ferita?
È ovvio che vorrei riabbracciarti,
e vorrei non aver finito la colla per unirci come da piccoli quando amare era amare.
È ovvio che mi manchi, parecchio anche, ma l’estate ritornerà
e noi vedendo il sole e l’immenso azzurro saremo costretti alla felicità.


Aspettavo una tranquillità immensa, è probabile che vedrò una bugia,
e voi non ci capite niente ora, no?
Che scrivo, dell’estate?
Che scrivo?

Beviti la bottiglia delle mie verità
e dei miei commenti
e dei miei tradimenti cupi.
Beviti me, succhiami un po’,
mollami in una strada americana
ma fa che ci sia sole.
La musica ci strozza emozioni vere
per far recitare le sue sintetiche e divertenti,
e allora pensi che andrà meglio,
e allora pensi che i rapporti con gli altri vanno a buon fine,
pensi ad un equilibrio, ma dove?
Non qui non ora.

Il colpo dell’estate,
e poi si riflette su un muro bianco
e poi siamo solo ragazzi,
ogni momento è solo un momento anche se dura di più,
niente si affeziona a niente,
siamo aeroporti immacolati
dove voi, cari carissimi,
volete avere l’onore e la simpatia di passare
per qualche viaggio, ma ve ne andrete, no?
Tutto è di passaggio, alcuni restano a dormire
ma ce ne andremo, finiremo in un modo o nell’altro,
non si può sperare che il nostro corpo sopporti la fretta per tutta una vita.
Ogni viaggio è il riassunto di più fallimenti,
e voi lo sapete.
Quindi, siate i benvenuti, qui, tra nature
e biciclette,
in questa fantasmagorica fluorescenza
dove non crescerò perché non mi va.
Il colpo dell’estate,
vai, sali, che io sia contento nel godere non dilazioni ma infinitesimi infiniti.
Con le ali meccaniche sorvoleremo
le impressioni addosso,
il latte bianchissimo trionferà,
i giardini i sobborghi la vita la vitalità
il non sentirci malefici organi
che vogliono i pazzi a regnare,
i borghesi a bruciare
e la schizofrenia prendere il sopravvento sulla parvenza di realtà.

Cara, piccola mia,
sesso.
Con te.
Il sole esala voglie e sudori,
il mare ce li laverà contento.
Perché la notte non si dorme
e domani non sarà meglio perché il crollo delle ossa
ha rotto tutto il nostro edificio.
Sballati e rotti,
ci rimane l’atarassia difficile per giunta.

Bella. Bella.
Bella.

Magari forse la mia anima blu
ha solo troppi buchi piccoli.
Magari,
l’adolescenza è questa, e non vedersela più addosso se non a tratti leggeri e bianchi e ultraassolati,
magari non si cresce se ci si illude che non è così,
magari il tempo ci nega ma noi ci affermiamo lo stesso,
è così,
la natura è contronatura.

Cara dolce estate arriverai ma io avrò esami.


Allora sai che bello l’amore? No.
Vorrei, ma non troppo.
Le emozioni fanno male spesso, lo capirete quando l’indipendenza non sarà più
così importante,
e ripenseremo insieme a quelle tette enormi da cui il latte non mancava mai.
Come le macchie d’erba sui jeans,
saremo alternative o Hypster o entrambi,
ameremo l’adrenalina,
ci sfonderemo il cervello,
ameremo l’amore e tutti saranno in guerra per la felicità,
e poi,
nella mescalina nebbia brillante dove sorridiamo per non dare nell’occhio
ci stancheremo, e la vecchiaia ci balenerà in mente,
il liceo sarà lontano quattromilamiglia,
le minchiate con gli amici pure.

Ascoltatevi, e poi ne pagherete le conseguenze.


Sei l’unica che voglio. Sei l’unica che me la darebbe col sorriso.

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