domenica 17 maggio 2015

Riflessione a partire da Cosmo Canyon

Riflessione a partire da Cosmo Canyon

Corretto, Peter.

Ho ricordato troppe cose,
tante cose.
Il cielo di Cosmo Canyon
ti lascia dentro
un’amara voglia di tremare.
Abbiamo cominciato male
e finiremo male.

Come un peccatore si libera
del peso del pensiero
e va a pregare,
questo androide preprogrammato
ci sta provando
a sfuggire
la metrica arcadica
della debolezza
verso un migliore,
e tremendo,
patibolo.

Per quanto stelo o corolla
sul filo della falciatrice
ci squarceremo comunque,

e così, l’Anarchia
diventa
difendere ed attaccare
e non è più anarchia.
Ipocriti maledetti
Eppure inaccusabili.
Nel contorto labirinto
siamo
e perdiamo
luce
e tempo,
non ancora intrapreso
il cammino della luna che cade.

Una stranezza travestita da cometa
non desidererai altro
che bere
per dare un po’ di sollievo
ad una gola
che sembra
un coyote che urla.

E dentro la scatola
aver pensato
aver provato a masticare
la fune
che le mani tiene legate
alle corna di questo cervo antico,
demonico.
Finisce sempre così,
a rimuginare in una lingua
sull’inesistenza della realtà
nei termini di una spada che cerca di tagliare una spada.

La mente la tortureranno
gomiti spaccheranno costole,
una società che in fondo si regge
su una fognatura
di stracci e cocaina,
e propaganda
probabilmente.

Post-moderno spinoso
a destra e a sinistra
inarrivabile
impenetrabile.
Un grande vetrino
da microscopio.
Nel frattempo
pisciamo le schifezze che abbiamo dentro
in un flusso forte,
adorare ad occhi cuciti
per un montepremi di spine
che le dita piene di tagli
non potranno afferrare mai.

Il muro le corna
una tempesta
io come io
è un po’ troppo semplice,
il cassetto
nel cassetto
nel cassetto.
È parte del colosseo
l’ammasso di carogne
e maggots
che ci resta dentro.

Così, schierando in prima fila
i fanti
li sacrificherai tutti,
e di certo non è per un bene superiore.

Camminerò ancora
e la pelle non mostrerà più di tanto

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