venerdì 11 novembre 2016

Goccia

Tutto più automatico,
ecco, ecco, sono di nuovo
la Goccia Verde,
Giada, piccola saturnina
taumaturgica maga,
il Giubbotto smorto,
 una coppia di gemelli sui polsini
di una giacca blu di velluto.
Tutto sarà attraversato da tutto
tu lacrima di gatto
lacrima di cane pastore
benedetto discepolo dell’etimologica noia.
Mangia ancora un boccone,
e poi vola, separati, separati.
La materia è peculiare
sfortuna o sacco di monete d’oro
e siamo i denti della bestia
siamo ammalati guardoni
nel freddo italiano.
Perché la realtà
non ha fatto altro
che mandare messaggi
su una lunghezza diversa

Se in questo momento
stessi scrivendo,
materializzeresti l’infinito.
Vuoi che finisca l’onda
e vuoi che torni
come un mare di vene,
come i colori d’un fiore
dove non arriverai con la mente
saranno il corpo e l’anima
-le due bestie una rossa
e una azzurra-
a guidarti.

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E di un nuovo declino
datemi questa mastodontica sete
di battere su battere su battere
come cuori enormi che pulsano
(i bassi)
come respiro di grotta profonda
( i medi)
come fracasso di ossa su ossa
(gli alti).
Musica allucinante Dea,
sofia vera e propria.

(Come può esservi qualcosa
di più potente di me?
Come può esistere, o dunque,
qualcosa di più potente di me?)

Il tamburo è essenziale muta
e può essere suonato da chiunque.
È uno strumento anarchico,
come il pane.
Il pianoforte, invece,
lo suonano da sempre gli aristocratici.
Persi nascosti da parole
o da punti di vista
sotto lente d’ingrandimento. 

Santa giulia

犬、火、馬、気、也、牛、月

                 Santa giulia

Avevo chiamato “alcol”
ed è arrivato come un toro.
Ragazze acuminata
non manifestavi
che in-amore
davanti agli altri
e quando eri felice però
-non essendovi abituata-
potevi saltare
una montagna intera.

SE HO CENTO FUMO CENTO
(prima bottiglia che si spacca,
come da sola)
e nell’abuso
ti trovi in quella fase
dove potresti andare avanti a oltranza
nei vizi tuoi.

Pensavo che è giusto
non giudicare la vita degli altri
salvo sia irrefrenabile l’ideale di fondo,
e trattenersi, dunque, dalle risate.
Mi dispiace d’essere molesto, ora,
di camminare pesantemente,
ma questo è il mio io
e da nessun’altra parte lo vedrai.
Quindi eccomi.
Alle pagine dato
o al clan.
E seppellitemi.
Se non sto in piedi,
in cerchio, con voi,
parlando solo di droghe pesanti,
non guardatemi male.
 Ad ogni soffio
è sotteso un balzo,
ad ogni mente
la sua dimensione di porpore e avane
lastre.
Misurate,
ma l’anima, che è immisurabile.

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Annienta.
Annienta
rendi questi tutto
nulla
e spaccialo per strada.
Nel fumo, bollito in una bustina di tè,
ho trovato della plastica

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Kizu, Naori e Monty

Rimasto con un mazzo di banconote
nel cuore
e t’affrunti. T’affrunti.
La paura del futuro,
le donne passate
e tu volevi solo esercitarti ad essere un brav’uomo,
 metterti al loro servizio
per gratificare te stesso
o essere guardato.
Paura, paura che l’insoddisfazione
possa non andarsene mai,
non farei quello che faccio
e non me ne vanterei
se avessi potuto scegliere.
O forse è solo che sei così
intrappolato nelle cause
che non vedi le conseguenze remote
dei tuoi gesti…

Kizu, 傷、きず、
tu che sei una ferita,
tu che tutti t’insultano, ti lanciano pietre,
ti odorano nel profondo e guardano.
Kizu, piccolo Kizu,
tu che odi chi t’ha ammanettato
mentre eri cieco e sordo
e da zero a tre anni,
tu che ti esponi di continuo
alla burrasca e poi lamenti i lividi
e i tagli,
tu centro sociale occupato da mostri,
vecchia vittima mai sazia
lacrimosa
che attesti il dolore
come necessario collegamento
tra noi e l’infinito,
che attecchisci dove c’è più freddo,
che cadi di continuo.

E poi Naori、治り、なおり、
tu leggiadra Naori,
che curi e sorridi
e sorridi e sorridi e curi,
che sei armonica di Mi maggiore,
che tutti i tagli hai cucito
tutte le frecce hai levato con amore,
e ti veniva naturale solo amare il prossimo tuo
più di te stessa, Naori,
e levigarlo e conservarlo come un tesoro di notti,
come un graal, perché
nella loro rarità d’occhi brillanti
avevi ritrovato l’alcova della grande sfera celeste,
il prossimo tuo ma non tutti i prossimi,
perché v’era una grande selezione da passare.
Leggiadra Naori, carità in metafora verde,
dieci secondi di fermezza e pace
tra una corsa e l’altra,
coscia nuda stupenda da leccare.

E poi Monty, giovane ribelle, marte in ariete,
scattante fuoco dell’inconscio nostro,
bambino eterno
terrorista e brigatista.
Monty, rubato a una tigre o a un jaguaro,
principio di genio e invenzione,
artista che non ascolta nessuno, nessuno.
Monty caro, anarchia, velociraptor,
pugno sul naso,
ogni sistema lo odi
ogni istituzione la odi
ogni pubblicità
perché ne vedi subito
l’inutilità grottesca e melliflua.
 Monty caro, scappato dal tendone del circo
ed entrato nel petto mio
prima di avere un nome.

Mono e Alcest

Voler piangere,
e suonate,
subarashii mono,
suonate finchè potete
la vostra lirica di slide
e post rock
e veli trasparenti sull’ossa
e tristezza
e memoria che si è persa
al fondo dell’anima.

E la gente non poga più,
la gente sembra aver perso
la capacità di farsi attraversare
dalle onde,
anche davanti al più forte scream.

E adesso vomita su noi,
montagne,
che siamo acqua,
o Alcesti.

E la stanza generò cubi neri

Circondato da bellezza
hai finalmente fatto i conti
col tempo, dopo aver litigato.
Dunque ego, ego, plastico, mitologico.
Dunque ego, come nespola,
come pesca, come albicocca,
 la tua scorcia è orticante.
L’eremita, visto in una foto
prima che gli crescesse la barba
e tanto lunga diventasse.
Così corta era, quella barba!
Ispida, bruna,
ed è diventata un lungo stelo d’erba.
Hai tempo, hai tempo,
nei sogni dei sogni capirai
l’ulteriore messaggio, simbolo
che adesso ha ricoperto di prospettive
cubiste-imagiste
questa stanza qui, che è nera,
a anche la gamba ed il braccio destro.
E qualcuno venne e disse che a Marzo
me ne sarei andato.

Avanti, o inverno

Avanti, o inverno,
sono qui, al nord,
a petto nudo,
sulle rive del Po.
Avanti! Colpiscimi
con tutta la tua potenza,
se ne hai il coraggio.
Non muoverò ciglio.
E sai, sai, o dolce,
che sotto i tuoi guanti
di polare autocritica
la vita s’evolve,
la consapevolezza si arricchisce,
le mani strumenti
sul territorio dell’eterno:
sono felice di vederti felice
nonostante tutto.

Euforia #22

E le corna,
le corna s’incrociano
in segno di pace.
Ridi, bambino, che sei infinito,
che hai novant’anni
e ti eserciti ancora a vedere l’aura.
Ed il terzo occhio è più blu scuro
che viola,
sono già passati 4 anni.

Prato esteso boundless
e albero solo
e noi corna
solitarie
nate tra le braccia degli equinozi
siamo natura,
e quando felici possiamo ebbene baciare
la bocca di dio e dea
con codini di sole
sparpagliati al vento.

04 novembre

Luna, Marco su un aereo.
Ed ecco che tutto prende forma,
ancora.
È facile come accendere un fuoco

giovedì 3 novembre 2016

Due novembre (ii)

Pier Paolo ho colto per te una rosa
nel cervello, che moristi
per essere padre e fratello

Oh Logos, oh logos
che ci porti per mano ovunque,
così, a passi lenti
e di danza.
E noi siamo sudari,
eternità mal poste.
Non trovo divertente
dunque
le vostre burocrazie
o i vostri giochi
né interessante
la vostra musica.

Oppure porre un veto
e dire alla cascata,
alla fenice, alla sfinge,
al Kirin, che infondo siamo tutti collegati
nel mistero.

Ho poi colto l’opportunità
di imbarcarmi verso un bosco ancora più oscuro
e luminoso,
nota:
Non era tanto il sublime a farti lacrimare gli occhi.
Era, controvento, l’unicità di qualunque cosa,
che era lì e solo lì posta,
e non sarebbe potuta stare da nessun’altra parte.
Unica perché sospesa, attimo dopo attimo,
in un continuum presente diverso, senza alcuna
indicazione,
come la gamba d’un tavolo
o una sedia,
o una volpe
o un ramo nodoso e ricurvo.

Asso.

Asso.
E superato da varie emozioni
nella circonvallazione del pensiero
affido come se avessi vissuto cent’anni
alla grafite e alla seppia
questo pregiato scrigno,
contiene me e tutto il resto
tutto il resto pensante, immaginante.

Acqua che sei in me
e musica che vai tanto oltre.
Voglio uscire dal Macrocosmo!
Voglio uscire dal Microcosmo!
Voglio smettere l’apnea,
e respirare.

Ti lascio libera, nel prato del foglio,
apro il torace
e tutto quello che sai fare
e urlare
che andare via vuoi
e scomparire,
che sei tanto vecchia tanto vecchia
e col coltello tra i denti, ostinata,
mostri morte e lacrime e trasformazione
non capendo una curiosità infantile, immatura.
Quindi prendi il controllo,
permetti al corpo il volo
ma non lo vede nessuno.
E Corpo dunque crede di volare,
sogna e crede che non morirà
e Mente dietro di lei, e Persona a chiudere il trio.
Il dramma di ogni giorno pensato:
quello di un’eternità tradita,
e pugnalata.
Ma forte e saldo
dovrai vedere oltre la foresta
oltre la notte, che è la tua guida,
oltre gli amati amici.
Non aver paura di dimenticare tutto.

Arpa, Il lirismo è appassionante trappola
ed ecco l’autocelebrazione di me,
microcosmo grasso e ruvido
macrocosmo
miracolo e vortice.
Ed ecco l’autocelebrazione,
il banchetto di me
in onore di me.
Sembra non esservi altro.

E le donne e gli uomini parleranno
soffocati dal cuore che addosso gli spalmi,
mai superata la fase dello specchio,
mai superata la fase dell’eco,
dell’armonico sorriso
che trasversale
può illuminare tutto in un’istante.

martedì 1 novembre 2016

夢の 物語

夢の 物語

背中が低くて 眼鏡を かけている人は
品と書く漢字を 見ていて 結跏趺坐 で 瞑想していた。
品と地にかいてあった。
「この漢字を 二年間 座って見ると、飛べるようになる はずですよ」
と 言っていた。
僕はそうしたよ。二年あとで、飛べた。

Pasto d’aria o gli schiavi liberti

Spiegherò, o illustri signori,
che “a tratti”, “a tratti” è la birematica
che più s’adatta a codesto
piccolo serpente vorticoso
che sembriamo essere.
A tratti.
Continuamente in distopica avvenenza
di ciò che è più intimo
ovvero la fonte marina
omni-magica
sotto i capelli, bruni o biondi
che siano.

Spiegherò, o illustrissime dame,
d’ogni reame la necessità intrinseca
d’un anarchico tribale mutamento
e di come questo reame nostro
sarà sporco e ancora sporco
e ancora, tante volte,
prima di lavarsi il meraviglioso viso.

I totem, le ziqqurat, i vecchi sacerdoti,
lo tzolkin… andati, perduti, riscopribili solo
nella mente.
Gli ainu perduti, mischiatisi
all’ honshu migliaia di anni fa.
Babilonia, Sodoma, Gomorra,
Gerusalemme,
Carthago, Adrano,
Alessandria, Roma.
Se respiri a fondo, veramente,
puoi sentire quella sabbia,
quell’acqua che a Maggio
si gonfiava abbondante,
o il mormorio del palinsesto
ripassata rassodata pelle di pecora
in cui i saggi schiavi liberti
discutevano utopici di libertà
e di sopravvivenza dell’anima.
Ma li ricordiamo solo perché
li avevamo dentro già da prima
da molto prima addirittura
che si verificassero.
Spiegherò,
o figli e fratelli,
che ho una corda per ognuno di voi,
vi tengo legati al cappio,
in possibilità l’umanità è tutta mia.

Respiro, pasto d’aria.
Pasto d’aria.
Bevo, pasto lauto, pasto d’acqua
e ronzano intorno gli antenati
felici d’aver tolta la polvere
di dosso.
Il logos dentro ad un sacco
che, non si sa come, cammina.
Ed è paroliere, ragioniere, poeta,
musico, bardo, matematico.

Mattanza di fresche piume

Mattanza di fresche piume

“A dopo”.
Mattanza di fresche piume e pellicce,
e tu aspetti come il cane fedele che sei.
Tutto si crea e ogni tanto vorrei che tutto
si distruggesse.
Apprendista all’amore dato
al venerare
all’adorare dato.

Insomma, cubista è questo mondo,
fanopoietico è.
Sembra tutto ma è una parte
e una parte e una ancora.
Perché, o maestro, tutto è simbolo?
Quale funzione ha, inoltre,
il lago inconfino del nostro cuore?

E chiedendoti questa o quella domanda
tutte senza risposta
potevi sorridere immaginando
le infinite possibili,
come un bambino e una bambina.

Il mago (VI)

Come aprire le porte del cuore,
se tutte le insegne imperiali son state rubate
dagli antichi Parti?

Discutevamo
sulla struttura della magia ,
credo che sia più di una semplice emissione
di particolari onde,
credo sia divinazione.
La facoltà dell’essere vedente,
percettore.
Vestito di pelliccia di lupo,
come uno sciamano
che a tutto dà vita.

O Grande “Chi Sono?”
rispondi!

E dunque, vedremo
I colori delle auree
di ogni uomo,
sorrideremo alle piante
e ai perduti viventi
spingendoli verso di noi.

Ventidue ottobre

Nella tristezza del non sapersi più sorridere,
di giorno,
se ci riconosciamo felici e tristi,
ma non sappiamo più i nostri nomi.
E doversi per forza innamorare d’uno sguardo,
d’un colore di capelli….

Arrivare alla nuvola più bella
e guardare tutto il jibun dall’alto.
Rendersi conto che imparare
e ricordare possono, infine,  corrispondere. 

Mangiate finché potete!

Albero malnutrito, t’ho preso
e t’ho curato tutto,
abbiamo litigato per anni
e avevo freddo alle mani tanto
come stupido pazzo,
poi v’è stata pace.
Ogni trauma è destinato a diventare un fiore,
prenditene dunque cura.
Siete, che lo vogliate o meno,
in troppe dimensioni consecutive
per poter tracciare una linea dritta,
mangiate finché potete,
mangiate finché potete,
ingozzatevi finché potete.

Il reame dei sogni è abitato
dalla morte, dal Grande Giudizio,
ma nella vita
sii in grado di cogliere i cento sorrisi
delle dee e degli dei

*******************************

Questa pagina è tanto offuscata.
Ho capito, scrivo per auto-emanazione
ed allo stesso modo amo o piango.
È la parte di te migliore quella che non controlli
e che ti fa baciare solennemente
un’altra bocca,
che traccia su un foglio
le eterne riverenze e orchidee,
v.v.v.
Attento. Attento.

***************************************

E poi cosa prendere al volo?
Non sono assolutamente perduto,
non sono assolutamente instabile.
Certo, certo, su questa nave
cento sono i timoni
e cento i timonieri
e cento i loro tatuaggi sul collo.
Ma abbiamo tutti al posto della pancia
un fiume di diamanti affilatissimi
più arcani del sole.
E non sono io quest’onda di piovra
che mima tutto
che traduce tutto.
Non sono io e sono io a tutti i costi 


Mattone

Gufo o non gufo
si tralascia la parte migliore della vita.
Qualche foglia si secca, e cade,
e chissà cosa ne nascerà al suo posto.

Caro la tua psiche brilla,
accomodati, accomodati
e ne sarai pervaso.
Che tuttavia non ti spaventi il rischio
di perderti sommamente.
Qual è il mio scopo, dunque,
io blu e lunare, peloso,
che corro tra gli alberi?
Quali ingredienti hanno composto me
e la parte salina di me
e la parte vulcanica di me?

Poi, un gelo che fa gridare alle pelle il suo antico nome,
osanno te, e quanto sei forte e privo di graffi, .
Nega a me a me
e poi fallo ritornare indietro,
voglio esser visto,
voglio scomparire.

E sorsate di caldo vino.
Non diventerai un segno linguistico.
Non diventerai un segno linguistico.
Ahimè, sei finito col diventare un segno linguistico.
Io esigo tutto.
Io dimostro la testa
che con il giusto incantesimo
si è aperta.
E travestito andando esistendo
su via petrosa pietrosissima
ebbene mi consolerà il mare
e le braccia amiche che al ritorno vedrò.

Passa, passa. Attraversa,
non neanche cosa.
E nessuno si è fermato a parlare,
a scambiare quattro chiacchere.

Balla mattone timido rosso
che se hai un’anima
se ne sentirà l’urlo.
Balla mattone e la tua soave musica
di foglie soffiate
suona
come se non vi fosse un domani.
Perché se cadi ti scheggerai
ti scheggerai pesantemente
ma non morirai. 

martedì 25 ottobre 2016

Nanda sorewa??!!

Nanda sorewa??!!

Ubriaco, fatto, sfatto, verde.
Sono le 16:00 del pomeriggio
e già beviamo,
non ha mai fatto così freddo, mamma.

E poi i nati verso Novembre,
scambiano la noia per ira da sfogare
troppo spesso
e meno ti farai pungere
più ti saranno amici.
“Devi restare! Devi restare!
Anche se il mio istinto principale
è il pugnale, l’unghia.
Così amo.”
Lontano, sul nono pianeta, arde di insetti
e dei saggissimi e sporchi,
e ampolle piene d’artemisia,
e l’albero del Ballantine,
e mani ingiallite, gialle,
tutto è chiaro, tutto è ora.

Allen è morto circondato dai suoi hare krishna,
Burroughs sparò alla sua ragazza
uccidendola.
E ippopotami fritti,
lesbiche con uno strapon,
cavalcatori di clitoridee novelle
alla base delle quali ci sta
l’enneagramma ed un sufi danzante.
E poi Jodorowski, e poi ancora
l’assalto d’anima in anima,
la guerra civile spagnola,
i black merda.
Una mitragliatrice
davanti alla porta
il capitano Jhonson
che ti rimprovera con un sigaro in bocca
prima di morire.


mercoledì 19 ottobre 2016

Liberismo

Spaventali spaventali
in ogni modo convincili
di dover lavorare,
di doversi rassegnare all’inutilità del soldo,
o stato.
E con la pubblicità
poni le tue dita acide,
velenose, nella loro testa
ed il 40% di imposta
nella tua sacchetta.

Liberismo sei finto
un tacco sporco di merda
piantato nella faccia di Adam Smith
perché così facendo
nessuno è libero
nessuno –meglio- si accorge d’esser libero.
E navighiamo come mantelli
invidiosi d’una casa, d’un reddito,
d’una coccarda violenta
di fatica perenne e rognosa pensione.

Storie dal mondo bianco

Plotoni alle porte, e le sfondano.
Pioggia deludi ancora e risvegli.
Attimo dopo attimo levi le schegge
di municipio dalla testa e dalla schiena.
Tutta la vita è tutta la vita
che pensi in grande
che ti ricordi cose che non hai visto,

e i pescatori intorno al loro Re,
che, selvaggio e imbrunito,
rema lentamente
a volte in cerchio
a volte a spirale.
La corona storta sulla testa
e un sorriso vago, amico.
Chi pescherai sta volta?
Chi o cosa pescherai
per renderlo attore di se stesso,
tutti navigando in un grande dramma da sette atti?

Un altro burrone e ci sono caduto
perché ho il grande presentimento
che la via interiore
possa scendere giù giù giù
fino al confine infinito
col mondo bianco.

Prometeo, o il seme del fuoco

Condensano, alcuni,
un’emozione, una frase, una parola,
dopo averla tenuta in grembo
per troppo tempo.

Incontrollati testimoni gli esseri umani,
come voci riprodotte al contrario.
Ma quando si sdraiano tra le braccia
della donna accanto a loro
tutti vorrebbero solo ridere e piangere
stare buoni o urlare
come se la ferita si fosse di colpo riaperta.

Ho annuito, ho pensato a questo
templio di nostalgia
e ricordi lontanissimi
e paura della morte.
Dobbiamo tenerlo a mente, sì,
ma solo per un po’.
Accorto il mulo scacciava via
delle mosche con la coda,
tutto il giorno. L’hanno trovato morto
nella Chiana, tutto segato dalla pietra lavica.
Ha in bocca un simbolo,
sa di dita fresche
e di fragole di bosco.

Esci dalle nuvole e un grande
grandissimo sole vedi.
Puoi rinascere e allo stesso tempo
creare bellezza, morirla da te,
se è da tanto tempo che fa il mestiere (del creatore)
Puoi conservarti, maturare o marcire,
e poi darti per rinascere ancora.

OTO.
おと
OTO.

lentamente hai ripreso colore,
la tua età è un numero immenso
e sussurri e basta.
D’un incredibile calma, e silenzio
pigiato contro orecchio e vertebre.
Malevole benevolo io creatore
mi hai immerso tutto nello Stige
neanche il tallone hai lasciato fuori.

E così il resto del clan,
anche quello esteriore, effettuale,
una rimpatriata con cinquecento parti di te
dal futuro dal passato e dal presente
tutte vestite diversamente.

Crasi o non crasi?
Il mondo è o non è vostro?
Siete voi il fulmine
dov’è più accecante?

Ripensando a Prometeo, dunque,
che osò rubare il primo fuoco agli dei,
puoi facilmente inquadrare tutto il mito
nella parte dell’uomo
chiamata intuizione.

lunedì 17 ottobre 2016

自分の 答えか、皆の 答えだ 
かどうか が 分かりません。

君は 白いかたち でしたが
これに対して、僕が、
研がれた石のみたい

Il mago (v)

Preso coscienza delle nuvole,
del non calcare troppo la penna sul foglio.

Non sono ancora sicuro che la via
sia così collettiva, condivisa.
Che forse dunque ingoieremo
tramonto su tramonto
il caso, l’universo,
ma non una folla di gente!
È diventato simpatetico il linguaggio
simbiotica la mano
ed eremita lo studente.

Preso coscienza della veglia,
della mattutina guancia rigata.
Buio eri dimensione
e tessuto d’ala teso teso
che nel corpo ha il suo monumento
che è morfeo.

A cantare coi poeti ti sentirai solo
e penserai “che egoisti!”
A cantare coi poeti
non riconoscerai il falso dal vero
e urleranno, mangeranno con le mani,
avranno moleste abitudini sessuali e relazionali
e tra le righe della loro apparente aristocrazia
leggerai un caleidos, un sutra,
dietro le loro fantasie
un’immensa qualità d’immergersi
nell’eidos eterna,
dietro i suoni antichi
o la sputazza
un lago bianco ricordo di prima d’esser nato
di prima d’esser concepito.

Chi si rese creatore?
Spesso gli esseri umani hanno sviluppato
un gemello siamese
all’interno di corpo
e mente
grazie ai gesti dei genitori.

La casa spezzata a metà,
il senso di loro, debole e unificato
e più sarà spezzato più sarà forte,
nella bandiera il loto cangiante
del flusso, del fiume.

Senza avere paura
ogni mattina
d’ascoltare Meddle per intero

Buio #5

Credo che al buio però
le cose assumano una vibrazione
e dunque una valenza emotiva diversa,
più misteriosa e infinita.
Vorrei però che l’estate mai finisse,
un eterno Giugno, o Luglio.
Tuttavia
la notte
si apre la possibilità fisica
di non esser più solamente
l’unica variazione della luce
che il nostro corpo riflette,
respinge.

Una poesia punk, invece.

E vieni qua, tu porco cittadino, tu guardia,
e perquisisci anche il più debole dei tuoi fratelli
e spaccagli una costola a manganellate

Vieni qua e insulta e abusa d’un potere
che è già un abuso
che ti è stato concesso.
E vestiti in modo ridicolo,
come un pagliaccio.

E vieni qua anche tu, drogato di merda
che sfiletteresti tua zia con un amo da pesca
pur di comprarti il crack
perché hai completamente perso il senno
sei stato acquistato alla nascita
e reso consumatore
e in cambio hanno voluto tutto di te.

Poveri i saggi magistrati
che sono morti filosofi
e frustrati
nel tentativo
liviano
di cambiare lo stato, la nazione dall’interno.
Morti e sepolti uccisi da una giustizia
che è una setta di maniaci beccuti.

Venite qua dunque, violenti bendati
non siete nobili distruttori
o nobili suicidi,
non vi state autodistruggendo
per raggiungere il fiume dell’anima!
Non siete ribelli! Non siete anarchici!
Non siete fascisti! Non siete social-democratici!
Siete un altro punto di sutura
per non far vedere una ferita
la cui crosta è infetta,
usati, come assorbenti,
e gettati via consunti nelle ossa.

Idillio

Ed il bambino col camice
ingoiava dall’orecchio
un’essenza liquida del colore blu.
Poi è uscito, è andato in un prato penso,
e s’è messo a dipingere
una vela bianca,
circondato da ragazzi per lo più
tossicodipendenti,
e a tutti i costi voleva la loro attenzione.
“guardatemi, guardatemi!”.
Pensò che con quel quadro
Avrebbe potuto dimenticare questo bisogno,
perché non solo dipingere
lo distraeva in maniera fenomenale
dal contesto del qui e ora,
ma lo proiettava in un mondo ed in un se stesso
migliore, di luce, continuamente
in ebollizione e auto-emanazione.
“Guardatemi, perché
non sono sicuro di essere reale;
Amatemi, sono sicuro di contenere
un pezzo di pietra che è dio”

e ringraziò poi una donna di trent’anni, con i capelli
arancioni e il vestito rosso,
probabilmente del segno dei pesci,
per non essersi astenuta
dal fargli notare questo difetto
-s’erano conosciuti in sogno. 

Il mago (iv)

Potevi essere maledetto
e così hai scelto.
Potevi alla rincorsa continua d’un salto
dall’infuori di te a dentro te
e così hai scelto.
Potevi essere poeta e così hai scelto.
Solipsista come una nocciola sotto variopinte foglie,
egotista,
mago.

Altre volte tutto il suo sistema metempsicotico
crolla
come un castello di carte ,
tuttavia ci vuole poco tempo per ricomporlo.

Ho perso la retta via?
Ho trovato la retta via?
Sono io la retta via?

È che saresti dovuto nascere in un libro,
in un fumetto in bianco e nero al più.

È possibile però
che stiamo continuamente
nascendo e morendo
nella testa di dio padre eterno
e dunque trova un modo per uscire fuori di lì
e sacrificarlo a te con un abbraccio e con un coltello,
a te che sei lui.
È anche possibile che dentro dio padre eterno
ci sia uomo figlio eterno
e l’uno non esisterebbero senza l’altro,
come la ruota di Yin e Yang.
Ancora, Dio potresti essere tu stesso
che immagina ogni cosa
e da ogni cosa intorno è immaginato,
e che la somma complessiva delle anime
di ogni singolo semos (in greco) di vita nell’universo
sia dio.

Gli Aristocratici

Diventare filosofi
perché la filosofia
è difficile e meravigliosa
Gli intellettuali e gli artisti del secolo nostro,
quelli veri,
possono lanciarsi ancora più avanti.
Hanno alle spalle un tremendo senso del sé,
del magico labirinto pansessuale dell’io.
E dunque portano avanti
e i flauti e i clavicembali
e i big muff e i sintetizzatori
in una grande boccia
sulle spalle legata

Non sanno se meritarsi o meno il proprio posto,
non avendone più uno,
e son passati da aristocratici a rappresentanti,
salesman,
costretti ad una propria partita iva
come un laccio nei coglioni,
oppure cantano tra le fila operaie
o dietro le catene di montaggio
nei campi
tra le vigne
tra i banchi
o nelle associazioni di volontariato
e li piangono, anche, cercando le loro vecchie
vesti di seta
e autoritratti
e mezzibusti

Il mago (iii)

Vecchio, vecchio, vecchio,
gli anni li strappi dal cranio della durata
e te ne riempi la bocca
come erba per una pecora.

Per sentire, per sentire.
A volte è possibile scomparire e ricomparire.

Come se la caverna fosse infinita,
come se la caverna infinita fosse.



Pensieri Cristologici

Penso che potremo essere noi stessi Cristo.
Penso che Cristo sia, nei testi sacri, una metafora – certamente stilizzata, mitizzata, grottesca- dell’essere umano.
Ed in quanto tale descrive l’idea di un mondo avulso dalle tavole del monte Sion.
E di Gesù credo anche se ne senta parlare di continuo in tantissime mitologie diverse, nel mondo,  essendo principalmente un luogo della nostre psiche esternizzato, sputato fuori a forza sui testi sacri.
Non concentratevi sulla cristallizzare alcunché in una forma. La crisalide è buia, contorta, bloccata a priori.
La farfalla invece ha un giorno solo di vita e sarà assolutamente abbastanza.

Come ‘nduja

Mattina fortezza inoppugnabile sei
e mi avvolgi
come se fossi una donna nuda.
Cosa ci sarà mai sotto il lenzuolo?
Il mio pene, turgido e vispo, appena sveglio
e sotto ancora
la tensione che mi tiene in vita nel corpo.
Euristica volontà di porre fine al disgelo,
mi rendo contro di non essere bello.
Spesso desidero un’isola abitata solo da me stessi,
poi capisco d’averla davanti.
E ti vedrai in un futuro non uomo
ma terzo ed unico occhio
slanciato a comprendere
in uno sguardo solo
tutto lo scibile,
voglio bene a tutti.

Anno dopo anno avvicino le essenze
e rientreranno in una sola ampolla,
mi sognerai?
Ed in sogno, cosa vedrai al posto di me?
Non è forse un’unica macchia annacquata
con troppe forme di mani
e bruciante come fuoco dell’Etna, come ‘nduja?

Rapace

Non so se vomitare o meno
proverò invece a riflettere ancora
sul nostro passato.
Mi viene da pensare che la prima ragazza
che ci ha lasciato
era il seno di nostra madre.
E poi t’appendi e in stasi stai
misterioso rapace offeso. 

Miniera

E sempre freak, tra i freak sono stato.
E adesso è un’onda che tengo in mano e controllo
questa fondamentale qualità dell’essere tagliato,
tra i tagliati,
dalla percezione semplice, effettuale o sociale.

E a volte potrebbe non essere l’oro o l’argento.
Li han fatti tutti ammattire uomini bianchi viscidi
e dunque in miniera!
E sterminiamo questi popoli,
insopportabili e colpevoli
d’avere una storia antichissima.

Euforia #21

Quante ali hai non so neanche più,
erano 17? o 19?
E quanti tentacoli….
Ti muovi su due gambe
perchè costretto dalla gravità materna
eppure non sai non essere felice.
Non sai non essere felice.
(un topo salta da un albero
a un cestino della spazzatura
e già rosicchia davanti “Le Palais Des Congress”
a Parigi)

Pensavo tutto il tempo karma o samsara
e tu li hai sorrisi entambi, australiana o americana.
E l’anima diventa chiaramente percepibile
come grosso calore nel petto.

Non sai non essere felice,
picchi r’accussi a statu ‘nsignatu
di la vita
di li nemici, 
ie dda to famigghia
e di l’amici
e di li ziti.

Le Vigne di Epernay

Le vigne di Epernay, le vigne di Oiry,
le vigne di Vertous.
Colorate come la dea Cerere
e le prendi  e le mani t’inzuppi di zucchero,
e ti tagli tutte le punte delle dita.
E chi sorride se non gli Anarchici
al vento, sperduti come pellicani?
Chi sorride se non la ragazza spagnola?
Le vigne di Epernay, le vigne di Oiry,
le vigne di Vertous….
Assaporale come un sogno
in cui nessuno ti vuole svegliare,
sai che sembrano verdi ma non lo sono.
Sai che il sole sembra un sole,
sai che il cielo sembra un cielo.

Bis:

L’io Bambino, L’io Bambino,
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH.
L’IO BAMBINO!
E tu poeta sai urlare bene in forma scritta,
sai cucinare,
sai sorridere,
sai abbracciare.

Le mani delle donne e le donne,
le mani piccole andranno bene.
E ti guarderò a lungo
a lungo ti guarderò
e neanche ti saluterò
e non dirò neanche grazie
perché escluso o come se
messo in un angolino del cappello sociale.
I miei compagni si chiamano infatti freaks,
e irrequieti, e nevrotici con manie del pulito,
e gli alberi tutti, e i maiali.

Complesso sistema di pianto. amen.
Complesso piangere stesso. Amen.
Lame lanciate da lame lanciate da
Dea Morte e Dea Vita,
mettiti il cappotto lungo,
il cappotto smesso, liso.
Sii dunque nudo, sotto, e immensamente
estasiato dalle percezioni.

************************************************************

Povero Kevin,
che si bucava
e decantava il suo acquario ascendente sagittario
come un trofeo,
e adesso gli cade dalla tasca il metadone
e un singolo cotton-fiock macchiato di sangue.
Con tutti i polsi che cinque anni fa s’è tagliato
per una ragazza ma adesso è passato
e la sua anima prova a brillare
-potrebbe anche seguirci-
e ride e si agita tutto.
Mannaro, angelico, demoniaco.

E suo cugino Sebastian (XIII, V, III, XV, XI)
con una bambina bionda a carico
dice che le fa da padre e da madre, e nient’altro.
Ha dentro un mistero impalpabile, prova a ridere,
ha anche due code.
Guardava la morte, il diavolo, e dentro tremava
ogni enigma è infondo descrivibile
con pochi gesti.

E poi Qin Qin (V, XVIII, III, XX)
nato il cinque aprile,
mi mostra i buchi che ha sulla costola destra.
Dice che ha avuto un tumore
e che spesso litiga con sua madre- lei non vuole che lui
continui a fumare sigarette o altro.
Ed ha le caviglie più magre della russia leninista
corregge la birra con il liquore
ci sorride e ci offre un giro
della sua zuppa calda quotidiana.

E non hanno nessuno su cui inciampare
perchè abbandonati d tutti
l’unica casa è il mondo
o la loro tenda rosa sporca di eroina
vicino al fiume.

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E forse è così che voglio vivere,
forse le persone di cui ho bisogno
sono già intorno a me.

Appeso alla vite
sta un seno di grappolo d’uva
fai ben attenzione a tagliare il giusto grappolo.

E poi anche oggetti come grappoli,
parole come acini,
tutte queste cose….. e te le porti dietro
paguro.

La maestra Pina mi aveva anche detto
che quando parlavo sputavo.

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Corri corri corri
questa bellissima naturaleza.
Alce che in manicomio risiedi
adesso sei uscita fuori
a grufolare il prato
con le tue corna legnose.

I giochi sociali
credo di non avere mai veramente
capito le regole.
M’abbandono a quest’io di ferro
che sbatte e attrae e respinge.
Tutto è rota
tutto è rota
che gira
e innamorata di se stessa va.
Hai nelle mani un caos blu e verde
scatenato così debole e onesto
e forte e fortissimo.
Ma comunica male
pur parlando correttamente.

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E a volte le persone non sai ciò che hanno passato
e dunque
sulla metropolitana
li vedi sclerare e sdentati ma bellissimi.
E tutte parti di te la volta celeste contiene questo e altro.

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Che cosa hai imparato, o allievo?
Quale lezione preziosissima eppure minuscola,
piccolissima,
hai oggi messo nella saccoccia tua?

Che la vita è una lunga veglia di sonno buio
con gli occhi aperti,
inframezzata a volte dalla verità, che sta nei sogni?

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E poi si va di nuovo vivo è il mare in te,
Tommy sorride con gli occhi obliqui da pesce
s’è lavato con l’acqua di un fiume
ha fumato
s’è addormentato russando nell’io più avulso e junglare.
Asia invece è maya donna distratta e vera
non so per cosa continua a sentirsi in colpa.

Gli altri fratelli e sorelle ora distanti,
i biondi e tedeschi,
gli acitani riccioluti o occupanti,
i trecastagnoti tatuati e mai così
collettivi nel sorriso di casa con tanti gatti
e di Etna.
Gli altri fratelli e sorelle,
lo scheletro, così simmetrico
nel suo ultimo giorno d’ottobre,
e il serpente,
già vecchio, aristocratico, alcolista, gemello.
Il gufo, che da rimpianto in rimpianto
adesso cammina
per dimostrarsi a se stessa,
e poi l’attore, con il pungiglione, naturalmente.

Ricordare ti fa male, vecchio stronzo,
ma hai anche la luna dietro e
dunque andrai avanti
a tradurre sofferenza in serenità
come un testo greco o latino.

21 Settembre

Poi in realtà
la madre è la terra
fecondata dal fuoco dell’intuito,
che è il padre.

Fratelli fratelli miei
in me conservati
in una stanza che non esiste. 

Le Maison-Diev

Tutto s’andava evolvendo,
ho freddo o grande padre
ho tanto freddo,
ed uno spirito di bastoni e spade affilato.

Le Maison-Diev.

La dolce rinascita
allorché la testa s’è aperta in mille fasci di luce
e ne siamo usciti rotolando
come giocolieri di corte.
La dolce rinascita allorché funesta caduta
e fulmine rosso e giallo e verde
ha ucciso il Re e liberato i servi.

Esploderò, con capelli siciliani
carezzati dal vento
vestito da foresta.

Quarto dialogo, tra il Dott. Torrisi e il suo paziente Salvo, sull’essenza visiva delle cose.

Salvo:
“Permesso?” chiede salvo,
un onesto muratore vestito di tutto punto
ultimo grido della moda “Caterpillar”
per operai e mastri muratori.

Dott. Torrisi:
“Si accomodi, ssigno’ Ssavvo”
E Salvo s’accomoda dunque, in una poltroncina grigia,
con lo scheletro di ferro nero e senza braccioli.
C’è un gatto su uno sfondo viola
che potrebbe benissimo essere stato dipinto
da Dante Gabriele Rossetti.
“Alluora, Ssigno’ Ssavvo, mi dica”

Salvo:
“Dottore, ho un po’ perso il senno.
I sogni vanno alla grande, adesso.
I problemi di cui abbiamo ampliamente discusso
la seduta passata
sono scomparsi”.

Dott. Torrisi:
“Oooh, sugnu cuntentu. Minchia però,
ie pazzesco u sai?
Sii ll’unicu ca veni e iu ci pozzu fari
annicchia ri psicoterapia,
ll’unico sii!”

Salvo:
“Di questo la ringrazio infinitamente.
Sa che è un piacere condiviso.
Ad ogni modo, dottore, sto lentamente
perdendo la vista. Credo di star perdendo la vista.”

Dott. Torrisi:
“Tu? Tu ca ci viri megghiu r ina linci?

Salvo:
“Non parlo di quello… Parlo dell’immagine interiore delle cose,
mi sfugge.
È come se degli esseri umani percepissi
solo l’anima e niente forma.
Nel momento in cui distolgo lo sguardo
o chiudo gli occhi,
ecco che scompaiono.
E dentro mi rimane solo un’apparenza, un fantasma,
un lenzuolo con una sagoma al di sotto.
So che sono loro, ma non hanno più una forma definita, capisce?


Dott. Torrisi:
“Minchia! Cosi seri su!
Penso ca ci putissi macari mentiri
annicchia ri impegnu supecchio,
quando guardi alla realtà”
ed adesso il Dott. Torrisi,
grigiastro e bucherellato da un’acne giovanile
risalente a 48 anni prima,
decise che si sarebbe sforzato in tutti i modi
di parlare un italiano regionale varietà sociolingiustica
del versante nord orientale dell’Etna,
per dimostrare il suo coinvolgimento emtivo/filosofico
all’intrepido Salvo e a se stesso.
“U sacciu ca nunn’avi forma, la realtà.
Semu noi autrci che gliela, come dire,
impichiamo su.
Macari iu fazzu fatica a ricordarmi
per filo e per segno i lineamenti, perché
stanno nel momente presente. Ddocu.
No ‘ndo passatu, ie mancu ‘ndo futuru.
Ie macari ca su ammiscati ‘nda n’unicu tumpuluni,
non su i stissi.
E u presenti macari ca u cecchi ppi na vita,
mai t’arriniscerà ri viririlu!”

Salvo aveva intuito, con le sue grandi doti d’ermeneutica,
il significato nascosto nella voce rauca del Dott. Torrisi.
Tuttavia, sapeva di dover portare adesso un fardello
ovvero sia
la percezione di una realtà maggiore,
fatta di blu spirito e di forma cangiante, inafferrabile con gli occhi.

Salvo:
“Sarà il suono a salvarmi, forse.
Forse nel suono, che forma non ha, ritroverò il complesso sistema
che rende materiale e finita qualcosa che non lo è..”

Dott. Torrisi:
“Capisco. I cristiani non su musica però”

Salvo:
“Dipende dal punto di vista, dottore.
Comunque la ringrazio per il suo tempo
e per i suoi consigli, che sempre giungono
all’occorrenza.
Vorrei a tal proposito raccontarle un sogno….”