mercoledì 27 gennaio 2016

Watashi, paguri e vespe

Watashi, paguri e vespe

Succederà di tutto
può succedere di tutto
ora che scoprendomi debole
sto riprendendo le forze,
e ritornando ad essere la Vergine
che ero.

Ho bisogno, necessità
d’essere un sasso
e d’amalgamare me stesso
all’acqua

Voglio che nevichi
su tutte le cose sofferte
e si lasci spazio nella mia testa
al dolce ricordo dell’Afon Taf,
alle lucertole che raccoglievo
da bambino.
Non posso considerare tutto questo
un dramma.
Non è un dramma.
Infondo si naviga
nel mare d’imago
e ci si cozza
un po’ contro
gli uni con gli altri
ma vedo già Eraclito
indicare un fiume e sorridere.

Non è un dramma
ma sicuramente il mio corpo
lo crede tale.
D’altronde, paguri come siamo,
non sembra possibile
sollevare veramente il guscio…
Se solo avessi le gambe più lunghe
di ciò che io stesso sono,
del tempo,
allora le divaricherei a più non posso

Non c’è d’aver paura.
Rotolerai come il masso che sei
e ti farà male.

Perché poi odiare tutto questo?
この 私 が。
Questo, questo che tieni in mano?
Sei tu!

Mollerai? No!
Comincerò a tenermi tutto dentro
senza più voler essere Gesù

Le vespe, le vespe.
Ti ho dato in mano chiavi per porte
che neanche avevo poi.

Ricordare come maledizione
esercitandosi nel rispetto
di un vero sé
d’acqua ma anche di pietra.

Non devi avere paura di ammettere
che non vale la pena soffrire per questo.
Eppure ne vale la pena.
Sarai forte tenendo per mano
una donna anziana
ma bellissima (il tempo).

Murasaki (I)

Murasaki (I)

Accattonaggio nelle membra
mi piaceva non avere senso.
Invece sulla mia vita
è stato disseminato
tanto corpo
solo corpo
scaglie, vestiti, mani

Di bellezza che colava
da stanze di luce
ed ecco che sono ricomparse quelle piume
che presto saranno ali.
 È un eclisse di luna e sole
un monte immenso
un’icona di virtù
o quel grassone
che spiava da una porta blu
il giovinetto
che nel bagno
osò mettersi il lucidalabbra
di nascosto.

Una sirena con una grande cornucopia
mi sussurra di urlare
e con i decibel
accordare il mondo esterno
sull’infinita melodia
del mondo interno.

むらさき,mi attrae,
è una pietra polita e levigata,
è un pensiero semplice
e non malato.
La misterica abitudine
d’essere divinità
senza accorgersene.

martedì 19 gennaio 2016

La balena con la testa infinita

La balena con la testa infinita
(o penultima poesia per Asuka)


Adesso, adesso sono rinato.
Ho di nuovo preso coscienza dei limiti
tentando di rimpicciolirli, uh oh.

C’è me stesso, c’è la mia luce, la mia luce.
È una cosa calda che proverò a spargere.
Questo tepore di volpe saggia
che protegge il cardias dalla stretta del non-io
questa torre di miliardi e miliardi di parole, immagini,
cuori, facce,
trovero qualcuno che sia disposto a sorreggerla insieme.

Tornerò a guardare la rosa nella teca di vetro
nel giardino del tempo all’incontrario
e rimuginare su vastità emotive
e non su oscuri contrabassi

e poi tu, che sei onirica e nessuno ha idea
del posto dal quale sei uscita.
Il tuo abito rosso sembra Gautier alla prima di Hernani,
ti chiedo come fare ad abbracciarti
mi dici “ricoprimi di cruciverba!”
ricoprimi di enigmi di parole che non hanno ancora una forma in atto
e sarò tua.

E odore verde
ed ecco che vi spiego
cosa stavo cercando di fare con le mani:
--Come se le dita si fossero difatti rimpicciolite
tentavo di manipolare la solita sfera di fuoco
rientrandone i limiti forse
annullandola per poco tempo

è stato tutto troppo rosso
ed offuscato.
Ho tanto bisogno di chiarezza
ora come ora.

Finirà male pur essendo cominciata bene,
è ciò che i vecchi critici definirebbero “tragedia”

Ed ecco il macchinario emotivo
trasuda oro lucido,
adesso che non siamo più dei vermi
adesso che non vi è più la gente bastarda come soleva essere
nella mente d’una vergine,
non rimane che un unico capro a cui dare la colpa
e forse è il tuo self.
Smettila di chiamarla colpa!
È solo il soffio d’una scimmia divina (mi sciolgo dentro)
che ha innestato su candidissima pelle marina
peli ed istinti non prescindibili
e puzza di marcio metallo
sul fondo d’occhi e cuore.
Tu sei invece talmente preziosa
che non vedo l’ora
di poterti partorire
per baciarti con la lingua,
lo spazio è mentale e da sogno,
vi è un asteroide frantumato.

Il volo comincerà come sperimentazione delle unghie
che masticheranno e lacereranno i legami di spine,
continuerà e continuerà
fino ad averti portato ad un punto di non ritorno
dalla tua natura,
miscelerai dunque
ciò che ricordavi essere diverso
da ciò che sai di amare.
Ogni anello della catena è un occhio.
Non ci riesco, fa troppa paura.
Ogni anello della catena
è un ibrido di mano
che porta le tue conosciute dita
ma i palmi di un altro angelo,
fatemi sapere la risposta!
La verità è che la mia tendenza interna
non è mai stata a senso unico
conoscendo la maniera
per shiftare parzialmente
tra uomo e donna
corpo e non corpo
spirito e merce da scambio,
ma le mie mani sono tante
e le mie bocche troppe,
ed il cibo
e il cibo emotivo
non bastano mai.
Tenti di riempire questo vuoto lunare
di lacrime inodori,
ma la struttura, a ben guardarla,
non ha niente che non va.
È solo appesantendola che la vedrai cadere-

E sì dunque,
reciderò con forti forbici
di tenacia e costanza
questi cordoni,
voglio vedere cosa succede se reindirizziamo il flusso
di nutrimento,
se cambiamo la fonte da cui l’essere e l’es
vengono danzando
fatti d’aria e d’acqua.

D’altronde tutto ciò che ad ora chiamo prole
è la terra, il fango, le foglie,
la cetra silvana che piange l’arcadia.
Chiuso in una grotta sensibile
gli occhi sono dentro la testa,
dietro alla falsa testa cerulea
che chiamate testa.
Non a caso,
il cervello è una vasta aula
dove potevo anche esercitarmi
ad essere il dio d’un mondo immaginato
ma non avrei mai avuto
un seno una bocca
le grandi e piccole labbra
che sono parti di me all’infuori di me
che risplendono come cavalieri infuocati

La battaglia a cui accennavo
si sarebbe dunque svolta
all’interno del petto,
la collocherei nel cardias,
dove più di quattrocento demoni
con corna di rugiada tersa
e spade fatte di occhi mai chiusi
vennero a radere al suolo
ciò che eleonora duse dentro di me
non aveva ancora ben capito,
scusate la sintassi.

Non sono fatto di vento o d’antimateria,
sono carne raccolta in contorni
estensione d’un qualsiasi albero o fiume o universo
che ha appreso troppo presto come piangere
sulla tomba delle cose
che la mente in continuazione rosicchia.
Voglio fecondare, sono stanco d’essere ricoperto
d’una fauna batterica che non digerisce il mondo
ma la mia pelle.

Quelle dee del pantheon
che volevo prima
alla fine della schiena condurmi in sodalizio,
come non mai voglio ora
leccarle nel clitoride
fino a renderle insavie.
È chiaro, questo piacere che provo
è un minerale caldo e azzurro
e se lo strofino in determinati punti
la venere folle in me guarisce

Coda:

Come la parte che resta
di un qualcosa di andato via
è un turbine
it can change
it can stay the same
ma non importa,
la ricerca della luce è più importante,
la balena con la testa infinita,
l’avvelenarsi d’ogni momento,
finalmente ho masticato il cranio della serpe
ma il corpo sbatte ancora
tra cuore, polmone destro e polmone sinistro.
Asuka sarà salva dal tempo
dalle meraviglie d’una noia
che forse si sarebbe trasformata in bulbo che sboccia
ma non è successo.
Ho attraversato tutto come una piovra
che tenta il salto in lungo
sperando che i trofei non diventino
arpioni inarrivabili

Finirà tutto al fondo di mente
riesumato every now and then
da sogni o da odori
o da semplici gesti che ridondano
nel lascito armonico della realtà.
Ma tu sei tu!
Tu sei tu!
Puoi tentare di sciogliere il legame che tiene il corpo unito a se stesso,
ma riuscirci per davvero non è ancora possibile,
trasmuterai tramonterai e sorgerai
ti sporgerai ancora dal balcone come Garnet
riunificando le due fette di pane.

mercoledì 13 gennaio 2016

Le fondamenta del petto o “Crunch!”

Le fondamenta del petto o “Crunch!”

E l’esclamazione “È assurdo!”
diventò: “È bellissimo!”
riferendosi a come
io nel quadro di Friedrich
travestito da viandante
guardo agli stati della mente e alla loro profondità
travestiti da mare di nebbia

Forse perché ho cominciato a tessermelo
da solo
quest’eschimo di calda lana
che m’avvolgerà in un inedito inverno

Come intraprendere
una gara di seppia?

Quadmist: ti rilassa
e torni bambino
con una coda di scimmia.

*******

Ma se invece libero il torace
cosa ne rimarrà delle statue di sale
all’altezza delle ciglia?

Sgomento, preso per mano dalla paura
non devi essere né spaventapasseri
né uomo di latta.

Basta! Scapperò probabilmente
dove la lepre salta il tramonto

Catarsi
sarà mattino
così otterrai solo ciò che non vuoi.
Non devi avere paura del Monte Fato
e di conseguenza
sii in grado di compiere
le tue scelte con leggerezza.

Magari la rivelazione giungerà tra quattordici anni,
più petali vi erano più temevo
che l’avrei persa.

Siamo deboli ma non rinnegherò più il mio corpo
o i suoi bisogni

E poi tonnellate di pietra
troppo peso che si sta mangiando
le fondamenta del petto
cadendo abbracciati.
Ogni momento sarà epicizzato
e così ogni emozione ed oggetto.

Con la testa messa così guardavo
divanetti di legno imbottiti
rossi
e quadri inanimati
e piante,
sarà la nostalgia che è più uno stile di vita
o il sapersi mettere in contato
con la nudità (mondo invertito) dell’Io

Come non spalancare il vitreo degli occhi
alla paura di cadere giù dalle braccia ?

Oppure semplicemente
ritornare al concepimento
del tempo 
in maniera tale da sedersi sopra la fonte
ed i piedi bagnarsi.
Intendo una rivelazione che fa “crunch” se la mastichi
e manco te ne accorgi che la stai masticando

Poesia per Marco e per Paolo

Poesia per Marco e per Paolo

Mi mancano Marco e Paolo,
li vedo accovacciati
brillare nel vuoto terso di Trecastagni,
chè con due braccia m’hanno preso e tirato su.

Come biglie con all’interno un portale a pastello,
come il segno dello Scorpione.
Non ci capivo
proprio
niente.
Nel rotolare Tremonti è il santuario
di ricongiunzione a ricordi ed io
coadiuvati da un verde cespuglio di resine a mosaico
mentre le storie intricatissime tessute a maglia
sbavano e sventolano ai piedi dell’Etna,
e loro due eroi antieroi più o meno come tutti.

Ed è l’ultimo di un anno passato a spendere
le bellezze del nord
e ad individuare nel nord del mondo
anche le schifosità malsane sparse
come rerum vulgarium,
mentre ciò che è mediterraneo
sa di sabbia sotto ai piedi
e di macco.

Paura tanta paura
che la coscienza di tutta questa situazione
mi ricadrà addosso
e una piccola parte di me
non saprà accettarla,
finito di pagare
il tributo di lacrime
per il demone?

Tu che ti agiti vicino a me
e cerchi di tatuarmi il cuore ( fa malissimo)
senza sapere che non è fatto di carne
ma di fatuo fuoco,
tu che con le chele mi sposti i capelli dalla fronte
vicino all’internetteria,
e tu che porti l’aria in un vaso
maledette sembrate sempre la parte bella di Plutone

“Ho rimandato troppo a lungo.
Mi duole annunciare che questa è la fine.”

martedì 12 gennaio 2016

Vittorio Alfieri che ruzzola

Vittorio Alfieri che ruzzola

La foca che si muove grassa lucida
su un ghiaccio candido
e lascia strisce di stelle
ho cancellato un tatuaggio dal petto
di fuoco e di fiamme sì
ma solo per un giorno!

Non conterà niente in futuro, per i critici
di noi stessi in noi stessi,
il I, il II, il III e forse anche il IV atto.
Solo prefazione ed epilogo.
Queste perché, come due fotogrammi
in un video,
li fermi e li puoi osservare deducendo ed inducendo.
È anche vero che durante la play questo corpo qui
e andato mutandosi svariate volte.

La castità dei pensieri
sa di pane appena sfornato,
non è vero che sono alto 1,76m.
Sento che riuscirò a convincervi.
Sento che vi avrò mie. 
Vi avrò mie, sì-  espleterò in voi me,
spiegherò la lezione in un nuovo liceo
ed in nuovo liceo
apprenderò
che dal contrasto
interiore
ed
esteriore
di Uomo e Donna
cadono a pioggia
tesori e spade affilate.

È come una meraviglia di tendenze
che si palesa, ecco,
tanto tempo fa giocavo
a consacrarmi
come misura d’io.

Vittorio Alfieri è adesso ruzzolato
slogandosi una spalla,
durante la convalescenza
ha poi capito
che non è realmente possibile
affermare se stessi da nudi.