domenica 22 novembre 2015

Riflessione rispetto la voragine che si aprì a Valverde nell’ottobre duemilaquindici

Riflessione rispetto la voragine che si aprì a Valverde
nell’ottobre duemilaquindici

Nei sogni avevo sempre l’impressione
che quel ricordo di te
blu tutto sommato
fosse vero.
Entravi magra nel sole
e su un divano possibilmente verde
eri veramente innocua
come per poco tempo
ho pensato fossi.

Sempre di più mi rendo conto
di sempiterne mitologie
di stelle
che abitano questi Dei bastardi
qui in giro

Una vita spesa dopotutto
a circumnavigare Venere
in cerca del suo sorriso

E rivedo quella screanzata
di George Duval
fumare e montare a cavallo,
rivedo quel granchio
di Marcel Proust
restare conficcato tra le pieghe
del tempo
coricarsi di buon’ora

Cos’ho da inventare io se non me stesso?
Quale calcio dato in subitanea memoria
sveglia questo saggio parassita d’un nero ancestrale?

Ricredersi ?
E come per davvero?
Assaltare la roccaforte
metterci dentro una bomba
a forma di piovra

Come una pesca
come liquori

La Sicilia intanto
è un tafano
che guardandosi allo specchio
non capisce le ragioni
dei suoi capelli bianchi.
Una voragine si aprì a Valverde
quel giorno d’ottobre
mentre io ed un’altra metamorfosi
camminavamo
ben difesi
nel nugolo greco
di sacrifici non compiuti
e delle conseguenti catastrofi

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