domenica 22 novembre 2015

In macchina con marco

In macchina con marco
(o poesia beat)

In macchina con Marco
attraversavo un odoroso alveare
d’insetti mai visti
insomma dalla mente brulicavano questi insetti
incapibili d’inchiostro a volte

E le gambe che si scannano e la polizia che maneggia senza cura
la sua stessa libertà, il braccio armato di una legge di tarli con gli occhialini a mezzaluna
e scannatoi di ventre che in realtà microcoltivano rabbia e insoddisfazione;
Come benzina per Rockefeller come spuntoni d’acciaio alle gambe per Carlo Magno
come il tumorale disegno interno ed esterno che esecra
pance di dee e misurati kamasutra perché il sesso è sacro
insomma come volgari nottonette sifilidiche che spargono bugie e poesie
nella luna che sembra una luna e niente di diverso e Marco guida e tutto attraverso tutto in una bolla
“I ciechi cioè i non nucleari!” osarono dipingere
e la marijuana trasportata da mente a mente
in qualche modo ipnotizzati dall’8 beat di Nobuo Uematsu
che ci culla e cullati ci ha già
preservando almeno uno spazio d’ombra tra immaginazione imago percepita e
densità d’alba
e tutta l’alma che si scuote al suon di tronchi che sbattono su loro stessi ( è solo Natura su Natura)
se sembra un foglio allora vomitaci
se ha il candore della zattera della mente allora è giusto giustissimo anzi
non esitare e con la spada sguainata
ferire se stessi gli uni contro gli altri per ferire in verità la storia ed il secolo carnivoro
che è come se non finisse mai, come se per fastidio o inerzia si stesse protrando all’infinito
in un vortice che da un corpo del genere concepibile non è.
Il saggio, eppure, ebbe il coraggio di farmi notare che tuttavia erano solo parole
su parole su parole
che si rotolano nel fango della mente di questa parete zozza di Platone
e bada bene che potrebbe essere sia la caverna che il parassitario- perché- ideale
mondo delle idee.
In fondo, quando il legno si perse nell’oceano di fuoco e ombra sincronici come dimensioni o stringhe
potrei addirittura aver intravisto il faro, il vero faro di vera luce, e non artificio di artigli e aquile mannaie
e non il gioco del tridente
come se fossimo già cadaveri e barattassimo
questa energia di foglia verde
con un piccolo nome nell’elenco del catasto,
schifosi. 

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