mercoledì 25 novembre 2015

Kalokagathìa

Kalokagathia

Scadenze e una cantina,
ancora Tarderia,
un ritrovo di maniaci inusitati.
Ammiccando ad Hitchcock
abbraccio il mio scorpione

Non ho letto abbastanza e rimedierò

Era pesante ma non lo era,
ho Plutone e Venere in vena.
Calmandosi finalmente
vedo le fibre del corpo
le dolci screpolature
una kalokagathìa devastata dai venti
manicheo è tutto
ma tutto è apparenza

Tutto è una storia che si srotola
ed invecchia e ringiovanisce,
il mio pubblico immaginario è cambiato
e molto ampliato

Contorcerò i miei ventun’anni
in questo labirinto di sostanze umane
sostanze umane emotive
poi tentennando
prenderò a manate
animus e anima
congratulandomi con l’intensione generale
dell’interiore battaglia
che non si può fare a meno di combattere

Il Cibo ( o Il Lettore)

Il Cibo ( o Il Lettore)

Una scacchiera
e noi sotto
come statue
osiamo tenerla

E ogni volta giungo alla stessa conclusione:
che probabilmente non ne ho bisogno
eppure ne sono ingordo

Una dama che mi ama
un tepore ectoplasma
e la coda ricciuta di cose
che a malapena conosco
che come i dioscuri
non approfondisco mai veramente

Una pera abate
bella grossa in un cesto
mentre in città
tanta ingordigia
per saziare questo vulcano di cibo
che esplode
ed è un continuo
masticare ed ingoiare,
come sempre
vi è una morale nei cartelloni
che- tra diavoli che con collari
guidano stirpi nel gorgo dentato-
può sembrare allettante.
Vi è però tanto tanto di più
nelle mandorle
che sono bianche fiche
nel mimetismo non accorto

Sulla coda del gatto
che si agita quasi di propria volontà.

Non so cos’è,
sarà la Duse.
Continua a sussurrarmi
all’orecchio
pensieri sconci.
Non so più dove confina
il blu
col verde acqua
ad esempio.

Il tempo.
La caraffa cristallina
che eternamente
versa
su un tavolo verde e bianco
illuminato dalla mattina
acqua in un bicchiere.
E no, Ezra, no, in questi simboli
non c’è nulla di veramente referenziale,
nulla di veramente riconoscibile

Che senso ha, dunque,
il lettore, il lettore sì,
è come un cobra con gli occhiali,
sempre presente
nemico/amico
è un mago che sbalordisce
mosche
attaccate ad un pezzo di carne
ed esagero troppo.
È più un eroe anche lui
se sfoglia le pagine
con la coscienza già anziana 
già un po’ sfiorita
eccessivamente fiorita.
Chissà cosa succede ai lupi dopotutto

Domande che non hanno bisogno
di punti interrogativi,
la vista a questo punto si sta spostando
in troppi punti diversi.

martedì 24 novembre 2015

Pigmalione & Fichte

Pigmalione & Fichte

Marci di tabacco
e una marea di donne ed uomini
nel corpo s’agita,
tutte queste domande
esistenziali e retoriche

E adesso sento d’aver quasi preso il volo
-durerà anni ed anni la conversione-
e mi meraviglierò d’aver creato
forme, anche se asimmetriche.
C’è una pergamena infinita
che si srotola come un’iguana lingua
so che parte da dentro in un imprecisato punto
tra lo stomaco e il petto
e finisce dalle braccia alle unghie
in una paradisiaca ala.

È un’avventura di momenti dopotutto
-troppo cerebrale-
che s’intersecano come in una storia,
epicizzando e romanzando il mondo
lo si vede piangere chiavi per moltissime porte

Scatarro assolo di chitarra
devasto e qualche breve contatto

In realtà vi detesto tutti
e mi chiudo dentro la conchiglia
delle corna,
statue, mitologia, tutte le religioni

Nessuno oltre le nuvole
di questo tutt’uno-con-me- d’universo
lo zodiaco si mischia
e le parole escono come
utterances mistiche
dove il paradiso è facile
la confusione è stella rossa

E comunque no saprò come rileggerlo
questo mio mandala di morti lupi
questo mondo vespa
di cose famose nei libri
sprecando l’estasi perdonando tutti
non accettando accettando tutti
questi ricchi che circondano il mio corpo povero

è una maniera per confermare
Pigmalione
per confermare Fichte
è una grandezza, un trofeo
tra i desiderii miei.
Desiderii, poi, in una terra
che è sacco nero chiuso
da laccetti bianchi
gettato nel famelico cassonetto ,
cosa farsene del giudizio universale
e del giudizio degli altri?
*
Comunichiamo, tranquillo che comunichiamo.
È che non lo percepiamo più.
Dal fuoco dalle pietre
dall’almanacco del druido
il vecchio dingo
siete suoni amici
perché nati come zampilli
dalla stessa fontana

Era solo il 2009
e giocavo a Prince of Persia
impossibile
credere
a statue con occhiaie di muschio,
è la post-moderna maledizione
della referenzialità,
è una dimostrazione seppur annoiata
dell’essere stati tutti una cosa sola,
a volte è solo bello scrivere
altre volte è vero come un terzo occhio

L’urlo

L’urlo

Tentare l’urlo.
È come correre al contrario ,
tentare di piegare l’abitudine
sul filo della sperimentazione.
Le parole sono anche suono.
Gli alieni ci vedrebbero come tribù primitive
o come dei.

Rimasto nella scatola di spensieratezza
la lingua è pergamena
da ricamare e d’oro bordare

Il vecchio solitario Dingo

Il vecchio solitario Dingo

Una rosa che sboccia
nera
è ed era l’amore
-il tema di Tifa-
mentre il fungo mi consuma
e lo scorpione trionfa
in un novembre
siciliano, tropicale

Come sempre
la mente è un pozzo
Venere
come prenderti?
Il sesso è sacro.
Intanto immaginavo, per ipotesi,
-una zanzara morde la fronte-
come sarebbe andata
se la società
avesse reputato i genitali
normale estensione
complementare al corpo
e non misero tabù da innalzare su un piedistallo
da un parte
e riempire di spine
dall’altra

Morderò come Mario Rapisardi
attenderò l’Armageddon
con la consapevolezza
-la parola nella testa
come un eco di déjà-vu-
di non essere né ritrovato
né a posteriori letto

Prima del La maggiore
prima del Mi minore
prima dell’arazzo di bellezza distaccata
che è il mondo,
soverchiare dio
manipolarlo
-non si offenderà-
è un automatismo forzato
di corrotte crociate
tendenti al blu scuro,
trascriverò in ritardo
molto in ritardo
questo smegma d’idee

è il gusto di fare ermetismo
che poi è il linguaggio dell’incoscienza.
Quanti illuminati che vedo…
appesantiti, riottosi,
come maghi
come un vecchio solitario
Dingo,
e gli amici cosa sono se non tegole
su una casa ad albero
che si estende in disgrafia,
di nuovo il mio centauro
ha scavalcato le otto mura
del castello dello spirito
lanciato la sua saetta
oltre al di là
del verbo
al di là
della teoria della letteratura,
né Schleiermacher
né la skopostheorie
potrebbero veramente tradurla

Cobra cobra
che ti sviluppi
in un cesto di vimini
e cresci
e te ne sbatti

Come in un’Atene
Pericleana
ordinai ai miei schiavi
di erigere un tempio
con dentro specchi
contro i quali è evidente
che la coscienza si alteri
e dalla mia immagine
ne scaturiscono mille altre
come un polipo dall’aspetto piacesco

domenica 22 novembre 2015

La vacca

La vacca

Naturalmente siamo delle bestie
Uomini che vomitano arte
e pietà per i banchieri
e passionalità d’amore
tra muratori,
invecchieranno le star del cinema d’oggi
e noi le vedremo morire

Come?

Caro linguaggio
che sei una serpe tentatrice
per uscire da questi merdosi binari
dove vedove impazziscono
smartphones e demonio
ed è obbligata e vincolante
la scelta,
non stracciamo mai quella schifosa locandina

Mi basta pescare da un nulla
una vibrazione

Quant’è difficile abbandonare
una posizione…
è che sono anch’io
impastoiato nel casale come una vacca

Ed è Venere attorno
che sempre svolazzando sfiorandomi
-potrei anche non aver scritto-
un processo nel quale
le contorte figure
inconsciamente ammaestrate
non dormono
mentre io dormo

Una lieve disgrafia
e molecole che si disperdono
-potrebbe anche avere ragione
Sartre-
dunque ad una festa
d’una compagnia inglese
noi e Mike Campovecchio
come ipnosi e psiche
eros e antieros
o il passo tondo di Tasso
nel suo balconcino schizofrenico

Una chiave che hai al collo
e non vedi
e apre tutte le porte

Da dove provare
cosa- come?
Dove?

Una partita a scacchi.
Il Dogma è anche negli operai
talmente torto e scavato
e mentale.

Cosa c’era che non andava?

Insonnia, l’oscurità da sempre ammalia
torbide ali che non smettono di battere.
Le lettere come eroi
di cui sfilarmi  lentamente
il pesante giubbotto.
Nel frattempo qualcuno- qualcuno
di molto importante però-
decise che le persone
avrebbero dovuto essere scambiate
per tranci di schifoso tonno in lattina

Il Palmo

Il Palmo (o le idee platoniche)

Poesie inframezzate
da sorrisi languidi
in che modo
abbiamo
appeso una falce a mezzaluna
sopra le nostre teste
ridendo e scherzando?

*

Donne pazze
e donne oscure
e donne che volevano essere oscure,
Venere.

Tempestivamente capire
se stessi
e dimenticarlo,
nell’unico satellite
le idee platoniche
danzano senza testa a volte

Le Sue Dita

Le Sue Dita

E di cosa ci facemmo
marci come allodole
perché veri pontefici
contro il e nel tempo

Dalla mia testa è infatti partito
un fascio di luce
che superava e avvolgeva il pianeta.

In fondo siamo pregiate miniature
Dettagliatissime
Incise in ventri d’armature
subito a creare
subito a creare

Le mani

Le mani

Scoprire che cosa
se non siamo neanche in grado di respirare
la giusta menzogna agl’occhi nostri ?

Sono come tanti angeli di stringhe
che si slanciano col deltaplano
dalle mie mani

Procedono così per sezioni
che sembrano pagine d’un album di figurine
e non lo diresti che in realtà
sono tutte lo stesso io

Non succede niente
giocattoli cadono sulle poesie
la gente ci cicca su

D’altronde
 mi sembra strano
che le mani
con questa forma obbrobriosa
riescano a produrre cose così belle

E non diresti neanche
di quanta femminilità vi sia
nelle parole degli uomini tutti


Due novembre

Due novembre

Girovagando incontrai
volpi e grooves
e testimonianze di vermi
credo che la pallina
della penna a sfera
porti in qualche modo
l’impronta della calligrafia
della precedente mano

Non partoriremo mai così…
C’è un altro che a volte prende il posto
e parla di sesso scandaloso
e comunque
complessi cadono
nei nostri versi tra amici

Divorzierò?

Maupassant che non riusciva a staccarsi
dall’utero violento della natura
non ha nome e neanche noi dovremo averlo

Poi gli spietati
s’accalcarono su quel pover’uomo
il corsaro con gli occhiali da sole
per impedirgli d’estraniare
altre prospettive
masticato in una tazza di zuccheri

Lo scheletro del dingo

I soprannomi, i cognomi.

Spesso è stato solamente
un voler imprimere qualche forma dalle mani
alla penna
al foglio,
ora che la mano parla.
Non so, il glifo è importante.
Dice che è un cerchio chiuso
sormontato da un semicerchio
rivolto verso l’alto

I Fabbri di Grondaie

I Fabbri di Grondaie

Scaverò correndo
e nel cemento.
Non so tanto meno
volare.

Come noi che eravamo
sotto sotto rettili,
il linguaggio
è una grossa scatola di Lego
tutti diversi.

E pattinavo sul laghetto
dell’arte
con quell’infinita grazia
che non ho mai avuto

Ognuno sostiene cose
che potrebbero sembrare uguali
ma non lo sono affatto

Final Fantasy VII
e Final Fantasy VIII
come due enormi cristalli
che ero riuscito
a ricollocare in ritardo
nell’annovero dell’infanzia

E comunque
io e gli amici
ci comportiamo come belve
perché
siamo anche angeli dopotutto.

Mi lasciai trasportare
divenni mantra
che in una notte di parole
risuona armonioso
come voci nere

Mi sono poi
andato ad addormentare nei pistilli
sotto il tuo cespuglio
la creta del palazzo
la creta immaginaria del palazzo
in una scorretta e vecchia
via Toselli
salutare incalzanti, bianchi e goffi
i fabbri di grondaie

Filosofica Prima

Filosofica Prima

E Wikipedia diventerà a pagamento
e gli squali assessori
nuotano in flotta

*

Accettiamo d’essere dunque
leopardi
con la pelliccia di brina,
l’interpretazione
avviene
immediatamente dopo
l’invenzione

Chi confessò cosa
in questa malattia
di diamanti e schegge
e cervelli sproporzionati?

Il cervello ha sviluppato
delle gambe
e adesso gira su stesso
dalle lettere dei poeti
dai sogni non ricordati

Consideriamo dunque
la realtà
maleducata diavolessa
che non esiste
se non relativamente,
dal ragionamento
ne è uscito fuori
solo un serpente

Crederò archetipicamente
alla compresenza
di anima e animus,
un nome,
se ti affezioni ad un nome,
ad un sostantivo.

Chi calmerà queste petunie
di poesia,
fumo di sigaro metafisico
è tutto da capire
e
tutto è tutto.

Coinvolgente, no?

Pur pensando all’invidia
Verde
e Pelleas e Melisanda,
alla monotonia
di certe piogge
mattutine

Al tempietto
con colonne corinzie
che nel mio stomaco
ho eretto per Venere. 

La forma n.3

La forma n.3

Sedendo
davanti la porta aperta
comprendo che la bellezza
è anche forma
e non solo
un cane con il costato di fuori
e la bava forse viola
in una notte di luna

Probabilmente
quattro chiacchere con Valery

Forse mi tuffo

Arriverò dove gli eventi s’ammazzano
in un verde chiaro?

Amerò come riflesso incondizionato
o come Ted Mosby

Le sterpi

Le sterpi

Il progressive rock
è letteratura
in fondo

Scappare dove?
Infatti da nessuna parte

Carte alla mano,
si vede poco del tempo,
è una nebbia fitta
dove ognuno
ha solo la propria anima
come fiaccola

Sbagliavo
tra varie sterpi
la mia mano
copre la luce

Riflessione rispetto la voragine che si aprì a Valverde nell’ottobre duemilaquindici

Riflessione rispetto la voragine che si aprì a Valverde
nell’ottobre duemilaquindici

Nei sogni avevo sempre l’impressione
che quel ricordo di te
blu tutto sommato
fosse vero.
Entravi magra nel sole
e su un divano possibilmente verde
eri veramente innocua
come per poco tempo
ho pensato fossi.

Sempre di più mi rendo conto
di sempiterne mitologie
di stelle
che abitano questi Dei bastardi
qui in giro

Una vita spesa dopotutto
a circumnavigare Venere
in cerca del suo sorriso

E rivedo quella screanzata
di George Duval
fumare e montare a cavallo,
rivedo quel granchio
di Marcel Proust
restare conficcato tra le pieghe
del tempo
coricarsi di buon’ora

Cos’ho da inventare io se non me stesso?
Quale calcio dato in subitanea memoria
sveglia questo saggio parassita d’un nero ancestrale?

Ricredersi ?
E come per davvero?
Assaltare la roccaforte
metterci dentro una bomba
a forma di piovra

Come una pesca
come liquori

La Sicilia intanto
è un tafano
che guardandosi allo specchio
non capisce le ragioni
dei suoi capelli bianchi.
Una voragine si aprì a Valverde
quel giorno d’ottobre
mentre io ed un’altra metamorfosi
camminavamo
ben difesi
nel nugolo greco
di sacrifici non compiuti
e delle conseguenti catastrofi

In macchina con marco

In macchina con marco
(o poesia beat)

In macchina con Marco
attraversavo un odoroso alveare
d’insetti mai visti
insomma dalla mente brulicavano questi insetti
incapibili d’inchiostro a volte

E le gambe che si scannano e la polizia che maneggia senza cura
la sua stessa libertà, il braccio armato di una legge di tarli con gli occhialini a mezzaluna
e scannatoi di ventre che in realtà microcoltivano rabbia e insoddisfazione;
Come benzina per Rockefeller come spuntoni d’acciaio alle gambe per Carlo Magno
come il tumorale disegno interno ed esterno che esecra
pance di dee e misurati kamasutra perché il sesso è sacro
insomma come volgari nottonette sifilidiche che spargono bugie e poesie
nella luna che sembra una luna e niente di diverso e Marco guida e tutto attraverso tutto in una bolla
“I ciechi cioè i non nucleari!” osarono dipingere
e la marijuana trasportata da mente a mente
in qualche modo ipnotizzati dall’8 beat di Nobuo Uematsu
che ci culla e cullati ci ha già
preservando almeno uno spazio d’ombra tra immaginazione imago percepita e
densità d’alba
e tutta l’alma che si scuote al suon di tronchi che sbattono su loro stessi ( è solo Natura su Natura)
se sembra un foglio allora vomitaci
se ha il candore della zattera della mente allora è giusto giustissimo anzi
non esitare e con la spada sguainata
ferire se stessi gli uni contro gli altri per ferire in verità la storia ed il secolo carnivoro
che è come se non finisse mai, come se per fastidio o inerzia si stesse protrando all’infinito
in un vortice che da un corpo del genere concepibile non è.
Il saggio, eppure, ebbe il coraggio di farmi notare che tuttavia erano solo parole
su parole su parole
che si rotolano nel fango della mente di questa parete zozza di Platone
e bada bene che potrebbe essere sia la caverna che il parassitario- perché- ideale
mondo delle idee.
In fondo, quando il legno si perse nell’oceano di fuoco e ombra sincronici come dimensioni o stringhe
potrei addirittura aver intravisto il faro, il vero faro di vera luce, e non artificio di artigli e aquile mannaie
e non il gioco del tridente
come se fossimo già cadaveri e barattassimo
questa energia di foglia verde
con un piccolo nome nell’elenco del catasto,
schifosi. 

Monsieur Robert De Nayess

Monsieur Robert De Nayess

Ringrazio ancora
Monsieur Robert de Nayess
per avermi in fondo aiutato a capire
che è giusto
vedere cose
senza completamente
capirle
e di conseguenza
scrivere

Corpo marcisce
spirito gorgoglia