martedì 29 dicembre 2015

Armadillo (o altra poesia importante)

Armadillo (o altra poesia importante)

Prenderò il mondo per mano,
ma non dal di fuori.
Voglio toccare la terra dov’è più marrone
con la lingua ascoltare cosa dice

Sto cambiando, ancora.
La realizzazione dei desideri

Avrò carisma
avrò stile
ma senza più criticarne l’utilità,
comunicherò in maniera il più possibile
plastica e chiara
l’infinitamente più importante
mondo dentro

Un acquerello
fin quando tu non scappi
e vederti da dietro lontana.

Come continuare il libro
se all’amore
dentro sussegue sempre
questo legame carnale
con un infinito
impossedibile, inavibile?

Cadrà l’intera scogliera
sarò lasciato
circondato da picche
di simboli manifesti

Volevo essere acqua
e non solo terra,
confesso.

Tutta colpa di Pirandello
che mi ha preso per il collo dalla tomba
e m’ha fatto vedere il fiume
tanti anni fa

Eppure il cavaliere
ancora innalzerà il suo stendardo,
“L’ho fatto per esistere!” dirà
“L’ho fatto  per avere anch’io
un posto
nell’anima o animus al di fuori di me”

Gli altri non saranno più
solo una posticcia audience
da ammaliare annoiatamente
o uno specchio
per via del quale
la grandezza
la bellezza androgina
si rafforza e si vede.
La vedrò da me e da me la scolpirò

Ansia mia sveglia serpe
come maelstrom di chimere
nel cardias
ho capito che forse posso
riuscire a comunicare con te

Dislocazioni non scritte a parte,
stai male, sei come
un’ombra
in grado di generare altre ombre

Carla sembra collocata
in un momento così lontano
e idiota…..

La mente mi si è allungata
e non posso più
completare un giro di essa
velocemente
come una volta
*********
Imparando a concedere te stesso
al mondo dentro ed al suo doppio
che è quello degli occhi
sarai in grado di costruire entità
in entrambi 
di collocare a piacimento
nell’uno o nell’altro
l’impegno e l’energia
di creare colossei di brina
che nessuno digerirà mai
pur essendone tutti
illuminati,
vecchio Sir.
*********
Astri immensità esposti
sulla mensola dello spirito
in una teca d’arcadia
nell’altra metterò
la giacca
ed il mio aspetto allo specchio

Arpa andata per campi
accordata al corpo
e capace di appunto
tenere ferma la realtà 
con le corde tese
finalmente,
attratto e spaventato dalle sensazione
il camaleonte buono
si muoveva tra foreste di colore.
Non aveva capito che era bianco.

Correre per cercare l’essenza
ha senso,
ma senza permettere all’idra
di mangiarsi la realtà.

Il mondo esiste!
Il mondo non esiste!
Il mondo esiste!

Accorgiti del liquore
dei suoi suoni.
Adorare è bello
ma devi anche tu
risplendere.
Risplenderai, dunque?
Avrai la forza
d’accenderti?
Ma non in una folla,
non in una folla!

Il ghiacciaio spaccato.
L’ossatura del cuore
dell’armadillo d’ebano.
Il suono che hanno le cose.
Tutto è da percepire,
anche io stesso!
Accusando tutto questo tempo
la realtà
di non esistere
avete, sir, posto anche voi stessi
in uno stadio di subordinazione
rispetto al non-io.
Il suo valore, ora, mi appare innegabile.
Vivrai abbracciandolo nel tentativo di assorbirlo,
non allontanandolo.

Che poi qui intorno sia un circo di maiali
fagocitanti natura inneggiando,
questo è innegabile.
Ma fiaccole brillano alla sommità
dei visi di questi uomini qui, sir,
e questo basta : il candore.

Trittico con abside, segni scritti in sanscrito, mio padre e mia madre

Trittico con abside, segni scritti in sanscrito, mio padre e mia madre.

Triplo abside lo so lo so che sei vero,
quando mia madre generò il mio tempo
a partire da congegni di legno simili a clessidre
li teneva danzando di stracci vestita,
ed io circondato da feti col cordone sospeso
al centro
nudo.

Nel secondo segni alle pareti dorati mi ricordavano l’india
e mio padre stava a guardare

Ho potuto provare tanta paura
di fronte
al mare in tempesta
che nebbie celavano quasi completamente
ed io fumando non capivo neanche

Ma che Carisma posso avere io mai?
Posso farmene una colpa?

È che cresciuto in un circo
in cui la volontà di potenza
era una continua
manifestazione marziale di lotta,
quella lotta è poi diventata intestina
e vagamente riconoscevo me stesso
tremare come un filo di carne
nei secoli dei secoli

lunedì 21 dicembre 2015

Sir Fosforo strikes back

Sir Fosforo strikes back
(o breve componimento per Eraclito)

E invece, e invece e invece,
parlando del desiderio di voler morire
contrapposto però a quello di Psychosis 4.48,
ci sarebbero tante che dico tantissime cose
da sviscerare.
Prendi lui, ad esempio, con la sua giacca di squame
e tante coppe appese al collo per ricevere
per accogliere
per abbracciare.
Prendi lui, ad esempio, emissione ricevente e non mittente
che conosce la propria intima grandezza- derivata
dall’aver compreso l’assurdità connaturata
alla condizione d’essere tutti
la stessa triste anima/io
racchiusi come acciughe acitane-
e tuttavia di questa grandezza non si fida,
vuole metterla alla prova attraverso il contrasto,
come farebbe Ares, come farebbe Eraclito,
perché è tutta sua è tutta di tutti
ma non la sa e non lo sanno.
Prendi lui, ad esempio,
esaminalo nel momento in cui la morte è il desiderio
di comprendere è il desiderio di comprendere e nulla più
si è stanchi di non comprendere d’altronde
stanchi di stupidità innata
che rende il cervo capace
di piegare le corna nonostante il dolore.

E invece, e invece e invece,
parlando del marciume sociale, sì.
Argomenterò una tesi non specificata
facendo diretto riferimento ai miei occhi patinati di brina.
In particolare, porto in esempio
questa iena dalla pelle più liscia di Sir Philip Sidney,
che voleva nella foga di sesso e dolore
rincontrare l’Animus, il Daigomi, il Piacere
ciò che c’è di caldo in un vortice
e di messia in un apocalisse.
Non solo: La iena cercava dunque
in un mondo tutto maschile
l’attuazione di un sentimento già maschile
e la realizzazione di un’Anima dimenticata
nella polvere delle piccole labbra.
I fiori non erano decadenti lacrime di freschezza
o polline che s’accumula ai lati delle ciglia,
scegliere in tentazione la spada e non lo scudo,
farsi prendere per farsi accettare
ma non come entità indipendente seppur iena
pensante, emotivamente creatrice, no!
Come semplice dannato pezzo di carne.
È pur sempre il prezzo da pagare
per la ricerca del proprio dio, me ne rendo conto.
Tuttavia, l’ipotesi che la divinità sia solo
un idolo innestato a forza nello sterno
dalla pressa a fuoco del tintinnante rumore della società
è da irrinunciabilmente tenere in conto.
Ed è questo il consiglio che esce fuori dalla boccia del pesce

S. Agostino che ruba.
Piccole velate oceaniche teste di donna,
dove sono nato? Sono nato?
Non ero anche io
solo un piccolo Mi minore
lanciato lì a caso
nella sinfonia?
È la dolcezza è la bellezza
che sono rare inesistenze applicabili
in circostanze estremamente circoscritte
come il dolore o la bile nera.
Da sotto il tuo elmo non vedo altro che tuoni.

S. Agostino che ruba.
Foce e alla foce lava
le scarpe non ci serviranno.
S. Agostino che ruba e intendo l’acqua dal mare
con le sue vecchie mani nodose

Condannati ad un semplicissimo rituale,
parlo della memoria.
Quando ti snodi tra arpe
e puoi afferrare con certezza
non un misero maledetto digitus
ma la compresenza, ascolta bene, la compresenza
del tempo
come un’ amalgama di passatopresentefuturo
in una successione di velocità impercettibile.

Da qui la saggezza, un generale
che non veste divisa e non conosce
il saluto militare.

Veramente, vorrei con sangue ed ossa
poter tirare fuori il vero petto
dal petto,
questo muscolo d’oro colato
temo che potrei
non farcela
a ricrearlo sotto forma
di essenza sensibile
di messaggio vitreo per gli occhi,

la statua da spaccare la spacco
e ancora non svela
mentre mi aspetterei di trovare sangue
trovo solo significanti e i relativi contenuti
ma anche qui non c’è per niente da fidarsi
e allora
si potrebbe supporre dunque
l’inesistenza di una motivazione
ma ciò renderebbe lo sdraiarsi immobili per terra
l’unica cosa sensata.
Sir Fosforo
non ebbe tuttavia paura di ripetere il giuramento imparato sui libri
e decise
che non avrebbe avuto paura di recidere qualsiasi cordone ombelicale
si sarebbe frapposto tra lui e quel tesoro che un sogno di un febbraio dimenticato
gli aveva già fatto vedere.
Indossando l’elmo si accorse che sudava e si tolse l’elmo.

giovedì 17 dicembre 2015

Nel bicchiere d’Alceo

Nel bicchiere d’Alceo

Aver perso di vista il centro
aver comunicato, lucertola,
il centro del sole in un taccuino
in un declino
di matte immagini casuali.
Tutto ha senso
tutto non avendo senso,
coda che sbatte
su una testa di polvere verde smeraldo
e separando
la muffa dal cervello,
l’avvizzire di dio
dal dio interiore,
gli agnelli dalle arieti
i vitelli dai tori
e così via.
--Nel frattempo
vino che non era stato miscelato
vortica nel bicchiere d’Alceo,
vi sono finestre a forma di Noia
o, all’estremo opposto,
d’Estasi

Il tulipano
l’elefante
l’hashish
l’oltretomba
Montale
il tempo

Così disperso,

cacciavite che non avvita,
sesso e testa conica
per d’acutezza penetrare le vita
insieme ad un paio di corna
rivolte verso il basso

Possesso non possesso gelosia
salvia
rosmarino

Animali in catene
sorridi, sorridi,
col tallone provi a scalciare via
te stesso dalla mangiatoia,
presto sarà il corpo
il mangime
il corpo e la mente

Così divorate
ed ammaestrate a divorare

Vortici fiori blasfemia
un tunnel
e ti porterà
dove l’uomo non è coglione
dove non serve il Natale
o la giustapposizione
di libero pensiero e pubblica
offesa televisiva
difesa come da un milione
di denti d’idiota
di cosa parli, profeta?
Hai forse preso il tuo bastone
che un tempo
altro non era
che il principio stesso di luce e di buio
e addosso l’hai messo
dietro al collo sulle spalle
a mo’ di gogna?
Di cosa parli, profeta?
Con orecchie canine
il fallo in mano
è volontà di potenza solamente cieca
se non è contrapposto
alla variegata immensità di dettagli
di questo telaio.
Capisci, illumina.
Capisci, soprattutto.
Poi potrai illuminare.

Ma cosa?
To shed light on what?

Irraggiungibile la mano
che dal futuro
nel futuro
rivela una possibile felicità dinosauro
che non sembra questa volta coperta
dal rosso drappeggio del palcoscenico
né impacciata da stracci

Tanto per non fare dietrismo

Tanto per non fare dietrismo

Scolpirò di spalle
te o l’universo
girato di spalle anch’esso
****

Altro tempo trascorso
a mangiare tempo
mentre non è realmente passato nulla,
voglio ancora fluttuare, patire.

Ricorda,
chi grande è stato
aveva solamente un gran bisogno
di sentirselo dire
fuori dalla testa,
vale tanto per Carlo Magno quanto per Rimbaud.
Confermare il sospetto
nell’altrui lode.
Dopotutto, avresti tu il coraggio
di dire di sì al solipsismo, al sigillarsi
chiusi in un mondo senz’occhi?
Non è che l’esistenza è a priori
confermata dalla luce che su di noi
riflettendosi
ci rende visibili?

Dal muschio si è dilatato
un certo alone di fuoco misterico, siamo o non siamo?
Ed un ruota alla quale
incatenati
e stiamo correndo troppo lontano
nel giro di breve fiaccola
e il contesto e il cotesto scompaiono
lasciandoci vittime
di un incompleto e frustrante nirvana

Ordine! ORDINE IN SALA!
urlò un mistico
vestito da direttore d’orchestra.
Così tutti s’apprestarono
a disporsi
per come lo si riteneva appropriato,
ricostituendo un ordine dunque
basato sull’intrinseca spontaneità anarchica
dietro ai volti, agli stomaci, alle schiene.


mercoledì 9 dicembre 2015

Solitude vademecum cervo cipolla cancro e rum

Solitude vademecum cervo cipolla cancro e rum

Un cuore scarnificato isolato
mausoleo di cristalli colorati

Tanti tentacoli avvolgono
tutto e tutti, pianti e risa,
la Sicilia.
Quest’oggi fu sibilo lacrima onesta
gettata per commozione
vedendo Squall sorridere finalmente, prima.
Poi, fu me stesso
il maiale con gli occhi chiari
legato ad un corpo
che ulula emozioni
incomprensibili,
la voglia d’esser masticato
come un chewing-gum
dalle dee di questo pantheon,
d’esser preda
preda degli eventi
preda degl’occhi degli altri,
d’esser trovato e mai cercato,
cullato,
armatura
colpita con estrema delicatezza,
eppure vi è un Rimorso,
il paladino della luce
vecchio pezzetto di merda
eroica
che ha ancora la forza
di alzare
lo scudo e la spada
contro il demone scimmia
dentro noi tutti.

Salvo poi considerare
questa prospettiva
come gabbiano cieco
che naviga per arie meravigliose
pensando di trovarsi
nella spazzatura.

Vedi, vedi mia cara?
È uscito fuori, alla fine.
È stato come cagare,
come andare a pescare.
Di colpo l’alba splendeva
di nuovo
e vidi chiaramente
quanto è rotto questo specchio qui.
*****

E tutto dunque ramifica
dalla commozione.
Commozione.
Iride scalza ai piedi di una pancia bianca,
capisci d’essere un ciottolo
e t’acquieti,
pur pestando maledicendo
l’estasi,
l’estasi essendo ὕβϱις.
-Una lotta sempre un contrasto
di bellezze come acqua riflessa ad acqua,
lo sperpero del cervello.

La verità potrebbe
risiedere dunque nel tempo
che è come se fosse immobile
momento dopo momento
anche lui scalzo
e umile,
ci rosichiamo la carne del torace
pur di poter sentire
un movimento analogico e infinito
diventare digitale,
questo le bestie non lo fanno.
E non ti salverà di certo
urlare dalla tromba delle scale
le tonnellate di coltellate represse
vomitando infatti le cavallette
che avrebbero un giorno distrutto
il tuo stesso raccolto

I veri santi miagolano
e gonfiano la coda
non certo per Dio.

Si può, dunque,
attendere – è una patologia.
Aspettare a mani aperte,
quasi formando una coppa sopra la testa,
questa rivelazione
sogno o coyote disperso
tra cicli di dimensioni,
questa magia da apprendere
per sbloccare e quindi leggere
il self,
il nucleo che come un rettile
si bagna d’aria la lingua
mentre noi facciamo finta
di essere noi stessi
e d’invecchiare.
Ma è un passo più lungo
non solo della mia gamba
ma della misura dello spirito stesso.
Attendere, dicevo,
è come patologia
tale venerazione,
indegne volpi
guardando brillare il cammino
di materiale completamente in disordine
e dunque ordinato velatamente


Geologo o primo ritrovamento

Geologo o primo ritrovamento

Cuori affranti lupi
corrono ancora
come lepri bambine
è mattino è notte che so?

Tremendo sarà il volto
di questo input indefinito
che scuote con due mani giganti
l’onda del corpo

Venni a sapere alcune cose, poi.

Sei la statua
che- vento e foglie-
si muove leggera
tratta comunque, tuttavia,
verso il regno degl’inferi

Geologo che scava e cerca
innamorandosi proprio di tutto
ed ecco
un nuovo linguaggio afono
riscoperto nelle profondità

sabato 5 dicembre 2015

Lirica dell’imago o Sibilla

Lirica dell’imago o Sibilla

O terza guerra mondiale
mitizzata terroristica lesbica

E ricordo ancora la professoressa Nicolosi
col vestito da uomo,
profonda come un pozzo
nel giardino delle arance.

Tu invece tra trent’anni
annuserai ancora
i diversi tipi di marijuana
come un’esperta
vaglierai
ciò che è polline da ciò che non lo è
e rintanerai- paguro – il sacro.

È meglio credo sia di gran lunga meglio
scomunicare
che comunicare
(toh!)

Davanti una nebbia
il polo
il tremendo alternarsi
di cielo
cosa è cosa è

Dovrei smetterla forse
di considerarvi e considerarmi
esemplari, provette, campioni.

Incontro le donne
e vedo che Lacan
ha assolutamente ragione
pur avendo torto.

Finiscila!
Parole,
il mio nome stesso,
sono questi i demoni…

Adesso, per l’ennesima volta,
tento di significare:
Un teatro che io scelgo
che io arredo
io testimonio.
Un copione casuale
ma incentrato su grandi temi
tutti concatenati
quindi non casuale.
Come un treno azzurro.
C’è pure una divinità
che gonfia la coda
e soffia.
Spirito: Eterno/estraneo
ma tentacolo
conoscibile/inconoscibile
scisso ed unito torace
che a serrature
chiude bocche
e porte, mondi,
universi
e ivi congela in imago squillanti
e offuscate- barbari alle porte-
indie di parole,
devi fondere
devi guarire
con la mano sinistra
devi vestirti bene
e madri di altri
bavose non meticolose
indubbiamente spine
a volte è questo il super-io
altre volte è un bimbo sul tetto
è lied von kindsein
è il matto azzurro d’occhi di sgombro

La luce e la signora Patti
che cucina polpette al sugo
in una stanza blu chiaro

Paul Morel consumato
piccolo caro D.H. Lawrence

Ammaestrato i figli
devastato
quello scorpione senza fratelli
innamòrati della bestia
innamòrati della belva

Gli Oggetti:

Come è che te ne liberi veramente?
Ti traggono in inganno
per colpa d’un animismo ancora bambino
e spontaneo-dopo,
una prateria tolkeniana
con un mulino
e qualche vacca

M’accorgo m’accorgo
che non ha senso,
ma come resistere?
Le profezie
non possono
non sembrare convincenti!


A Jung e a Cecco Angiolieri

A Jung e a Cecco Angiolieri

Per vivere avrò comunque bisogno
del contrasto,
del cazzo e della fica
metaforizzati
che senza manette
in agonistico scontro
possono anche scambiarsi i ruoli

Tant’è che dove vai vai
qui intorno
trovi solamente
natura florida e decadente
fiori come seni
rami come gambe
eccetera eccetera.

È dunque questa l’alchimia?
Produrre saper produrre correlativi oggettivi
muovendo da un occhio
da un gatto
da un profilo di donna
da un suono?
È che tutto contenendo tutto
e l’occhio e il gatto
e il profilo di donna e il suono
nascondono l’universo

Arriveranno le menzogne
al di fuori di me
a pestare  le anime più pure
all’interno di me
minacciandole
di farle sorridere in televisione

Le poesie pensate… le migliori!
Non le vedi nemmeno.
È pura forma che s’avvinghia
a puro significato
che è oceano
comprendente me e il resto.
Dunque in fondo poesia è il nucleo
se inteso
come radicale base creativa
che per comunicare
scinde
un mondo un contorno
che realmente non è-.

Il senso, ironico d’altronde,
è che comunicare equivale
a scindere
e scindere equivale
a falsare
la Nike d’avorio incastonata
nelle arterie

(Poi varie urla in dialetto romanesco
ma soprattutto in siciliano)

Ma che dici? AOOOOOOO!!!!!
Che dici?

Ma cchi spacchiu sta rricennu chissu?
Pezz’i vastasu!
Vena cca.
Tu fazzu avviriri iu
cchi boli riri
pigghiari a virità
ie unchiarila rai coppa!
M’addivittii, m’addivittii però!