domenica 28 febbraio 2016

Euforia #18

Euforia #18
(siete tutti miei, siete tutte mie)

Gialle iridi sonore
discernere la situazione sociale
dalle dita sul clitoride,
animati da vittimismo.
Gialle iridi celesti
che scorrono e scorrono
e scorrono
nel flusso.

Poi mi sento sotto il Grande occhio
un ribelle.

Osannando di nuovo gli anni’90
stiamo diventando Vintage.

Siete tutti miei e tutte mie,
estensioni di me mentre vi abbraccio
o annuso i vostri fiori,
vi collezionerò, vi bacerò,
ballerò con voi sotto la luna,
ci toccheremo
suoneremo strumenti analogici
o digitali.

Ingozzarmi di che?
Tutto
o
niente.

Ed ecco un’ambiguità di volti di coppie
con le pance vuote
e le mani piene di spine,
vi odio e non vi odio.
Puzzate di demonio,
non s’interrompe un’artista.
Riscritture post-moderne di drammi
di superficialità estrema,
siete tutti miei
siete tutte di mia proprietà.

Euforia, euforia, euforia.

E sciacalli
e di nuovo sciacallaggio semplice
persi nell’Arca che vaga ovoidale per lo spazio.

Di cosa ci nutriamo se non di sogni?
Sbaviamo come bruchi di plastica
in un ventre argentato,
sono tutti simboli, sono solo simboli,
siete tutti miei, siete tutte mie,
lode ad un automatismo con il quale
idee sotto forma di segni
stanno prendendo forma.

giovedì 25 febbraio 2016

Contro la civilizzazione che mi ha messo in mano un ipod

Contro la civilizzazione che mi ha messo in mano un ipod

Contro la civilizzazione che mi ha messo in mano un ipod
accendiamo un fuoco, bestemmiamo forte, guardiamo l’Etna eruttare,
ci rotoliamo sulle fiamme vive
qualcuno urla come un folle
altri gettano foglie nella brace (siamo felici, e antichi).
L’idea di una chiesa che serpeggia Dei
in mezzo al cataclisma della mente
sì, è da mettere al rogo, ed è ciò che abbiamo fatto letteralmente.
 Però c’era anche il messaggio proto-anarchico
del romanzato Cristo
e quella s-visione dell’Apocalisse.

Contro la civilizzazione che adesso si è liberata
dai vincoli aristocratici di fede in uno spirito che cresce
in una mente che cammina da sola e non vede ma sente,
dal rovistare l’infinito come magici topi,
e adesso sforna tentacoli pansessuali superficiali
di cenere di cervello.
La maledico,
la maledico due volte.
Non c’è niente di bello nelle istituzioni.
La burocrazia è il braccio non armato della legge, guardatevene.
Vivete come cazzi di cavallo
che penzolano tra gambe non vostre
in una terra continuamente derubata.
Sia salva l’idea di una distopia
in cui un sogno d’estinzione
è contrapposto
alla vostra incapacità sociale
di creare bellezza dalla natura.
E non sto generalizzando.
Apprezzo anche io gesti di fiori di donne
vestiti, carisma,
scorrere tutta la mia musica su un touchscreen,
parlare catanese ad un porcaro

Macchiati la maschera migliore
dell’unto peggiore (puoi cercarlo sia dentro che fuori di te),
e osanna la libertà non capita, non amata,
ma osannala con un’umiltà,
poi la tua testa diventerà l’arco di luce universale
che realmente è, ma non lo saprai mai.

Piccola parentesi a tema: il non-io

Il non-io è tuo adesso, devi solo
tagliarlo via da te con un coltello sacrificale.
Da quel momento potrai baciarlo e abbracciarlo
ogni volta che vuoi

martedì 23 febbraio 2016

n.19

n.19 

I giovani amici
stanno male
rattrappiti in una ragnatela di ferro.
(Jim sta impazzendo)
Ad ogni contrazione
del mostro dentro
un po’ di tessuto si sfalda
e sanguina,
su qualche scogliera
un’onda si sta infrangendo
sotto i raggi della mattina

Perché questa fontana
è diventata
una palude?

Un pesce pappagallo
arancione
mi sorride
soddisfatto
prima
di divorare
mezzo corpo
di un merluzzo
galleggiante
in quella melma
verde militare,
dove anche Holly sembrava
una creatura
esaurita dal tempo
ed inquietante.

Ripenso alle vecchie poesie
di quei giovani amici
mitragliati nello stomaco
dalla società,
anche loro brandelli di se stessi
che fuggono
l’immensa ombra della realtà

Chi ti ha osservato a lungo
chi ha avuto cognizione
di te a lungo.

Ovviamente
non riesco ancora
a capire la verità

Tutta questa è solo
una battaglia
che non finisce mai.
Certo, disse il saggio
sfumacchiando immagini
da una pipa indiana.
“La monotonia è un pegno
di sincerità”, disse.
Ma quanto e fino a quando
le nostre ossa fatte di idee
e spudorato sudore
e ali rotte
reggeranno?

Si deve pagare il destino!

Piuttosto
non rinuncerei mai
a me e te a 6 anni
che cominciamo a sperimentare
la sessualità

Poi ci hanno sparato
a tutti in testa.
Storti meticci
con elmi fatti di sorrisi,
parole, meschinità.
Non serve a niente
toccarti le cosce
se
non
si può
immaginarle

Noi giovani amici
tributari dell’ombra
e del Jack di Spade,
figli perfetti
imperfetti
della luna nera,
torbidi come il sangele,
assiderati
nel buio invisibile ghiaccio
del vecchio campo di grano

Purtroppo il grande urlo
ha lacerato anime e petti

Non mi trovo
nuovo

Certo, le tue unghie
avrei voluto sentirle
sulla schiena
piuttosto che sotto la pelle,
ma è una fragilità questa
fondamentalmente illusoria
e priva di alcun senso
se paragonata
alla profondità
del pozzo
del nostro io.

Coscienti di ciò, noi,
giovani amici
scarlatti, a stento umani,
ci imbarcammo per la grande guerra
dell’io contro il non-io.
I poeti, schierati nell’ala sinistra
su cavalli fatti del loro egoismo o egotismo
 furono i primi a cadere,
macellati da proiettili
d’incredibile noia o
d’incalmabile incompletezza.
E nell’avanzare delle truppe
ragazze a volte troppo di sinistra
con cuori vuoti e ammaccati
cercano cadaveri
con cui stendersi un’ultima volta
e dormire.

Noi, giovani amici,
fummo tutti insieme
per un solo lunghissimo istante
nel gazebo grigio
della morte,
specchiati in niente,
sovrapposizioni
antecedenti
e successive
la nostra consapevolezza.

n.17 (preludio alla 19)

n.17 (preludio alla 19)

Una bocca che è la mia
adesso
è secca
chissà perché morire.

Dalla sorgente brillava
qualcosa
come l’infinito tra due numeri,
guardarlo
con i nostri occhi
è impossibile.

Mi sento un po’ John Donne

Fluifort,
sigarette,
il tempo che passa
noi cemento armato
fra noi

ho tentato
ho tentato
ma nell’occhio del ciclone
tutto avviene
troppo lentamente

Un albatros
immenso

La pelle cade,
tutto si asciuga prima o poi.
È triste l’alba
ogni volta mi appare come una guerriera
morta
sul campo di battaglia dell’anima,
anche queste parole
potrebbero benissimo essere
un ponte
tra qui
ed un significato
molto più profondo

Scandalosa la meta-arte
che precede l’arte,
Laurence Sterne
ride

lunedì 22 febbraio 2016

Mi distacco dalle percezioni

Mi distacco dalle percezioni

Vi è una piramide posta al centro,
piccola. Ruota su se stessa.
Il mio corpo non è il mio corpo, bada,
è che mi ci sto affezionando troppo.
Ed io non sono il mio corpo, apparentemente.
Ma se ho gli occhi dentro la testa, professore?
Se ciò che  vedo è proiezione?
Allora vi sono due corpi, forse, uno rinchiuso nell’altro.
Mi sembra l’ipotesi più convincente.
Una piramide posta al centro, piccola.
Non sono altro che un albero schizofrenico
convinto d’esser uomo, un pugno di terra polveroso,
un sasso di S. Maria la Scala, robe così.
Non è possibile distaccarsi dalle percezioni alla mia età, e concludo.

Anche Eco se ne va
allo schiudersi malinconico del nuovo secolo.

In macchina con i migliori amici e le loro volatili donne,
in macchina vestiti da mesti abbandoni,
farsi rapire dal gentil sesso era un gioco divertente 
fino a qualche tempo fa.

Io ho troppo poco orecchio musicale però,
non riconosco neanche una pentatonica.

Cosa succede se mi lascio cadere, eh?
Ora, via da tutte le braccia magre e femminili
che mi si allungano addosso,
se uccido il me stesso bestia taurina,
se rinasco come purezza di luce?

Collegandoci all’anima, che è eterna,
collegandoci a lei una sola.

Before you eat the orange
make sure you alter your state of mind.

Vibrammo come colpi di spada
sferrati nel vento di Osaka.
Tempo, tempo, tempo.

Shelley sotto forma di satrapo negro
telefonò a Baudelaire in un sogno.

venerdì 19 febbraio 2016

In innumerevoli notti di luna

In innumerevoli notti di luna

Sei eccelso.                           
M’innamorerei di te ed in innumerevoli notti di luna
giacere insieme.

L’androgino statua sfocata
passo una mano tra i suoi muscoli lievi, da kuros greco.               

I pescatori stanno sciogliendo le reti.

Gli Alcest facevano una gran musica di quei tempi.

È scontato. Vai via dalla bocca ormai come il sapore
d’un miele di sangue,
oh, comincio finalmente a vedere la brace
del mio sterno
ora che il fuoco è quasi spento,
ci cucineremo sopra
na para ri caddozzi ri sasizza
per impedire al fiato
di avere un buon odore d’alta società
a cui non apparterrò mai

Io sorreggo – in questa sede –
la bellezza stessa.
Sì, separando lo spirito dalle membra
come hanno provato a fare più o meno tutti.
Quando in una mano potrai tenere l’universo
senza aver paura che cada e si infranga,
e sarai diametralmente opposto
al te stesso di otto anni,
al te stesso di sei anni,
che strappati, dissolti
dal tempo nel gran miasma
si allontanano a dismisura.
Eppure, non ho mai sentito la presa delle loro mani
cedere.
La semplicità onnicosciente
incosciente
pre-linguistica
a-linguistica.
Perché il linguaggio è la gabbia
grazie alla quale
possiamo non solo capire d’essere in gabbia
ma anche
descriverla, questa gabbia, e con bellissime parole
inutili come cani randagi in branco.

Vivremo l’Apocalisse da vecchi.
Assisteremo, testimonieremo le sette trombe
con le Vans ai piedi.
Eh sì, la nostra generazione è tra le peggiori.
Non si è più in grado di prendere una decisione con la giusta forza.
Facciamo schifo e per di più crediamo di saper ballare!
Posti su una spaccatura 
tra una realtà moderna/post-moderna 
e un’altra che corre verso il vuoto di questa pallida e pretestuosa τέχνη
volpe matta strabica che ha perso il senso
della sessualità come templio dalle innumerevoli colonne
e allora non fa che sbavare
cavalcata da perdita di contatto con il corpo,
staremo a vedere.
Se sai ancora ritornare onda
che sfrange gli scogli, se ancora t’accorgi d’esserci tu
disciolto in quell’acqua salata,
la società può anche crollare in un abisso blu, non ti tangerà.
Se ancora sai prenderti per i capelli da solo
ed in una dimensione astrale e purificata astrarre te stesso
a tuo rischio e pericolo,
il pungiglione non ricrescerà.

Sei eccelso, e bellissimo.
M’innamorerei di te ed in innumerevoli notti di luna
giacere insieme. 

martedì 16 febbraio 2016

Iceberg, primo movimento

Iceberg, primo movimento

C’è stato un momento
che si ripeteva di continuo
Peter Gabriel cantava “…. And all this time
has passed me by, it doesn’t seem to matter now…”
e m’immedesimai a tal punto nella sua voce
da vibrare con le sue increspature
trasformando la mia pelle in oca d’argento 

Cadendo morbidi da un acquedotto romano
come piume tra le nuvole,
fatti consolare da parole di fango elementare
senti il peso della mia bocca sul seno?

C’è un mondo dentro una sola pagina.
Un gesto che è assolutamente creativo
nel dare vita a forme
prima che a immagini e concetti

Talvolta si è stambecchi impavidi
impaludati dentro frasi che sono caverne
collegate direttamente
alla rete dell’inconscio più automatico,
derivando dal mito sepolto dentro e dietro la carne
un Logos innanzitutto
che servirà a trasportare i morti
dal fondo alla superfice dell’iceberg

domenica 14 febbraio 2016

Dieci dee nude danzanti giovinette dimentiche della parrocchia

Dieci dee nude danzanti giovinette dimentiche della parrocchia

Lacrime piante da dentro a dentro
c’è del cielo tra i tetti.
Questa paura è roba d’un momento
e te ne accorgerai a breve.
Devi mescolarti
e stare tranquillo.
Accattivare la tua stessa anima
così facilmente radioattiva.

Mi fate schifo
ma vi assaporerò, vi sputerò
e ne riderò con leggerezza.

Ricordo un Aaron con la pelle nera
nascosto tra i tavoli del Gassy Jack

In un mondo rugginoso
teste di cazzo modelle
con seni e cosce magnifiche tuttavia,
picchierei i santi uno ad uno.

Attraverso il sesso tra due donne
che guardavo ai piedi di un letto
(how in the earth did i end up here? )
mentre le loro lingue s’incrociavano
beate di saliva, le vere labbra s’induriscono un poco,
una mano sulle natiche mie,
corpo, corpo, corpo,
tutti bagnati
“Chi si siede qui?”
“Più che amarvi a volte vi accoltellerei”
Che significa?
Mantra di gambe e fiori umidi
e queste due donne e io e quella dentro di me
tutti sotto lo stesso lenzuolo rosso
sono molto eccitato

Disseminando senhal
più alla Mallarmé che alla Dante
ammicco
al corpo lucido e vigoroso
di George Gordon Lord Byron
in una Venezia ottocentesca
c’è una malattia che ci accomuna tutti
ed è la percezione

Dal cervello.
Dal cervello, con affetto.

Così circondandomi della coda
aspirando ai celi dentro le membra
è un’eclissi
ed un eclissi sarà ogni volta
tornare da unico Arconte azzurro
a due differenti templari protoss

Candidando il cuore alle prossime elezioni
dell’intero organismo
lo stomaco specchio d’istinto fuoco
etichettando vagliando
che cosa ne reterà
di un vecchio 着物
blu e dorato
se mastichiamo fino in fondo
il legno del pino più oscuro ?

Devi saltare il fiume
e non mentire,
macchiare la terra
con immensi test di Roschach
è un vortice che non avrà mai termine

Come sempre mi basta un secondo per ritornare a te,
piccolo scoglio bruciacchiato e snello
perduta, perduta
quando per Park Place
ti avevo mia e camminavamo con Nujabes
dormendo in un metro quadrato di letto.
È tutto una amalgama ingiusta ora,
la tua faccia che perde i contorni
come il castello di Cardiff
le nostre forme complementari come un tetris
adesso costrette a riadattarsi per nuovi incastri,
di tutto ciò resterà nitido
solo il nero della barba di Vittorio.

Comincerà un nuovo ciclo di notte e giorno
dove mani congiunte
sanno separare
bisogno da voglia
e in tante piccole cartelle
ordinare l’ansia per il futuro,
l’angoscia
di non essere più adattabili
di non centrare le aspettative
degli altri, delle altre, l’idolo Lorenzo che brilla,
d’essere trucco e non volto
macchia e non segno
Jacobson e non Chomsky
Dumbledore e non Snape

(Mystline),
Vivi è un esistenzialista a tutti gli effetti.

Ricordare momenti gioiosi è molto molto meglio
di rispolverare questi pungiglioni imbalsamati ed odiarli.
Scompariranno mangiati dalla luce interiore.

Come Frodo invischiato poco prima di Cirith Ungol
uscirò anche io dalla bieca crisalide dell’ultimo inverno,
i sogni sono totem con cento teste e ognuna ha la mia immagine riflessa negli occhi.
Ho bisogno di un apocalisse, ne ho bisogno da troppo tempo.
Nel senso etimologico del termine.

Scalfirete il vero me?
Lascerete scalfire il vostro vero sé?
È una calda materia
stipata piano nel corpo.
Non la puoi controllare.
Ti farà credere di avere
la coda
gli artigli
dieci anni
o dieci anni di più

“Questa statua qui, questo
è un testimone.
Non urla poiché non possiede,
per logica conseguenza d’essere artificio,
alcun apparato fonatorio.
Non distingue tra liquide ed occlusive.
Eppure ha sudato tanto,
e dal suo sudore siamo comunque riusciti a trarne fuori
una mai-spenta fiaccola di stabilità.
Sì. Ciò che collega Cosmo Canyon a quindici anni fa.
Uno spazio incrollabile
inasfaltabile
mimetico ed in scala di grigi”

Facendo ben attenzione al fatto
che Socrate sposò Santippe.

La voce di Cicerone…

Non si è mai più la stessa persona.
Non osate dimenticare
ma tagliate con decisione
la carne che vi lega.
Ripercorrendo il percorso del Druido
non proverò sconforto
ma grandissimo orgoglio
di pallido sole gallese.

Forse non dovevo pronunciare la frase “l’uomo è assurdo!”
e fare del motto un tatuaggio sull’avambraccio.
Al nord come al sud pascolano senza cervelli
in pallide imitazioni europee
dimentiche di un passato illustre
assaporano leccando
gli stessi mattoni grigio chiaro
che gli fracasseranno il cranio.
Volevo volare, patire, gridarti: “Eccomi qui, sono ancora io!”
ma non ti vedevo
in un mondo dove
è la forza di gravità che ci tiene uniti.
Volevo indossare perle nuove
per suggerire agli altri
un mio personale giardino di rose
e di katane nere

è una visione che comunica
una tendenza alla violenza
di stampo erotico ed eroico
esercitata attraverso la radiolina
dei sensi miei
e la comunicazione,
un’affermazione della psiche
fatta di pensiero-immagine
e di ultra-sensi
e di corpi che si toccano e si sfiorano ancora
mentre dita solleticano
sintetizzatori Roland o cupole carnose
alla sommità di cascate d’acqua,
dieci dee nude danzanti giovinette
dimentiche della parrocchia.

L’io femminile va prima di tutto
scisso ed individuato
(mi pentirò di questa affermazione)
separando
la destra dalla sinistra
il corpo dall’essenza del corpo
lo spirito
dallo spirito dello spirito

Euforia # 17

Euforia # 17

Elefante
o
sassofono?

Sopravvivrò fino alla fine del libro. 

Come uno Usteron Proteron

Come uno Usteron Proteron

Credevo di credere una volta,
mentivo spudoratamente.
Donna è INEVITABILMENTE
metonimia di vita e di morte,
sì.
Poi, considerando che l’aria
spazza via la concretezza della terra,
dalle tue braccia, morbide e ventiquattrenni,
ventidue anni fa non potevo che cadere.

Rinascere e morire,
ancora, ogni giorno,
come piccoli squali blu,
non curante l’anima
della curva demografica che ucciderà l’uomo.
Vedete, critici?
Andateveli a sfogliare tutti, tutti quanti,
dal primo momento,
non noterete presenza di senso totalizzante e completa.
È un continuo spacchettare i regali dell’inconscio.

Vivrò masticando me e te e voi e loro
come ho sempre fato.

Stamane mi ha svegliato Jung
proclamando
l’infinito dentro e fuori di noi
litigando con Freud su una nave.

Sono un piccolo lieve tramite
per qualcosa d’immenso dietro le quinte.
Distaccarsi.
Distaccarsi materialmente
ed attaccarsi con la mente
in un ciclo un po’ eterno

Peli rognosi sulla schiena
il buio di fuori,
avevo dimenticato
la spontaneità intrinseca
di certe ragazze siciliane,
forse è il troppo sole
o la natura floreale troppo decadente.
Persone con cui ho condiviso
un fiore
una cima
i miei capelli
del rosmarino
una madre
una donna
una scacchiera
quindici anni
o il giapponese.

La pubblica gogna,
banchieri viziosi diavoli
si rosicchiano le alucce del mondo,
la pubblica devastazione interiore,
giocare a Total Annihilation etc. etc.

Avvoltoi occhialuti
vi dirò che a volte la vita
ti si presenta davanti come uno usteron proteron
in cui la conseguenza
precede l’effetto.
Ed allora cresce una lunga barba grigia
anche a noi
e ci si gode
uno o due minuti da profeta

Dunque, le cose di rassereneranno
ed anche a te torna sempre un sorriso.
Accordarsi sulla stessa tonalità d’Iperione
e danzare
come in Midsummer Night Dream

giovedì 11 febbraio 2016

Alla ricerca di un’esperienza totalizzante

Alla ricerca di un’esperienza totalizzante

Alla ricerca di un’esperienza totalizzante, esiste?
Rifonderla dalla testa dove l’abbiamo inventata
in una fornace di realtà.
Il mondo in una psiche che sboccia
sistematicamente
allo scontrarsi
con il suo personale mantra
il più oscuro.
Sfuggo dalle lampade al sodio
del cranio,
convinto- il corpo - che a partire da un crollo
si possa far rinascere piantine verdi di noia
o fiaccole d’odio.
Le spegnerò leccandomi due dita
perché non è né l’Antigone né l’Edipo a Colono, questa.

Adesso prenditi il tuo tempo, sir.
Le foglie rosse sono le più belle
e non cadranno.

Estasi-estasi ( sono già passati quattro anni)

Estasi-estasi ( sono già passati quattro anni)

Mano fruga cenere sott’unghie diamanti
ed io non trovo la risposta.
Non trovo la risposta.
È ancora presto. Il mondo ha meno di trent’anni
se considerato ontogeneticamente.

Funziona male quest’estasi-estasi.
Alcuni dicono che è la resina calda che ti formerà il bozzolo.
Adesso mi basto da me (?)
Chi di cosa colorerà un nuovo tramonto ?

Manchi stamattina dopo un sogno

Maledizione!
Vi è sempre stato un pessimismo di fondo tra le righe,
come proiettando l’inferno che c’è dietro e dentro
davanti.

-Sapori e devastante mollezza.
Il colpo ridonda
ma adesso va fuori di me,
almeno credo.
Tutto.
Tutto.
Il giocatore ha vinto.

Per i polmoni di grigio miele
per il corpo rugiada
l’otturatore, click,
e nel frattempo ogni uomo
non sa come evitare
di vedere se stesso rivoltato come un guanto
se non sopprimendo quei suoi occhi ventricolari

I problemi, i drammi di chi ha i soldi
si snocciolano in un apparato tanto vasto
quanto quelli di chi non ne ha.
Ma, tra tutti e due, a pochi ho visto balenare in mente
l’idea d’afferrare questo sasso grosso, ruvido, vero, verissimo,
e con la sua verità scalfirsi la pelle, sanguinare un po’, rinascere buoni.

Sono già passati quattro anni,
sono fiero di questi quattro anni.

martedì 9 febbraio 2016

Selene

Selene

E vedevo di nuovo al contrario
le cose stilizzate da penne
che non mi appartengono.

Le donne piangono da un balcone
o dalla sommità di scale
comunque sempre da un luogo sopraelevato.
Piove.
Piove a dirotto.
E la pioggia è dentro di noi,
come manifestazione di generale pesantezza
da cui né operai né nobili fuggono

Poi la crisi di un sole
che sputacchia affascinanti verbi
come spruzzi d’acqua marina,
non sarà mai semplice dire con certezza :
“Io sono io; Tu sei tu”.
Come non è assolutamente corretto
affermare così, con la spavalderia di un muratore abbronzato,
“Io sono io quindi tu sei tu”
Contrariamente a quanto ci verrebbe da pensare,
anche l’affermazione:
“ Io sono te; Tu sei me”
è un vero disastro.
Simbiosi. È un osso, è il mio osso.
Stare a guardare l’estasi.
Non sono Vitangelo Moscarda.
Non sono tutte queste scatole
piene di roba
rubata strappata alla morte
al passato.

C’è qualche mitologia dunque, qui,
nel “Selene” abbandonato ad Acicastello
che si affaccia allo Ionio in manette.
Qui, in capelli d’ambra e faccia piccola,
ramificata,
sembri di legno.
Ma non compierò lo stesso errore
di Alice davanti al Brucaliffo, no.
Questa volta afferrerò la realtà per i capelli
come la Fortuna rappresentata nei fregi d’Atene.

SPAZIO. SPAZIO
In questa mente che è un giaguaro
in tentazione però
dal vero pacifismo
che mi compone
gracile e grasso
ad un tempo.

Piccola decoratissima ipallage

Piccola decoratissima ipallage

Navigo, navigo, navigo e basta.
È come ritornare.

Sento dei capelli nuovi
castani, lunghi, con riflessi rossastri.
Un nuovo ordine
che mi suggerisce
that there’s plenty of fish
in the sea.
E comunque comincio
a levare le bende dal vecchio torace.
Grigie mucose mi ricordano
la quasi-passata
stagione marziale
tra me e te.

Lo so benissimo.
A Giugno non sono mai tornato veramente.
Solo adesso. Che bello.
È di nuovo cambiato tutto
o tornato uguale.
Saremo vestiti ancora
d’armature di polistirolo
che però non impediscono assolutamente il volo.
E non ho per niente paura.
C’è il drogato, c’è il borghese,
c’è il pasoliniano, lo stilista, l’architetto.
Io navigherò comunque
e valchirie mi seguiranno
mostrando acuminate lance
e ali di candore.

Sfuggo da una tenebra troppo claustrofobica
ed invasiva
verso una tenebra di pallida luce interiore.

Innamorarsi non era difficile,
eppure tu enigmatica come l’Egitto.

Hey! Hey!
Che cazzo ti prende?
Non sei forse sempre e comunque tu?

Ho un fiume di lacrime illogiche
e non voglio correre il rischio
di percorrerle in canoa
col primo che passa,
perché l’io è saturnino
nella pesantezza e malinconia
con cui rumina e persone e oggetti e concetti.

Nausica stella piccola
ma vagante
che snocciola
o mosche rabbiose
o eroi,
ed una moltitudine di me stessi
che vanno in tutte le direzioni,
alcuni respirano meglio di me
altri peggio,
tornano a casa sempre diversi.

Posso ricordare?
Guarda cosa sono riuscito a creare con le mani!
Com’è possibile che la creta nelle tue membra magre
non abbia ceduto?
Non compirò lo stesso sbaglio.
Non vincere te era la conquista necessaria
di un’intima miseria d’oro,
un equilibrio.
È arte lasciarsi da madre natura
prendere ed in estasi d’anima
cavalcare.

Non dico che non mi arrampicherò più sulla mimosa in giardino
con te e con gli altri.
Io sono
sensi
sensi
che scorrono,
contatto interiore
solenne continuo
all’ombra di tutto
all’ombra di tutto

Ogni giorno nella mente

Ogni giorno nella mente

Guardandomi dall’esterno non capire
lucido non lucido
da solo in una testa
e mietere e mietere
presagi nel campo di grano
presagi del tipo
svegliarmi tra molti anni
essere lupo con nuova pelliccia
nascere tulipano.

Ogni giorno nella mente
una vita e una morte

giovedì 4 febbraio 2016

Bambù

Bambù

E questa Marijuana che non ha sapore
ricorda la lunga primavera catanese. Come?

Non ti permetterò mai più violenza,
non sono un Colosseo dentro il quale
schiavi si scannano col gladio.
Non ti permetterò più di invecchiarmi
d’una vecchiaia
che non mi sta.
Come dicevo qualche anno fa,
cercherò le profetesse.

In una povertà che è ricchezza
dove
si è leggeri o pesanti,
artisti o visionari,
ricreatori di crete di psiche.

Come Michelangelo ed il corpo
che fatica ad uscire dalla palude di pietra
ed in questo sforzo patetico
acquisisce bellezza.

Che fame!
Mai avuto tanta fame!

Tutte le mie attuali radici
in una mano
come un fascio di bambù,
if you find the soul that you lost

Contro cosa cammini?
Cavaliere dall’armatura rossa
con dita ruvide e sporche
porti apocalisse, rivelazione, ansia.

I golfini rosa
i golfini rosa
le leopardate vestaglie
simboli simboli
recalcitranti
odorosi
vispi
doppi, doppi.


Primo dialogo tra un professore ed un alunno contenuti nel grande io

Primo dialogo tra un professore ed un alunno contenuti nel grande io

Correre per strada soli immensi
pianeti immensi
non voglio più orbitare.
È il mio ruolo?
Il mio ruolo?

Cercando di riempirmi mi sto svuotando, invero.
Un fiocco viola per questa parte masticante i problemi
ruminante le cose,
lentamente scinde ogni legame ogni proteina
ogni donna davanti
per permettermi di entrare a contatto
con la grezza nucleare amalgama d’io diversi
e così crescerò permettendo alla vita di allattarmi ancora.

C’è adesso da prendere la rincorsa e saltare.
Non puoi essere ciò che pensi di voler essere.
Se non tenterai di abbracciare quest’onda tutta
si ritirerà da sola

(due pagine lasciate bianche)

E infatti sto tornando a scavare dentro di me
con una nuova vanga;
nuove navicelle;
Esecrando armonie
di musica nuova,
tesori che sapevo e non sapevo esistere.
Se ho questa spada e questo scudo,
se mi sono ritrovato indossandoli
allora è da qui che devo cominciare, ricominciare.

Professore (alzandosi improvvisamente dalla cattedra disegna un occhio sulla lavagna, sembra pazzo):
“Non si tratta più di semplici simboli, no.
Non è più letteratura questa.
Pensando al mondo come pagina nera
allo spirito come pagina azzurra
l’unica rimasta bianca è il futuro stesso
come divenire di spaziotempo.
Dalla pagina la vita è uno specchio,
la mente con la mano sinistra si tiene ferma sul foglio
e con la destra si imprime a matita il verbo stesso addosso
che per proiezione diventa parola scritta.
È il linguaggio del corpo.
Analizzando non trovi che simboli
la cui intensione soggettiva
tenta e ritenta di diventare estensione oggettiva
e ondeggia, non è letteratura,
è un Odontodactylus scyllarus che spacca il vetro della sua boccia.
La letteratura che ricordo aveva il sapore chiaro del sole
e non sillabava l’ego in immagini
e serviva a divertirsi.
Loro invece, e i vorticisti, e gli imagisti,
e i cubisti, quelli dell’età del jazz,
i crepuscolaristi, gli scapigliati, gli ermetici,
i neorealisti, il teatro dell’assurdo, il decadentismo, Proust, Mallarmè,
i violini d’oro, le cattedrali impastate nel sole di Monet,
il vizio di provare a ritornare bambini fatti di fuoco,
e poi ancora i trascendentalisti americani,
i modernisti, Virginia, James, Ezra, Thomas, Dylan,
e poi ancora….”

Alunno (interrompendo il professore con un gesto frenetico della mano) :
“Ma dove vuole arrivare, professore?
Qual è il punto? Qual è il punto?
Scinda! Separi! Separi ciò che  è
da ciò che è stato detto essere.
Gli stati della mente sentimenti sensazioni
impulsi di Thanatos ed Eros
sono per tutti un grifone che nella testa svolazza!  
Non meno vivi di noi. Non noi. Noi.
Non so se sono stato abbastanza chiaro”

Professore (ridacchiando e grattandosi la pancia):
“Assolutamente no!”

martedì 2 febbraio 2016

Le Scuole Medie

Le Scuole Medie

Perché prendere rifugio qui?
Le cose smetteranno d’essere così pesanti, Sir.
Da te cadrà
quel cancro di scimmia
o almeno parzialmente
e ritornerai a respirare.
Eppure, non vedi, non vedi,
ma togliti l’elmo!
Sei pazzo.
Ho una furia in corpo
che cavalca come centauro
ma si placherà.
Tutta questa benda sugl’occhi
è una benda sul cuore
(la cui linea è all’insù)

I sogni, o li fai o li fai.
Nella fattispecie sognavo Tifa.
E passerà anche questa.

Se cominci a combattere,
dunque,
sin da ora,
quest’orangotango ingordo;
Se non avrai la fretta
di slacciare il tuo cervello
dai cardini per lasciarlo volare,
fin da ora;
Allora realizzerai quel qualcosa di concreto
che cerchi veramente.
Non la creta, non il vetro,
ma lo spirito, etereo, intoccabile, donna e uomo.  

(scusami)

Eppure, alle scuole medie,
fu un continuo sacrificio d’innocenze
ed incentivo alle stesse.