venerdì 31 maggio 2013

Euforia #4

Euforia  #4
A Giovanni e a Stella.

Facciamo finta che
Non esistiamo.
La luce taglia
    una spada
la luna ama la
sabbia soffiata
nei vetri
i cani hanno nomi di stelle
i bassi riempiono questi fiumi,
è innamorarsi dopo la tristezza
che non lo vedi.

Burlesque pt.1

Tutto sommato tutto non è bello.
Anche venderemo i bambini,
anche li riprodurremo,
anche ce li faremo inviare con le spese di spedizione ridotte.
Ma tanto, ad adorare le bambole,
a mangiarsi i denti a morire di morte
a morire di cera che ci vuole?

è strano che poi
ci estingueremo
e la terra non ci sarà più.
Questo perchè siamo più che inutili,
come
pezze che sanno di esserlo.

Adesso mi rendo conto che chi ne ha di più la odia,
che chi ne ha di più la vorrebbe ammazzare,
che chi ne ha di più ne vorrebbe niente,
che chi ne ha di più traduce forme inglesi in forme italiane
per provare le squame che comunque non ci stanno.
Ma non si ama da tanto qualcuno,
forse da sempre,
ma smettiamola di essere così vecchi,
così noi stessi,
così lontani dalla gioia pieni di amore ma fatti a pezzi.
Ho scritto sopra che non sia ama e sotto che ne siamo pieni.
ahahahahahhahahahahahahahahah.

Lied Vom Kindsein


Ad apertura del film "I cieli sopra Berlino" trovi questa cosa di Peter Handke



Lied Vom Kindstein
 
Quando il bambino era bambino,
se ne andava a braccia appese.
Voleva che il ruscello fosse un fiume,
il fiume un torrente,
e questa pozza il mare.

Quando il bambino era bambino,
non sapeva d’essere un bambino.
Per lui tutto aveva un’anima,
e tutte le anime erano tutt’uno.

Quando il bambino era bambino,
su niente aveva un’opinione.
Non aveva abitudini.
Sedeva spesso a gambe incrociate,
e di colpo sgusciava via.
Aveva un vortice tra i capelli,
e non faceva facce da fotografo.

Quando il bambino era bambino,
era l’epoca di queste domande:
Perché io sono io, e perché non sei tu?
Perché sono qui, e perché non sono lì?
Quando è cominciato il tempo, e dove finisce lo spazio?
La vita sotto il sole, è forse solo un sogno?
Non è solo l’apparenza di un mondo davanti a un mondo,
quello che vedo, sento e odoro?
C’è veramente il male?
E gente veramente cattiva?
Come può essere che io, che sono io,
non c’ero prima di diventare?
E che un giorno io, che sono io,
non sarò più quello che sono?

Quando il bambino era bambino,
non riusciva ad inghiottire gli spinaci, i piselli, il riso al latte,
il cavolfiore bollito,
ed ora mangia tutto, e non solo per necessità.

Quando il bambino era bambino,
si risvegliò una volta in un letto estraneo,
ed ora gli accade sempre,
gli apparivano belli molti uomini,
e adesso soltanto in rari casi,
si rappresentava nitidamente un paradiso,
e adesso lo può al massimo intuire,
non riusciva ad immaginare il nulla,
ed oggi rabbrividisce al suo pensiero.

Quando il bambino era bambino
giocava con entusiasmo
e adesso è così preso dalla cosa come allora
solo se questa cosa è il suo lavoro.

Quando il bambino era bambino,
per nutrirsi gli bastavano pane e mela,
ed è ancora così.

Quando il bambino era bambino,
le bacche gli cadevano in mano,
come solo le bacche sanno cadere.
Ed è ancora così.
Le noci fresche gli raspavano la lingua,
ed è ancora così.
Ad ogni monte, sentiva nostalgia di una montagna ancora più alta,
e in ogni città sentiva nostalgia di una città ancora più grande.
E questo, è ancora così.
Sulla cima di un albero,
prendeva le ciliegie tutto euforico,
com’è ancora oggi.
Aveva timore davanti ad ogni estraneo,
e continua ad averne.
Aspettava la prima neve,
e continua ad aspettarla.

Quando il bambino era bambino,
lanciava contro l’albero un bastone, come fosse una lancia.
E ancora continua a vibrare.

Relitti



Relitti

Le foglie rapide sui monumenti
gli aghi di pino secchi
come la vecchiezza.

Non ti trovo poi così brutto
Sei come un monumento ai caduti
che sono resuscitati
dal moto curvo di un vagare
come un cimitero lasciato
sotto il tempo.

È così duro rattrappirsi.
È così duro e veloce dare le spalle fredde, diventare freddi,
mescolarsi al ghiaccio
sintetico brillante e furbo.

Le lucertole hanno qualcosa
di profondo dentro.

mercoledì 29 maggio 2013

Lucertole


Lucertole
Una poesia che mi piace leggere

Il pigiama azzurro si è
steso
dopo una leggera canzone
e i letti non funzionano
più come ci si aspetta
Chissà cosa si prova a ricamare una stella su una coperta
Chissà cosa si prova a dormire?
Pensare di notte per il giorno che verrà
è la menzogna più grande
del nostro secolo
dopo la rivoluzione,
un po’come tirarsi, un po’ come
stirarsi.
Come ci si rimbocca da soli le lenzuola? 

Allora la bella
calligrafia
anch’essa è una soddisfazione
quando hai tre anni,
I sorrisi delle ragazze
quando ne hai diciasette
o una discussione su Rimbaud
con un fratello sperduto
nella neve italiana.
Allora sbucciarsi le ginocchia
ancora
qualche volta
è bello.

I calzini a strisce
nascondono qualcosa di allegro
da un certa prospettiva,
sono come una bambina
che coglie un fiore
e non pensa che sta
crescendo.
Come ripensare
all’estate di quattro anni fa,
al mio compleanno
di quattro anni fa
a mia madre e
a mio padre
quattro anni fa .
L’estate è importante
di gran lunga più importante
di quello che la gente ne pensa.
Non il mare,
l’estate in sé .
D’estate le lenzuola
le vedi sempre diverse e ti distrai
e ogni estate
ti innamori di centocinquanta ragazze diverse almeno.

Le lucertole
-è una giornata che non penso che a loro-
forse
hanno compreso il mondo
meglio di noi
la gente sdraiata al sole
meglio di noi
la vita
meglio di noi.
Amo il fatto che siano belle da guardare,
Come guardare un ricordo dove eri felice
ma non te lo ricordavi più.
Sonnecchiano nei prati alti o
dentro i buchi nei muretti ,
non hanno idea di che cosa voglia dire
svegliarsi
solo per raggiungere
uno scopo
di che cosa sia
vedere tutte le finestre come
vie di fuga.
Mi chiedo se si chiedono mai ‘ste cose.

Ghiaccio numero tre



Ghiaccio numero tre

Ritornerò come una stalattite
che vuole cadere.
Ora ti aggrappi alle mie arterie
sembri gli aghi nelle vene dei CCCP
gli aghi nelle mani dei martiri
gli aghi negli stracci delle stelle.

Tutto sembra grigio, annoiato dalla matrice irreale
annoiato da questa pellicola o unguento simbolista
che ci fa amara odiare desiderare stancarci deluderci a vicenda.
Le tue lacrime mi mostrano la storia del mondo, è quasi una metanoia.
Quattordici milioni di anni
di inesistenza
e pochezza
e banalità nei supermercati-case
e forme di anime anoressiche conquistate a fatica.
Che colore è il grigio? Che cos’è?

Gli incubi non riescono a dormire, mi infesteranno le coperte
come narcolettici depressi omicidi.
La televisione poi saprà adoperarli racimolando
tutti gli sciacqua-morale, tutti i detersivi per coscienza
e gli smacchiatori di grilli.
Abbiamo orologi al posto degli occhi. Lancette nel cuore.
Mai nessuno si azzarda a cambiare di posto all’ora del tè.

martedì 28 maggio 2013

Bisogna essere miseri.



Bisogna essere miseri.

C’era una bambina che ha rollava sigarette per sua madre e poi per me,
e poi per sua madre all’infinito in una scena più che surreale.
Smettila, non se le fumerà mai!

Appena siamo nati i vortici erano vestiti più che bene
e ci abbracciavano il volto,
ma era felicità of a memory, quella,
e a fare come leopardi non si può né si deve ma si è costretti a volte.
Così, scomparve la miseria misera di tutto il tempo a fiumi.

Ma si ricompare come ectoplasmi,
ma si ama mai,
ma si ride mai,
ma che voglio da voi?
La vie en rose ci avrei scommesso a quindici anni e ne sono passati quaranta
quasi in testa.
Io vorrei tornarci, ma la vita è più forte,
e tutto trascina sempre nei flussi con trappole dentro,
e tu stesso sei quel flusso di maschere frenetiche.
Tenendo determinate ali in mano e accarezzandole
e poi c’è qualcosa in più.
Voglio essere ascoltato, almeno alla fine
di queste tragedie ogni volta,
almeno alla fine del film.
Il caos ci vuole e nessuno ci si deve sottrarre,
l’amore ci vuole e nessuno ci si deve sottrarre ma allora perché alcuni si sottraggono?
Non bisogna essere prigionieri,
bisogna anzi avere la chiave per tutte le cose e le emozioni.
Quando scendo le scale mi sento che non esisto o che non ho senso spesso entrambi.
È un problema che ha a che fare con la mia testa di cazzo.
Sei perso e non sai come,
vorrei fare come i fratelli ma loro non capiscono il flusso e purtroppo lo capiranno.
Vivere è tremendo se non ti adatti ai mondi e ai multiversi,
e alle facce brutte, secretly.

Il senso delle cose che scrivo è tutto in alcune filosofie di pessimismo e nichilismo non costruttivo,
e così il mio,
ma è vero,
non c’è niente di poetico,
vorrei solo che voi capiste, ed è malato perché non dovrebbe fottermene così tanto.
Devo essere aperto ma non così, non così nel male,
non le mare di male,
non nelle ali a punta o nei visi a punta o nelle case a punta o nelle ex a punta.
E crescere e poi abbandonare le cosette inutili.
Il senso è che l’esistenza degli uragani
comprende solo due posti, quali l’occhio o la polvere,
e se sei polvere non ha senso, non ha senso nemmeno se sei occhio ma almeno sei distratto dal vagare miserabile nelle serate mainstream nelle marche nell’amore alternative nell’amore dei film nella violenza dei film nei baci che non si è osato dare a persone ubriache da fottersi in testa.

Cani e randagi sono due razze differenti,
cani e randagi sono due cose che non c’entrano niente,
e non si può collimare
ma è necessario credere più di quanto dicano certe canzoni,
e scrivere non lo è, credetemi, o per lo meno
lo è in funzione dell’autostima maledetta.
Quindi, al di là del disequilibrio caro che ci stramma e ci ricompone come mamme impazzite,
al di là del disordine e delle lacrime allo stress,
al di là dei leviatani tristi e dei sogni
ci sarà una fine del mondo aliena,
e prima di ciò tutti ci saremmo chiesti almeno cento volte quanto vale
non sprecare niente e tentare di fare tutto e quanto però siamo incoerenti che poi è quello che siamo e basta.
Non è di certo poesia, la poesia è bella, la poesia è dire che amore e morte coincidono,
dire di essere una foglia,
dire di essere un’isola nel tempo o rottami rancidi nei lampioni rotti di Thomas.
Rimbaud che ha fatto se non morire in Africa?
A diciassette anni ha capito che queste cose sono solo anatre nei laghi di cancri e scorie.

Fluorescenza contro le stelle e l’inquinamento al gas,
musica per evitare le sabbe
e poi morire di overdose
e poi pensare a quanto ogni energia non ci realizza ma ci debilita
fino a farci capire che
se non vivessimo come fanno ogni giorno i non adulti
non conterebbe nulla fare nient’altro di più.
E scrivere parole a caso per significare inconsci a caso
e solo un gesto
che non sostituisce la vita vera,
visto che un meccanico qualunque o un elettrauto qualunque
ha la saggezza di dire “ corro per non distrarmi” in un contesto sbagliato,
e noi a colare e a bagnarci per questo. Che senso ha?

Esprimersi così mi sta ammazzando,
e pure mi diranno che non ne capisco un cazzo perché ne ho venti e nemmeno.
Ma perché?

Bisogna ritornare al veleno,
bisogna ritornare all’adrenalina e alle minchiate con gli amici e ad ubriacarsi non spesso.
È così, di voi finirà che non me ne fotterà nulla e viceversa,
visto che a dipendere è solo la parte più mucosa e allergica e predisposta alla malattia finta.

Voi tornate a scrivere col verso, che quello fa bene e rilassa il cervello.
Ma non così, così è brutto davvero, così ci muori e pensi che fai bene,
così non va.
Word non sostituisce la realtà ( non vi preoccupate! Non è che quella comincerà a esistere!)
e tanto meno i diari lo fanno.
Scrivere è per quelli che parlano di distici, non per quelli che hanno pisciato in tutti i pali e ora i pali sono finiti e pisciano sulla carta e pisciano sugli uomini come tanti bei giganti.
Ma i giganti sono morti nell’assenzio, no?
Si poteva essere tutto e infatti ci siamo annullati un po’ quasi come l’idealismo.
Basta con quest’arte! Basta, dai!
Né l’adolescenza né l’amore sta ad aspettare chi si vuole lacerare a posta.
Né voi lo farete.

Chi ha bisogno di questo è incoerente,
e questa è la frase più incoerente che posso creare,
perché non solo è in una “poesia” che non ha senso, ma anche ho l’impellente bisogno di vomitarla
quasi come un corpo alieno con seimila tentacoli.

Si dovrebbe vivere per sempre a sedici anni. Mi sembra logico no?
Ma allora perché tutti ne hanno di più?
Forse è nell’uomo la noia come nelle amebe l’autodistruzione.

Siamo al punto sociale di scoppio, e vorrei meno parlamenti a rompere le palle,
si smette di lamentarsi, sennò al contrario ci si suicida.
Le cose devono andare bene, uno ci deve credere a ste cose come alcuni credono in dio, le realtà non possono essere solo marce, le masse non possono essere tutti, il senso non esiste ma noi ce lo dobbiamo inventare.