domenica 24 maggio 2015

Coffin

Coffin

In pochissimi giorni
la conchiglia si sarà schiusa
ne usciremo vivi
nel sole
nel sole

Aeris è morta,
diamo le sue spoglie
al lago,
continuiamo a diventare
le nostre idee.
E lui si era inventato
tutto così bene
che l’aveva dato per vero,
la bugia per coprire l’onta
di non essere arrivato,
la spada di Zack in una mano
e l’orgoglio
di non ricordare
nell’altra.

E voliamo e la melodia è un crescendo,
spegneremo con le nostre vite
la terra.

Una scena diversa,
Tifa che sorride
vicino al mare.

Il giullare vi parlerà oggi
di spostamento di dimensione:
allorché una mente
estende la propria entità
da dietro gli occhi
aldilà
verso una sub-creazione,
quest’ultima inquadrata
da una prospettiva superiore
non solo è reale,
ma infinitamente superiore
al reale,
è vera.
Così facendo, tutto almeno a metà
può essere rivelato.

*

*

Ho peccato di ὕβϱις ?

Tuttavia innamorato
e viola
e fa diesis minore.
Tutte lacrime mentali
piante dal cranio
sulla tomba
d’una fantasia,
tutte le scosse elettriche
e il sale marino
e le sciabolate,
che sarà mai mescolare
malattia, romanzo
e verità,
la luna due volte,
la luna tre volte,
il pericolo della signorina Abbandono
dietro l’angolo.

Questa mietitrice attaccata al braccio
è chiaramente colpa mia.
L’aver chiuso
il pregiatissimo scudo
nel remoto pozzo
dell’inquietudine,
e adesso
tremare come salamandre
sbattuti da un estremo all’altro
senza termini di mediazione,
il Leviatano, la mia presenza
scheletrica, scarnificata oltre il portone grigio
dopo la vita.

Tuttavia.

Di nuovo a bordo dell’Highwind,
tutti mossi da un unico obiettivo.

Ed è tramontata
una piccola epoca interiore,
un prematuro addio alla sinusite
e al timore
che un cancello chiuso
possa ancora fingere
di aprirsi
per poi chiudersi di nuovo.
Come ritornare indietro?
Tutto appunto assume velocità diverse
a seconda di un punto di vista
che cambia continuamente….

Devo aver perso.

Stracciato il gomitolo
senza dare importanza al filo.

Coleridge,
Kubla Khan,
l’idelrealismo,
in fondo compiamo peccato
ancor prima di agire,
fino a ridurci a becchi
più che a uomini.

Schifati e borghesi,
maledetti senza atelier.
Tutti convinti e ridotti in pillole
di loro stessi,
ricomparirò combattuto
e combattente,
attorniato dal vizio
finalmente a capotavola
nella tavolata della mente,
arte è tutto e tutt’altra cosa
rispetto alla realtà,
un manifesto incondivisibile,
un tentacolo manifestato
a forza,
Ktulu in metafora,
suoni, toccare,
sono scomparso.

Ciò che vediamo infatti
lo decide uno specchio.

Un ammasso appuntito
di diamante
che ti travolge.

Nel frattempo c’era
George Gordon Lord Byron
a Venezia
che quell’anno
se ne fece più di duecento
tra uomini e donne,
poco dopo Keats muore
poco dopo Shelley muore,
travolti dall’impeto di loro stessi
maledetti in verità
servi di nessuno
demoni,
eternamente vento
e fontana di piume
che zampilla.

L’ Anarchia, l’Anarchia,
la tubercolosi che la stronca.

È successo tutto come conseguenza
dell’aver osato guardare
in quel caleidoscopio gigante,
rumore di skateboards,
someone’s missing.
Tutti squarciando tutti
in una guerra
di parole che non si dicono
e capelli grigi.
Esploderà ogni cosa
sarà durata meno di un secondo.

La scogliera dove lo spirito
nasconde la parte di sé visibile,
il portale si è aperto,
posso conversare liberamente
con i morti
all’infuori dei documenti.

Porcile
sporco e incrostato
di fronte al mare
però.
Sempre voler essere eroici
dove ogni mitologia
ha perduto i tasselli
del suo mosaico.
La post-modernità
ha finito di dissodare
la terra che era rimasta
come un cazzo di aratro metallico,
abbiamo sbavato,
noi usignoli iniziato
e smesso
di cantare.
Voi sfingi eretto e piramidi
di razzismo e ipocrisia
e self-confidence
con la pelle ridotta
ad un budello sottilissimo
gonfio
di carni putride, banconote,
capelli, polizze.

Attraversare gli altri
come una freccia scoccata,
liberarsi,
il finale non sembra il finale
quasi mai.


domenica 17 maggio 2015

Riflessione a partire da Cosmo Canyon

Riflessione a partire da Cosmo Canyon

Corretto, Peter.

Ho ricordato troppe cose,
tante cose.
Il cielo di Cosmo Canyon
ti lascia dentro
un’amara voglia di tremare.
Abbiamo cominciato male
e finiremo male.

Come un peccatore si libera
del peso del pensiero
e va a pregare,
questo androide preprogrammato
ci sta provando
a sfuggire
la metrica arcadica
della debolezza
verso un migliore,
e tremendo,
patibolo.

Per quanto stelo o corolla
sul filo della falciatrice
ci squarceremo comunque,

e così, l’Anarchia
diventa
difendere ed attaccare
e non è più anarchia.
Ipocriti maledetti
Eppure inaccusabili.
Nel contorto labirinto
siamo
e perdiamo
luce
e tempo,
non ancora intrapreso
il cammino della luna che cade.

Una stranezza travestita da cometa
non desidererai altro
che bere
per dare un po’ di sollievo
ad una gola
che sembra
un coyote che urla.

E dentro la scatola
aver pensato
aver provato a masticare
la fune
che le mani tiene legate
alle corna di questo cervo antico,
demonico.
Finisce sempre così,
a rimuginare in una lingua
sull’inesistenza della realtà
nei termini di una spada che cerca di tagliare una spada.

La mente la tortureranno
gomiti spaccheranno costole,
una società che in fondo si regge
su una fognatura
di stracci e cocaina,
e propaganda
probabilmente.

Post-moderno spinoso
a destra e a sinistra
inarrivabile
impenetrabile.
Un grande vetrino
da microscopio.
Nel frattempo
pisciamo le schifezze che abbiamo dentro
in un flusso forte,
adorare ad occhi cuciti
per un montepremi di spine
che le dita piene di tagli
non potranno afferrare mai.

Il muro le corna
una tempesta
io come io
è un po’ troppo semplice,
il cassetto
nel cassetto
nel cassetto.
È parte del colosseo
l’ammasso di carogne
e maggots
che ci resta dentro.

Così, schierando in prima fila
i fanti
li sacrificherai tutti,
e di certo non è per un bene superiore.

Camminerò ancora
e la pelle non mostrerà più di tanto

Io, Aeris e gli altri

Io, Aeris e gli altri

La costa, la sabbia, il sole.
Un’umanità irritrovabile.
E andammo Io, Aeris
e gli altri
giù per il pontile
dell’incoscienza
ad abbandonarci
in chissà quale melodia,
ricordandola ha il suono
del sonno
e di una giustizia non capita.

Il paralitico rimarrà paralitico,
io mi scheggerò l’osso del collo
ma avrò vinto.

Dunque, falchi,
celerini,
prigione di forza bruta
contrapposta a forza bruta,
scusate la digressione.

Natura, e non vendetta.
Aver tradito, sì,
aver tradito
la prostituta della sera prima,
una cucitura sul viso,
non chiederò il permesso
e bestemmierò la linea maculata
della mente,
i pionieri meno idonei
in una caverna
che è buio pesto
incrociato
possibilmente infestato da occhi enormi
sulle pareti.

L’arpa interrompe

E il sig. Savuto?
Ammalato demonio
sulla superstrada
sicuramente a più di 80km/h

Pesante da portare
questo festino di morti ed eroi,
suoni,
alabarde cesellate di vento,
il cervello che ricorda il cervello,
sudare.

Apparecchiare per uno

E una sega,
con mani pulite.

Aver smesso di infettare
lo scheletro della forma degli altri,
aver consacrato.

Respiro.

Altro respiro.

14

14

Se ne sono andati tutti quanti.
Preso a colpi di spranga
l’invasore
alieno crepuscolarista
macchiato nel profondo della gioia.
Se ne sono andati tutti.

A succhiare le tettine
della falsità,
scarne le sue costole,
smagliate le forme. 

Nello il Pazzo

Nello il Pazzo.

Tonfo.
N.1 Coprirò la colpa
con una menzogna
N.2 me ne andrò.
Sento fortemente
che un tentacolo di quel polipo
che tutti assieme siamo stati
è stato reciso.
Parlare è bestemmiare
in questa promessa di silenzio mafioso,
senza più suini o volgarità vivere.

Si dovrebbe analizzare ferocemente
la clavicola iniettata d’oro
un cilindro di follia
nel quale le membra vanno intorpidendosi
in una lussuria non più decadente
ma decaduta,
la maledizione del benessere economico.

Un rapporto interpersonale con l’anarchia,
seduti tu e lei a soffrire
sorseggiando un buon vino mentale.
Salvezza,
e nel peccato dello spirito
ridirigere se stessi a calci.

Come quando quel negromante
con una saio nero
e le tasche piene di soldi
non pretese più nulla
e si spense,
l’anaconda si dimena,
la disarmonia della natura,
il gobbo che piange.
Nello il pazzo
pestato
davanti alle poste di Trecastagni
per mille lire.
Le chele le abbiamo tutti
le nascondiamo
quasi tutti
per recidere e afferrare con un colpo solo.
Ma questa festa di stronzi
ammanettati al muro
della propria schiena,
che si allungano
più delle loro ombre
in cerca di uno spasmo;
queste cicche lasciate
a marcire
nell’acqua del porto,
la luna nera, l’oltretomba rivivificato,
io non sarò invitato da nessuno.  


Il vestito del morto

Il vestito del morto

Dall’altra parte un mietitore
da questa
la vittima e io.
Che cosa sarà mai
questo voler rifiutare
spade buone
che ti possono trapassare
senza ferirti o ucciderti,
noi non siamo stai maledetti,
è giusto specificarlo.

Un vortice di attrazioni
inspiegabili
eppure
sono razionale
sono calmo.

Quei giorni, presi i vestiti
del morto accanto a me
e li indossai lentamente,
per poco tempo pretendi
e poi te ne vai.

Soddisfatto il cavaliere
sfracella un cranio arabo
con una mazza chiodata,
è eco lo schiocco proibito
nell’imbrunirsi d’un’aria secca,
tramortita anch’essa,
paralizzata.
Quei fiori che a sento
annusavamo
adesso sono dentro di noi,
si guardano segretamente
da occhi interni.

A pietrate
A sassate

Come un cristo alla colonna
giace
la possibilità d’esprimersi,
il mittente,
il ricevente

lunedì 11 maggio 2015

8, 9 e 10.

8, 9 e 10.

PUM.
Caso esplode caso
esplode caso esplode
che schifo.
Lo specchio è rotto.

Luna attorcigliata sul palmo
e non godo, no che non godo.
Mi basta un piede per
farti calmare,
ma per capire la voce del corvo
straziante
affilata,
non sono i soldi che ti aiuteranno.
La collina è pallida
e lo sarà a lungo,
questa casa di dolore enorme
inventato
paradossale.
Con le unghia non ti puoi difendere,
il tronco in sezione
l’ho scorto
in un’istante
e l’istante dopo
già non c’era più…
è ritornata, è ritornata
la nebbia del cervello.

La parola come tramite
divinazione era già nel 1841,
ora vai oltre,
oltre il significante,
l’impulso il suono,
alla fonte.

*
*

Volle il caso
che dopo il compleanno
spuntò proprio Jim
anche lui
a nudo con la sua coscienza
urlava.

Meriggio passato,
adoro ombra
venero ombra
con calma
sta svanendo
la lacrima,
pesantemente
frainteso
ho.
E lo scheletro nero
appuntito in faccia
adesso
manca di rispetto
all’orgoglio prestabilito
agrafo anch’esso.
Una doppia tortura,
la natura lentamente
se ne va
e l’io che s’allontanata
dagli altri lupi
nel selvaggio grembo
di una divinità
di vento e carta,
fuoco, lamette, blu, viola.

Primo passo nella direzione
del monte.
Vedo i mostri.

E lo sapete
che nuoto meglio
che vedo meglio
se l’acqua
è dentro di me.
È la paradossale condizione
umana,
senza generalizzare.

Sala prove un po’ grigia
questa volta pesantemente grigia,
voi non tornerete normali.
Perderete le mani
nel tentativo pavido e un po’ finto
di non perderle,
lauto pasto di demonio
e non creerete più niente.
*
*
E se pensavi
e se nascondevi
le foglie dietro le labbra,
incatenato altrove
come se sabbia
stesse seppellendo
visi e cancrene,
bei suoni si infrangono
in una spirale tetra
buio grande
buio grande
buio grande
sarà la lancia a scegliere.
*
*
Tonfi, pochi superstiti.
Aperta è la testa della dea
si scorge dentro
un diamante di cielo.

I mantelli che vi avvolgevate
intorno al torace
in faccia
adesso parlano,
parlano meglio di voi .
E non è gradevole
né agli occhi né al palato
questo cratere di petto
dove sul fondo
i primi demoni
i primi strappi
mai ricuciti
di una coscienza
maculata come un cobra,
tenebrosa, orrenda,
stanno tuttora recitando
un dramma con finale
già noto agli spettatori,
non un accenno di colore spontaneo
di luce spontanea
di inquadratura spontanea.

giovedì 7 maggio 2015

Nyuu

Nyuu

Non sarà con lei
che mi laverò nel gorgo marino
e mi diranno “demone”.
È questo il paradiso
a portata di mano
come briciole sparse
e rottami d’androidi

La tranquillità
delfino piumato
che ondeggia
dal suo corpo esce musica,
il capitano è impazzito.

In fondo, il mondo dentro
resta immutabile
e non immutato.

*
*

Tagliando corto con “La Genesi”
spine di istrice
ecco trapassano i piedi
da una parte all’altra
in più punti.
Innanzitutto, vedere.
Pietra.
Sentimento carismatico
odora di stantio però.
Pescatori giapponesi
per millenni
lo stesso ciclo
e nelle risaie
e nei palazzi dell’imperatore.

Tutto si avvilupperà
in un contorto respiro
d’eventi,
uno solo.
È e dev’essere metafisica.
Non è reale.

Tutto questo lo sentii dire
dallo stregone grigio
mentre sfumacchiava robe
dalla sua pipa in legno
e rideva.
*
*

Nel frattempo
un ofiura per mano
giù dal piedistallo
nell’abisso più nero,
una scogliera
con le sembianze d’un mostro.

Era logico pensare ai rettili,
sentirsi tali nel sole,
gocce, plenty of things.

Una testa enorme.

Si sa solo ricoprire di ghiaccio
questa statua nuda che parla
di marmo
di roccia
di vetro.

martedì 5 maggio 2015

Giovane (o Horus)

Giovane
(o Horus)

Ancora troppo giovane
per poter guardare negli occhi
la linea violenta del sole
i mutamenti del caso,
un giorno una fortezza
una bandiera
quattro mani

Come zanzare e altri pappataci
che a forza
con ogni loro fibra
trovano un modo per entrare e farsi strada
oltre la plafoniera
nel neon della lampada,
ammirarlo e morire.

Lavarsi in lacrime mostri,
i polmoni staranno meglio
non mi ammalerò,
tutt’intorno
fiori spinosi
rovi e bacche
artigli e gonfi tagli alle caviglie
serpenti che strisciano
l’astro abbracciare
discretamente maledetti,
tutto successe in testa
nella testa
per la testa.

Tant’è che la rete messa lì
aggrovigliata
aveva un po’ i tuoi lineamenti,
non soffocherò io.
Una finestra si spacca
l’uomo-coniglio
è fuggito
giù dai campi
nei terrazzamenti di vigne.

Un frutto senza semi dentro
chiude il circolo riproduttivo
di un melograno ad esempio,
non alla terra la controparte
di un accordo agrafo
mai veramente stipulato
tra animali  

Sfinge gravida
di cosa
non ho idea,
con una chiave inglese
osare rompere le dita a dio
mentre un pianoforte a coda
sta squillando rosse spudorate
vergogne,
la notte la notte
è il vero pericolo,
quando si accende l’incenso
e i morti ritornano
sotto forma
i simboli,
il frutto ritorna fiore
le note al contrario
comunque armoniche
corrono, battono,
allora e solo allora
nudo veramente
aver imparato a nuotare.

E non ali.

La tomba dietro il lago,
“uno di noi”,
da adulto eskimo
la gente posa
sulla tomba del figlio
strani token
a forma di Horus1
ma non compiangono
né veramente comprendono
la morte,
come io.

Dovrebbe calmarsi
e dare fuoco a se stesso
sulla cima più alta, signore.



















1: Horus inteso come la divinità egiziana col viso da falco, una scena vista in un sogno. 

lunedì 4 maggio 2015

Buta

Buta

Voler scegliere è il dilemma.

E non catalogare
e non guadagnare.

Inochi

Inochi

Ora il grigio,
ora il grigio,
sala vuota
tempia cavata
il profilo scettico del silenzio
in un ombra che ristagna.

Non dipingere di verde
il trono
una luna
un tramonto.
È il presidente il problema,
è il capo il problema,
prenditela con lui
e non con il tatuaggio di morte
che hai stampato in viso.

E spaccandoci in testa
la testa stessa
guardare la tivù

Rotto le catene
che tenevano legati
i fratelli e me,
alba a matita
dio a matita
lo cancelli e se ne va.

Ma la mente
sparisce
dentro il tunnel
della mente,
una scogliera.

Da non comprendere
a scomparire
tra le foglie
dell’acero,
la ragazzina partorirà
il mondo intero
in una tempesta,
di questa soffice poltrona rossa
illuminata a stento
ne parlerò solo io.

ここ。。。どこ?

Gatti luccicano i loro occhi
e sinuosi,
hai appena aperto
la cassa toracica
della tua ombra
con mani affilate.
Ciò che succede
è
cocci di vetro e vino,
tarli, becchi, schiave,inochi. 

venerdì 1 maggio 2015

Foam

Foam

A parole mostrarsi, scrostarsi,
parentesi che ci chiude,
in una via
foglia svolazzava
io so di pietrisco
a quanto pare.
Lately
thinking is more and more
a depiction
of uncanny and misunderstood
deeds of mind.

E tutto torna,
Sbiadire con saggezza,
è un segreto
il corpo
che contiene
in scrigno blu
un altro segreto ancora
e mi paralizzo,
al ventre il ventre
al mantra amore
il valore contraddittorio che ha,
l’enantiosemia dei gesti
collide, è palese,
la vedo.

Cozza con la prua
il rigido sale
e
con il vento nel seno,
perderemo, teschio.

But it’s completely fine!



Mata kierareruyouni naranakatta

Mata kierareruyouni naranakatta

Non siamo ancora svaniti .
また 消えれるように 成らなかった

E l’ultimo urlo
da dove è venuto?

Eccitato, posseduto, possedere.
E loro che un tempo
erano stelle fugaci
brune o nere
adesso si contorcono
sul vulcano
in un esplosione sedicente erotica
di bordello ,
Io, coerente e fortunata distanza