lunedì 27 aprile 2015

La luna e del vomito

La luna e del vomito.

Né parlerò con me stesso.

Sta diventando torbido
e un po’ patetico,
scheletro attaccato alla schiena
di scheletro
con guanti d’oro

Fracassare questo mostro maledetto
di granito  
che nella caverna
attenta alla compostezza della coscienza
e in tutti i modi
cerca di spiegarsi,
la poesia succede
i micro e macro crolli
dello spirito su se stesso
in se stesso.

Non vedere per credere.

Una volta ero intrappolato
in una turbina
e sentivo strane voci.
Accusare tutti per essere stati
poco divertenti
e a dir poco bestiali,
la luna e del vomito,
la luna e del vomito,
l’osso del polpo.
Come
aver
catturato
o sperato di catturare
la falena,
ovunque è blasfemia,
tutto è blasfemia.

Amore negromanzia
scambieresti che cosa
condivideresti che cosa
se nemmeno la verità
ha volto,
se anche qui piove
sangue e non sangue
pellicola sottile
che il cervello ricopre
e soffoca,
scappa, scappa.

Non che non l’abbia
preso in considerazione

Dalla mia schiavitù
è nero
e ha catene lunghe vita,
abbandono.
Abbandono.
Un dramma
le cui prove
avvengono tutte nella testa,
non al di fuori!!

Nemici, nemici,
sciacalli cuore
schifo nel rostro
la luna e del vomito,
stanco di scolpire
la sofferenza dalla sofferenza
un lutto da osservare
costantemente,
un nero da indossare stupendosi
e fondere e rifondere
i corpi dei cari
in spade
e altre armi da taglio.

Detergi
e sacrifica il volume
delle vibrazioni interiori,
abbandono,
abbandono,
a seconda di chi offre la mano
la strapperà via
o se la metterà nelle mutande.

*
*

E io guardo e non capisco
guardo e non capisco
il ventre
che si gela e prende il volo

Le trapaneremo
da cima a fondo
quell’ultimo briciolo di verità
rimasto adescato
dietro gli occhi per sbaglio,
signora.
Vorrà che gli altri
le facciano
ciò che lei non vuole ,
e nessuno dico nessuno
dei chiamati in causa
riuscirà a d uscirne illeso.

Un punto. Ho confessato la rugiada
sentito un odore disgustoso
che poi è passato,
goduto più che mai.

Sarà breve ragno
che fagocita brevi mosche
nell’angolo di una finestra,
non ti devi offendere.

Parlare, dire.
Comunicare a tensione
positiva /negativa
con la testa di corno pregiato
un busto ammattito
che galoppa il disordine delle cose,
le gambe blatte giapponese
che stanno morendo.
Io non sono questo….
La tempesta scalciato
perenne via vai di tortore
mute
lunghe
e si snodano,
non possiedono
non risiedono
ma esultano

Certo, un bastone di legno
sotto,
il macinare,
il sensore cattivo
che si attiva,
l’urlo, lo spiedo vuoto,
le capacità mie
tutte scese su e giù
da mostri con zampe innumerevoli,
è il caos.
Ma un caos dolce,
“iniettabile” per certi versi,
è dalla confusone
la luna e del vomito,
dall’ingrossarsi delle maree
un punto di luce
diventa un volto di luce
o di tenebra
diverso per occhi diversi

mercoledì 22 aprile 2015

Rei (III)

Rei (III)
O ultima poesia per Rei


Esisto,
come una nocca
da tagli e freddo
infettata, dilaniata.

Perché il quadro
mostra sempre
violenza
e mai verità?
Questa stanza evidentemente
non può brillare.

Catarsi nel teatro
dietro ai miei occhi
ho sboccato poche volte
ma buone.
La tunica ellenica si sporca,
la pelle che prima era sfoggio
e corazza
adesso è prigione
dove il calore brucia
e non c’è via d’uscita.

Rei, e tutto questo
miracoloso
vento
di eventi,
忘れ物
Da una tettoia non vedrò più
il vecchio Afon Taf,
dallo specchio solo
scaltre misure d’inquietudine.
Rei, e le cose che sfioriscono
hanno un particolare fascino
funerario,
tenendoti
e il tuo seno
e il vacillare di labbra
e Londra.

Anche madre idealizzare,
fino a non avere più notizia
del proprio aspetto,
a diventare invisibili al trauma
impercettibili all’occhio della coscienza
ed in questa dimensione oceanica
altri ed altri ancora
incatenare,
la mente è il capriccio
dei maiali e delle loro lacrime.

Perdona il terrorista
per aver creduto.
Siamo gabbie antropomorfe
piegate in due
dallo sforzo di non tenersi,
è sbagliato ma irresistibile
pertanto
credere
ad un passaggio
di significato.

Basta ho detto,
musica predefinita
rimprovero d’archi per me.

*

*

Questa artificialità
fa schifo
puzza di morte neonata,
scolpisci la statua
ed impreca,
diventa il motivo,
diventa la causa.
Questa artificialità
fa schifo, dicevo.
Ottura le valvole
e rende tutto
un grigio squallore monotematico.

Chi sedeva al banchetto
avrà salvo il viso
non gli sarà portato via
dallo spettro.

Quest’artificio è orribile,
scotenna i fiori
gli steli dell’anima,
spegne i tronchi più grossi,
la corteccia s’infetta d’afidi
l’eroe diventa
misero parassita
che esiste
e non sa come.

Chi ha aperto la tomba
del padre e della madre,
guardato lo sciamano
sacrificare l’amore
nel fiume Kunjaku
come un mucchietto di foglie,
chi ha visto la derisione
la mistificazione
gli aghi agitarsi in fila,
lui incontrerà lo spettro.

Un miscuglio di 4 corpi,
due uomini e due donne,
e non ho ancora compreso
la nave nel deserto
l’atmosfera illuminata solitaria
di quella villa d’ombra.

Un re che non conosce
neanche il suo nome.

兵兵兵兵兵兵兵

Il pozzo del cervello
fine non ha inizio
è un crollo continuo,
come pionieri
dimentichi serpenti
che strisciano in cerchio
見えない


*
*

Tarlo,
coda uncinata,
primo veleno,
secondo veleno.
Terzo e quarto veleno.
È una frusta
con all’estremità un sasso
sul viso freddo.
Ho potato, si, ma mai sradicato .
Tutta la pelle che cade,
io sono molto di più.
Una tenaglia, paradossale ,
inchinarsi è sbagliato
inchinarsi è sbagliato
inchinarsi è sbagliato.

*
*

Pane dolce,
c’è del vomito nel lavandino
domani mattina non si potranno nemmeno
lavare i piatti per la colazione.

Non ho potuto.

Demerita tristezza a palate
di loro iene del raccapriccio
adepte
antilopi
che non fanno altro che correre,
avevano lasciato Tj
a prendersi cura di Alex
ma non so quanto ha retto.

Ti finirò qui,
mattonella su mattonella,
telaio d’ossa brillanti
dove la resina ricopre
una verità amara,
qui, nelle lenzuola verdi,
negli orgasmi,
nell’overthinking
sotteso a quasi tutto.

A solleticare col coltello
la pancia della scrofa,
a tracannare.

Poi vedrò me stesso
trafitto da sotto a sopra,
santo, stella marina,
volpe indiana,
primitivo desiderio
di essere fuoco

Scattai,
deviando il timone
maledicendo la vecchia bendata

Che cosa rimane sul palmo:
Una città di ombre,
una turbolenta metastasi
di idee.
Lo sfogo su una pelle
che non è del sud.
Patetico limbo uscire
ed erezione,
è un miracolo questa
lotta anarchica
verso la calma del pensiero,
la quiete della testa.

Tenderò a questo,
si spacchino le creste,
non ho idea.

No no non perdonate

Gabbiani impazziti furiosi

Tenderò a questo,
si spacchino le creste.
Non ho idea.
Il vento ha smesso,
la coscienza zoppica
per finta,
Alessio in una foto.

Morire. Ancora.
Con stile.

Cavalcare la sfinge
giù
e via
dall’indebita morale,
essere testimoni.

Morte e calpestare
l’avana selva,
mentre nel cassetto
la pistola smontata
la colpa
di aver reciso
il proprio cordone
il buio dietro la nuca

Adesso il templio è aperto,
il negromante è pronto,
l’unguento ha un odore un po’ acre
ed è difficile
non ricordare Sole
visto dietro
slanciate colonne ioniche
pregiate dall’entasi.
Adesso il templio è aperto,
le palme si piegano
sull’anfiteatro greco,
lucifero risplende,
noi siamo il primo e ultimo
inferno
stelo falciato
normalità perduta
ambizione
di diventare,
disparità,
grumi,
la realtà,

il reame dell’irrealtà.

lunedì 20 aprile 2015

Perfettibile spada

Perfettibile spada


Opale parli del terrore
ma non ti senti,
la tua forma adesso
ha tutta la chiarezza che serve,
finalmente alla pari .
Ho scavato per tanti anni….

Da dove il fulmine urla.

Fonte tra rocce,
vetro che non era vetro
ma lo sembrava
parecchio,
un messaggio nascosto
nell’aria rinsecchita.
“Guarda” è il mio nome,
“taglia”, “spacca” .

Tre metri di fune
dovrebbero bastare

Dentro la sfera
la delicata e fragile
coerenza pacifista
delle mie dita
con un solo schiocco
giace spezzata,
niente più ricordi,
niente più ragioni,
c’è un incredibile presagio
rosso come il fiume di noi
che non scorre,
stands still.

Perfettibile spada
ancora sei metallo grezzo
non affinata
né della misconoscenza dei rapporti
né dall’esperienza del fuoco nero,
un giorno
all’unisono con l’apocalisse
brandita anche tu risuonerai
la tua scattante e nevrotica melodia
di fumi e parole
nel disperato viaggio
di noi in noi.
Perfettibile spada
nella fradicia fronte del nemico
scorticare il germe
e tremare
e tremerò,
un contatto diverso,
il risveglio della bestia buona
e tu sguainata
non muovi per ucciderla.

Le spiagge siciliane.


Tutto diverge in fretta,

太陽

Mi sembrava scontato…
Sbavare, immacolarsi,
emettere suoni.
D’altronde non siamo solo
bestie.
È vero, mi dici, il corpo
non devi tradirlo
per l’anima,
il mondo dentro
può anche mostrare
sottomissione.
Eppure tutto dall’artificio s’avvia
e all’artificio riconduce.
Una placca d’oro argentino
con cesellati sopra
questi canti silvani
di gloria del cervello,
quando l’anima
tutto seppe ingoiare
di tutto seppe nutrirsi
masticando
gnawing thoroughly
questa incosciente
mimica delle membra,
con orgoglio arrogarsi
il diritto
di assegnare un significato
e abbiamo messo la firma
su una dolce condanna
di metafisica forzata
e trascendente derealizzazione,
catechiesi malefica dello spirito
al corpo solo il piacere serve,
col piacere va temperato, affilato,
e spontaneamente poi
prenderà fuoco.

Tradotto male,
sempre tradotto male
e m’artiglia la schiena e i polmoni.
Continuamente remando
in direzione
contraria
alla perversa nudità di dio
e alle sue ali marce,
ma comunque tradotto male.

Civiltà villosa malata
indecoro d’aver deriso se stessi
di fronte a tutti,
non bestemmiare è peccato.
Ponendo giudizio
infrango la sacrosanta regola
della relatività a tutto intrinseca
ma più goduria
più forza,
l’armatura lucida,
la spada raffinatissima di pietre preziose.


今日も 太陽 出ていないぜ

giovedì 16 aprile 2015

Thames

Thames

Londra maestoso controsenso
con guerra monumentale,
tecnologia
e neoclassicismo
goticamente blu

Sono allo stremo
e nello stomaco
ho te danzante,
come morire,
in che senso.
Tra l’altro
scavando nelle scarpe
non ho trovato
che insetti mutaforma,
il male è l’impossibile
fermarsi
del pensiero
e quindi del corpo

“Fai attenzione
quando fumi”

Penetrato dalla tua voce
così sibillina
ho visto lo scheletro
di nuovo
crescere rami e fiori,
tutto così tantrico
così poco cerebrale.

La mia penna vietnamita sbava

Io sono un fiume
con dentro tutto.

“I have conversed
with the spiritual sun.
I saw him on Primrose Hill” (W.B.)

*
Ho visto due bambine
comunicare attraverso il Partenone,
non avevano paura degli dei.

Londra mi ha falciato le gambe

*

Adesso 3 ore di delirio
tutto spaccato
su cuscinetti di dolore
non è dio il mistero
bastardo
non è dio la luce interiore.

Nel frattempo abbracci cuore
e dormi,
stando fermi nel caos
si dura a stento,
accarezzare la scapola
contro il freddo.

Camden Town pullula di evasori,
è vero, e come!

Tanti teschi di diversi colori
intorno ai polsi,
la bruttura visiva
degli aghi sulle insegne,
airone enorme
è fantasia bianca
di scagliarsi contro,
è faticoso inghiottire.

Il vero stupido
è chi resta infelice,
non io,
non noi.

Talvolta però il peso delle circostanze
merita anzi deve essere
meglio analizzato ,
compreso, adulterato
in un’iride gigante,
calda da ustionare
la pelle.
Infatti l’unico modo
per superare le cose
è mangiarle.
Se vuoi dire
“nutrirsi di esse”
è un modo,
se vuoi dire
“levartele di fronte agli occhi”
è un altro.

*

*

Alle porte della Siria
ho una paura immensa
dei Giganti
venuti da chissà dove
a trasmutare
la nostra specie,
le loro ali spaventose,
chimere.

Ci uniremo con le piante
più più senzienti di noi
bocche tagliate e coscienza,
biforcuti bastardi
che mordono pure.
Rifonderemo l’anarchia,
pugnaleremo
i culti
e staremo comunque male,
costantemente sull’orlo
di quest’occhio
da nera pupilla
come acqua in caverna
dove luce del sole
specchiarsi non può

Dita schifose belle
le amo,
su un mare per lo più bianco
navigare
masturbare
creare.

Un affondo di stiletto
nel grosso stomaco
del dio
a vedrai te stesso,
lo bacerai,
lo fotterai.

Ti amo.

Preoccupazione
la notte viene
e pone  mani
affilate e allungate
intorno al cranio
e dentro,
nei polmoni,
negli atri,
non ho imparato
volontariamente
a difendermi.

Tempo corollario
del pensiero
pastore indecente
con la minchia di fuori
cane porcaro.

Il concetto dietro il progressive rock fa male,
a lungo andare ti trasforma.

Ed era l’odore convincente,
l’ago cade e trapassa
un’acqua di corpo,
ed era l’odore convincente.
Sapendo questo
non ho fortunatamente
mai sfogato il prato interiore
in ortiche.
Con una spada in mano
comincio a
rettificare
il profilo increspato
dello scoglio
ma
dentro impossibile contenere
questa skyline mistica
di scheletri neoclassici
che si innalzano e abbracciano
cibernetici ammassi di vetro.  

海で 自殺 欲しくないさ

A più tratti ma in circa quattro ore
funesta vita bianca
infinito messaggio
di presunta trascendenza
che è in-scendenza,
passo da Bristol
e le gambe sono rotte,
la pesantezza dei muscoli,
il miracolo finto e vero.
Un bordello allucinante.
Un viscido lupo nel sedile accanto
morde se stesso.
La metro, sonno,
la metro,
do you wanna fight?
No man it’s all right
we were just walking back home,
please. 

sabato 11 aprile 2015

Bada,bada.

Bada,bada.

Bada, bada,
cadere nel coltello
e il coltello diventare.
Carapace gloria sta zitto
maledetto saggio
che parli e alla luce
di esperienza magenta
ti lanci e svisioni.
Anche io sarò in quello stato, un giorno.

Ma il suono non era nato ancora,
赤ちゃん impudente
abortito
non ridimensionabile
quindi perso.

Un tavolino di vetro
un grand piano
le lesbiche nei quadri
il lupo dietro l’angolo
proietta un’ombra gigante

E no, non è come
l’avevo immaginato.
Non è possibile mai
descriverlo come lo avevo immaginato.

Questo ha senso…..

Padrone del toro
senza averlo preso per le corna,
non più in un colosseo, no,
prati, movimenti da volontà
e decisione che è libertà.

扉 が 開いている

Schivare
rete
non posso appassire
l’elefante
sembra

Comunicare con me stesso
a manate.

E quel ragazzino negro
di Michelle
scopro che è morto
cinque anni fa

Sobbollire.

Mano occhio petto occhio
fibre di fuori
luce davanti
aureola occhio
non prendermi ora
mentre lei dorme. 

Dà retta non dar retta
alle vertebre
e tra le spire di questa
bocca aguzza
sprofonda

La tua personalità assumerà forme
che mai
detto avresti,
un nuovo sterno,
un nuovo grembo
ma stesse piume

Scintillio di lame
una pelliccia di leopardo
lo scatto l’uncino penetra
lo scatto la morte scende
il piede spinge contro il piede
gli organi si toccano
le spine rientrano,
entrambi sotto il mantello rosso

Gambe in gambe
pelle che aderisce
simulare mai
gridare col fuoco
la propria vendetta
arse la gola

mercoledì 8 aprile 2015

Il polipo

Il polipo


Quanto buio nella camerata
la notte si stende stordita
sulla stanza nascosta.
Sofferenze e disgusto
da sogni rancidi marci scheletri
la colpa è quella di non poter
abbastanza aprire gli occhi
per vedere
le tenebre oceano
lungo il viale

Dà un taglio

Essere posseduti

Il soldato non lo fanno i muscoli
ma la paura sotto le ciglia

Un traghetto di illusioni
si spalanca il portone del petto
un ragno con sette zampe
tumori che parlano sulla schiena
sparge nausea e veleno
ride in modo così terrificante
da scatenare lacrime, suicidi
o, nel caso opposto,
resurrezione.

Mi basta la mente
aperta
come una vaga idea d’aria?
Dove sono gli indiani
con le loro tribù, le loro tende,
le  frecce, i calumet?
Lo stesso spreco d’universo
ammanetta una caviglia
al mattone scomodo grigio
annerito della logica paura,
in mano una clava

Voglio fluttuare,
patire

*
*
Dondolarmi tra le gambe
vicino al pozzo chiaro
desidero riavere le dita
una spada
trafigge il centauro
più innocente
sgorga sangue bianco perla.
Tu dentro.

La sposa ha il cielo addosso
le sue unghia però
piantate tra le lacrime
proprio per portare rispetto
e mostrare riverenza
se non addirittura
adulazione
all’entità maledetta
demonicamente bella e perfetta
che dentro lo spirito
rode e consuma
tesse gli eventi
in seta.

La psicoanalisi è terrificante.

_ _ _ _ _ _  _ _ _ _ _ _ _ _ _ _


Volevo fluttuare,
patire.

Una voce femminile sovrapposta
ad una voce maschile
potrebbe essere una gran metafora.

La faccia di cazzo
impagliata
appesa
farcita di sangue
non urla
non può

Da che pulpito
ci siamo messi
la morte in testa
e l’abbiamo sfoggiata,
se a mala pena
contenuti
tra le braccia
di chi ci ama
refrattario coraggio
impiccato
sussulta di spasmi?

Non è verità…
è merda,
merda su cui sputare.
E in fondo
le facce dei cadaveri
che con le mani tue di vetro
hai ucciso
continuano a sillabare lentamente
pervertitamente
la propria colpa,
ciò che non hanno imparato
a visualizzare ed accettare,
il nome dell’armatura
che per vergogna
non hanno indossato mai.



domenica 5 aprile 2015

Lo squartamento del topo

Lo squartamento del topo
(o Madonna)

Come una Madonna d'unzione sporca
mai giunta a termine la sua illusoria verginità
con le dita intrecciate nella vulva
giura e spergiura
fantoccio
inventato chissà quando
dall'astro morente nel cranio,
all'orizzonte il veleno
all'orizzonte il veleno

Tunica sembra diamante
potrebbe essere diamante,
a lungo mi guardo
indossandola solennemente.
Scoprirò machiavellici traumi
che sanno di lime su ferite
in un girotondo forzato.

離れて、離れて、
逃げて。

Rovi sorridono dicono menzogne vere,
in seppia in inchiostro
il sangue valanga
強く 成る かもしれない
e poi il verme che dalla testa scende
e alla testa ritorna,
un orgasmo tentacolare,
il crocevia,
noi siamo i nostri stessi
passamontagna
piegati dallo sforzo di non ridere
nebbia cristallina
che non sa come diradarsi.

Oppure è il cerchio
che si stringe
non l’entità dell’essenza
che slancia in un frustrato tentativo rotto
i propri flagelli
miracolosi

Per ricordarsi anche noi
di essere stati ferro,
battuto
su un incudine
da mani forti e meravigliose,
diventammo prima lame e poi spade.

Con unghia che da nevrosi abbruttite
non escono più
da quelle merde di polpastrelli,
pantegana che si struscia
l’invidia
l’alito che sguinzaglia
una frenetica bestia per gli occhi
il naso spezzato
la bocca un capofitto di demoni
e urla e urla rossicce,
dove il piombo fonde
dove la pietra fonde
la pelle ristagna nel vizio
al culmine della malattia
più di una rivelazione di luce
giunge
inusitata
schiva
volando da ventre a ventre
produce uno scampanellio
curioso ma sicuramente
ingannevole e
nessuno saprà più badare a se stesso.

Avrei anche potuto immaginare
quello spazio bianco indefinito
dove riuscivo a navigare
nel duemilasei

Un lungo dialogo con
17 me tutti vestiti diversi,
la scimmia è stata interiorizzata
e sperimentalmente
innestata
in me ma anche in voi,
accettarla è causa e conseguenza in un tempo.

È sempre alle tre meno 10
battono i tamburi dell’orgia,
si scatenano frenesie di becchi,
uccelli che sgomitano per guaire,
un mantra
apparente eterno
di musica come diavoli spezzati eroi
ma pur sempre
emblema di scrigni
più ultimi più inesperiti.
Ed è un coro
di denti su denti
strilli indecorosi
e stringhe di bava
che sembrano corde per un inferno in su,
lo squartamento del topo,
i tantrici richiami dal bianco piumaggio,
ancora un significato nascosto
ma se ne vede la coda.


giovedì 2 aprile 2015

Daigomi

Daigomi

Ho talvolta eretto
una bianca barriera di neve
a tappezzarmi la schiena
bianca anch’essa.

In sangue il ghiaccio brilla
azzurrino contorce
sbiadisce il colore,
dal sole non può venire nulla.
Chiesa così bella,
intarsiata, peccaminosa,
gotica,
nelle sue fondamenta
masticata da giganteschi
occhi
che tutto vedono
tutto tagliano via
tutto ingoiano
nella funesta avarizia.

I fratelli insieme
l’alchimia non sarà più accessibile
ma avrai ingannato dio

Psiche non iceberg
che mostra solo la punta ,
ma donna di cui solo il clitoride
si scorge

e  m’attisa.

Mi domando l’intelligenza intera
non si corrompe proprio,
la vedo ingrossata combattere
arrampicarsi nel
contorto labirinto
del viso dell’anima
e non trovare mai
la via d’uscita,
intrappolata
e non sa di percepire

“Father”
“Yes son?”

Seppie

Bryan Fury entra dalla finestra

Un essere con otto flagelli
digitiformi
grigi e rosa  
ha risucchiato martina
in un palazzo demoniaco,
io tunica rossa
*
*
La stampella sarà
un’ estensione del mio corpo,
non un corpo estraneo.
Sarò io che da solo
mi tirerò fuori dal buco di me stesso
e da me stesso trionfante
resusciterò.
Pace, cattedra a cui siede
un demone bianco,
comanda di sovvertire i sensi
e ad occhi spenti
puntare e in fiamme consumare
il verme.
Dondolare non smette mai,
una donna mannaia
rincorrermi per l’universo
per in naturali sensi di colpa
oramai
non morti
con tuniche stracciate alte
grigie e viola
che in me si aggirano
e l’immagine corrompono
guastano il voler bene.
Dal fulmine in poi
noi catarsi in noi
fontanella d’oro colato in noi
dita che adesso stanno strisciando
su occhiali dimenticati già
come tiepida spina
dal bronzo non può venire nulla.

-醍醐味

Mare mare
diventò la tua fica
come lei ho spasmi
avvolto in una crisalide
di umido piacere
adesso invece
sono la punta del mio pene
che si gonfia
come un toro domato

La storia dell’io
mi ha salvato fortunatamente
da una netta e stupida
separazione tra uomo e donna
nello spazio mentale,
la pazzia ha tagliato
a metà
il limbo
che già a metà divideva
un’entità
accartocciata su se,
spada, spade, spade,
spade, spade, spade…
tutto da tutte le parti
se non sul tuo corpo
è lama è fiamme
fuggire mordere a sangue
aggrapparsi al piacere
immenso
della carne dallo spirito bruciata
dallo spirito consumata,
ho vinto, maestro.