venerdì 30 ottobre 2015

E camminarono fuori da Tarderia

E camminarono fuori da Tarderia

Cadaveri

Caro Sanesi vecchio capricorno
ebbro d’imago,

è oltre
la suora che spergiura
dietro ai cartoni di pizza
su per il camino di Tarderia

Dee si amalgamano
in coro
i wanna write the self out of me
e intanto
le stelle combaciano
e non combaciano .
Non c’è una vera e propria teoria
la maggior parte delle volte,
ci si scervella
io solo
col camino
e anche le mattonelle
si dissolvono
in un soporifero ricordo
di cui non ho memoria

è stato troppo tempestivo il ventre.
Quando sia Beckett che Joyce
mi parlano all’orecchio
e tutto assume la sua lunghezza smisurata,
si srotolano sul legno bianco
queste pialle nere

D’altronde, io specchio
e letteratura
una parola così molle

Sto ricominciando a vestire un saio
le cui dimensioni
non so immaginare,
tutto è lontano
all’imbrunire del cervello.
Come un fulmine vennero
l’autocritica letteraria
l’intuizione
e la creazione
tutte in un’unica chimera a tre teste

Cosa dirà Martina

E come se svuotando
l’orto
dai pomodori migliori
il pilastro fosse crollato

Il segno della realtà
significante non ha
spalleggiato da guerrieri
d’impulsi e sensazioni
che come saette
trapassano quello che è il velo della coscienza,
e mi sorridono da una collina immaginaria
Teocrito, Mosco e Bione
vecchi arcadici cantori
di vello ovino
e di rugiada tersa

“Il suono, il suono”

Huysman povero anziano negromante

Come sorridevamo
poveri e cornuti,
travolti dalla pestilenza
abbracciati a cento braccia
amiche,
il mio mondo perde.

Alieni

Dingo.
Dingo.
Dingo.

Che semplificazione rettilea
il linguaggio
è tutto quel che abbiamo

E i feudatari continuarono,
dunque,
ad ammanettare
una per una le dita
che come cani randagi
tentavano la fuga,
tutto sta succedendo troppo
in fretta.
Passo da sirena a tesa corda di violino
a passo veloce di cervo
come se tra un secondo e l’altro
uno spaventapasseri terrificante
avesse posto un veto

Troppo influenzabile, deboluccio
e rabdomante
quest’autore qui
con la sua moleskine rossa
di carne di donna
che ama declamare
rapsodie pre-omeriche
e stazionare nei momenti d’ombra
di rimembranze interdette
alla schiuma bianca
di tutte le spiagge interne
di tutte le piccole insenature.

Come in un forno
speravamo in uno sconosciuto
volto di dio
credendo di ingannare
le iene del tempo
ed effettivamente
le tenevamo impegnate
con rose adamantine
e onde mitigate lucide
come mele

2.

Ancora la tua tendenza  
d’essere veggente
opposto a Rimbaud

Dentro la casa
il lupo perde il vizio
non perde il pelo,
a che serve

e poi mi ritrovo
soffocato
come paralisi nel sonno
cerco una via d’uscita
da queste parole
una porta,
perché la fontana zampilla
ancora?
Pensavo che i mafiosi immediatamente post-borbonici
ne detenessero tutta l’acqua…

Il labirinto comincia dal piacere
il labirinto comincia
nella pancia
della sensualità polimorfa

3.

Bisogno
Bute Park
e cielo sferografico,
le velari sonore
saranno indistinguibili
dalle aspirate labiodentali sorde

Come nel cammino verso il cielo

Non sono pienamente convinto
dell’esistenza di alcune cose

4.

Adesso la notte
maiala dagli occhi dolci,
che nuda visione….

Di certo si svolge il filo
s’arrotola alle pareti,
introdurrò il simbolo?
Ed era di vetro, il tutto,
tutto, la psiche.
Benedetta dalle visioni
anche lei.

Cosa prenderà forma
alla prossima vibrazione
di ciglia?
Non lo sapeva Hume
né tanto meno io.

Le chitarre e i pianoforti
arrostivano lo spirito
di una calda elettrica pelle d’oca

e cercare di redimere
la testa del cervo
che si spacca
contro le conifere siberiane
nei periodi più gelidi

Guardando la vita
come una zanzara
guarderebbe l’epidermide
come uomini-poltrona
che guardano il camino
attraverso un para-schizzi

5. O breve bestiario per Apollinaire

Preferisco un uomo
psichico
e le discussioni
con la cacciatrice di gufi
non so cosa ne sarà di noi
e del nostro Mosè
non di marmo di Carrara
ma di vetro

****

Adesso, adesso che tutti
stanno andando a letto
e Tarderia
è vuota di voci
ma ricolma d’anima,
adesso che l’orizzonte
dei pescatori
risuona
come la melodia
dell’amore mio
non posso esimermi
dal trasudare

****
In fondo, Apollinaire
e la sua dolcezza
mi sono veramente chiari

****
Gli eroi sono vaghe falci
trasportate
da languide morti,
la testa gira

****
Tutto si dissolse nell’attimo della fuga
tra l’ubriachezza e il coma,
questi sono i veri eroi,
questi accendini spenti
che implorano
divinità decise da un lancio di dadi,
lo zodiaco,
il mosaico apotropaico
which is meant to protect us.

Ed intanto I poeti gallesi
si fondono con i colli gallesi
a Cardiff, proprio dietro
al portone di Talybont Gates
potevi scorgere
quell’immenso luna-park di Tesco,
“Aragor” dicevano.
I “The Drums” nel frattempo
si chiedevano
se fossero effettivamente loro
a sederti accanto
o se fosse solamente
un motivo di luna

Quant’è difficile il congiuntivo….

E dire che lei ebbe il sospetto
che non mi sarei fatto travolgere
da questa piccola belva rossa e gelosa
che abbraccia un corpo
mezzo rettile mezzo elefante,
di questa ruota che gira
i critici un giorno sottolineeranno
i piccoli bambini
idioti e vodoo
nati dopo il 1998,
strariperanno menzogne
e ci si unirà al metallo  
per evitare la stroboscopica luce meditativa
sommersa come un vascello

U-bah-kin,
Cosa pensare del servizio del Megabus,
di quel leone coraggioso, buono
ed egotista di mio padre,
della sessualità di stampo epicureo
di tutto questo sale
nelle vene del dingo

****
La sua voce è un cigno che muore,
ho  dimenticato completamente
Apollinaire e la sua componente surrealista.

Verba volant.

Scripta…

****
Migliore amico di chi?

Infondo, sopravvivere
alla memoria
di iene e social network
è praticamente impossibile,
la testa gira,
la testa gira,
il corpo perde
il suo favoloso equilibrio,
siamo fatti di icone di parole
pressoché  inutili.

****
Ed in fondo a queste statue
brilla
quel dio che non pregate mai
e che nessuna bestemmia ferisce

La ricerca comincia da qui
ma è cominciata
per intuizione
veramente tanto tempo fa

Sono davvero posseduto,
sono davvero posseduto
da Eleonora Duse
e a quella principessa di bellezza
non avrei mai potuto dedicare
che l’ultima posizione
in una linea

Queste cose importavano in fondo
anche a Mario Rapisardi
anche a Wallace Stevens

Quel grosso alterego nero che eri
è ancora vivo
nel suo sforzo egotistico
di trasudare la morte
in vita

Tutte queste parole…

Ho paura, una paura tremenda
che non riuscirò
a diventare
magico,
scritto nei vecchi
almanacchi
di stregoneria

Provate a pensare alle azioni
nella loro versione di eros
e quindi positiva
quando desiderate che una metafora
s’avveri

****
Tramite l’iper-attività di tutti i sensi” disse Arthur.

Una voce migliore negli anni ’30
pose un dubbio attraverso un “Maybe
rimandando dunque a tempo indeterminato
l’invito sorridente
del suo ex-amante


Coda:

E continuai
a narrare versi
rossi
come il fuoco
da cui proveniamo,
diamanti brillano incandescenti
rossi anch’essi
devi evitare di guardare ciò che scrivi
mentre lo scrivi
se vuoi veramente che il segno
sia distaccato finalmente dal significato,
con le dita non le riconosciamo le parole,
nessun suono,

nessuna luce che illumina i colori

domenica 25 ottobre 2015

Il Ritorno di Sir Fosforo

Il Ritorno di Sir Fosforo

E nella luna mi concentravo per urlare
Non vedi che siamo martirii noi stessi?
Da quando quel libro rosso fu aperto
tutto ha acquistato la capacità di diventare tutto.

Comunica da sé Lorenzo.

Si stappa da solo gli anni migliori
in un cervello che è uno strapiombo interminabile
in cui
quei vecchi cari sciacalli con troppe facce diverse
abbiano alla luna
e nella luna mi concentravo per urlare.

Dubito che le mie figlie vedranno il sole

Come il complesso di Edipo di Baudelaire
o i calzini blu nei quadri di Delacroix,
fin da adesso capisco il piacere
di conversare con gli zombie
che ne so, di un salottino un po’ neoclassico per dire
alle cui sedie imbottite
siedono
sicuramente Immanuel e Soren
per non parlare di Hume
che aggiunge qualche zolletta di troppo
al tè, seguiti naturalmente
dal movimento Imagista e Vorticista,
da Guido Gozzano,
e da quella gocciolina
d’acqua e granelli di sabbia
che è stato Gauguin

E se a commuoverci non fossimo noi
ma il fuoco fatuo
che continuamente
muore e rinasce
all’interno di noi?
Se ne vedrebbe la luce, in effetti.
E lascio un po’ di dubbio agl’avvoltoi.

Il suono non è mai stato
il traguardo,
semmai il mezzo,
 il fonosimbolo tutt’al più

E non ci posso fare niente
se Gericault cadde dal cavallo
e trovò poi la morte.

È un infinito corridoio
di porte con numeri
disposti in un ordine misterioso
che potrebbe apparire casuale,
e Nick e quel povero caucasico monociglio
è una vita che ci camminano,
trovando nell’inconscio
le mitologie degli altri
e degli infiniti altri
contenuti all’interno di questi.

Sembra Recanati
invece è solo Aci catena
con i suoi bulgari,
ma la luna è molto di più
della sua mera fenomenologia,
un simbolo pertanto un portale
verso una stroboscopia di domande mai poste
versi mai scritti
mostri mentali mai affrontati,
Sir. Fosforo ha adesso due corna sull’elmo.

Il catarro più dolce che mai,
i segni zodiacali in fondo
ridondanze genetiche
e paradossi ad archetipo
e a volta stellata

Nemmeno il più saggio dei saggi
conosce affondo
tutte le stradine
del villaggio del tempo,
nemmeno Proust.


sabato 24 ottobre 2015

怒り

怒り

La rabbia.
Avevo bisogno di questo,
i frantumi dello specchietto
che andava a sbattere
contro i soldi nel portafoglio
di quel borghese;
Le mani sporche del venditore di caldarroste
sul mio debole petto;
gli occhi degli altri ;
la signora
che da brava mamma
consola in me i bracieri
e m’affida al suo dio.

È che lo stato
sempre l’ho trovato insopportabile,
e le istituzioni
e la dottrina
e la cultura plastificata

è un girotondo di ladri
che si battono il cinque
e bendano il popolino

Tale vomitevole sconforto
il dovermi anche io incastrare
in questo buio tetris
di bestie abbruttite
serraglio di tosse e avvoltoi
cadaverici

Una mannaia
contro la testa,
l’eleganza ormai
simbolista e francese,
mio fratello ,
sono cose che succedono
solo nel momento in cui
un nome gli dai.

Creste di sole
Giuda in una mano
e Rimbaud nell’altra

Diventerò anch’io
una tomba di sciacallo
con i denti ormai molli?

E poi Roberto Sanesi
e i suoi astratti cataclismi visivi.

Poesia d’altronde
è fuoco
ed introduzione al fuoco

Ed ecco che mi si profila davanti
breve
non ricordo più cosa

Frullando la propria testa
si ottiene
un divenire di simboli audaci

Ho capito, non ho capito,
vedo la vecchia faccia isterica
di Gian Maria Volontè
in “Todo modo”,
è tardi, le costole fanno male.

Come subordinati ad ossa

Ecco, una vergine cavalca un toro
verso una primavera di terra fresca,
un dolce languido testimone
di nutrimenti terrestri
cosa sono io se non
logos dentro ad un sacco?

Dall’altra parte
il richiamo dell’India
e non riesco mai ad imporre
questo cervello d’ossa.

Gioacchino e il catramone nel vento

Gioacchino e il catramone nel vento

E per una volta
impersonai il ruolo di Gioacchino
vestendo suit
e parlando male,
il catramone
lo accendi una volta
e non si spegne più,
tuttavia è il vento a fumarselo.

Dov’è la penna?

Pensavo e nel frattempo
riflettevo
sul mio personale
cimitero marino
o spiaggia libera
che dir si voglia

è una commedia umana,
una storiella
una novella

è una mitologia
che ricorda Walt Whitman
nella sua paesanità

i mean so strictly
related to one’s own
birthplace…

E tutto scorre e se ne va
E Alex nei ricordi
ti sei girato un attimo
e s’era fumato mezzo filtro

Intraducibile noia
è giusto dare un peso
al secolo
se il secolo
come un boia s’erige,
s’addrizza in me

Fin quando Nujabes suona
andrà tutto bene,

noi eterni con lui

Stephane Mallarmé in un plateau

Stephane Mallarmé in un plateau

e lui danzando descrive
coronamenti d’invidia
ed il viso di Mallarmé
come un saggio satiro
sospeso su coppe di flutti verdi
osserva se stesso
in un plateau

Cosa succede al suono?

Era veramente quella la risposta?

Come mi sto acquietando…
Riconosco una dimensione
meravigliosa
ed una danza ancora
mentre
circondati di luce
come in una lanterninosofia
il cerchio di luce stride

Perché pensavo e sentivo
tanti enigmi
ruotare su assi
come cubi di Rubrick
nella palude del cervello

E ci dirigemmo proprio alla fine
del lungo mare

I flutti verdastri

I flutti verdastri

Ed  è giunto anche questo
al termine,
agognato, aguzzo,
nudo.
Parafrasando i gesti
in nausee
di parole
si scorgono flutti verdastri
e al di là
un’oasi

Alphonse de Lamartine e le sue meditazioni

Alphonse de Lamartine e le sue meditazioni

O Lamartine
che ti svegli in un fiore
e taci
sapendo come sai
che la ragione
non serve più a un granchè
t’aggrappi alla tua bandiera
e descrivi idee che sanno di Platone

ed è tosto
il dilemma.
Come piante carnivore
che ti mordono
e che non hanno pietà.

La natura è
tenera violenza
e io
sono uno specchio

Alfred de Vigny e i suoi spazi

Alfred de Vigny e i suoi spazi

E oggi che è il 27
Alfred de Vigny
disse con stoica fierezza
di morire in silenzio

giovedì 22 ottobre 2015

Da Rapsodia a Epica

Da Rapsodia a Epica

Come le tenebre
che mani e dolci
ricoprivano
quest’usignolo passivo

E sull’allieva anima
vorrò passare
dalla rapsodia all’epica,
unificare tutti i racconti in una sola versione scritta

E di nuovo
una pasqua di noia
burattini sagaci
che si scrollano di dosso
il peso di anni e anni
passati
a rincorrere il fumo
su per il camino

e ancora
guardarti negli occhi
e pensare
che forse non esisti
possibilmente non esisti
e ci pieghiamo
come acciughe
in un polveroso ventre di polvere.

Liberarsi dalle zanne.

La lingua rivela
magie
o semplici liturgie
d’associazioni d’immagine,
il liceo del cervello,
uno spazio non democratico- che è una follia-
ma anarchico.

Fino in fondo, dunque,
spezziamoci la schiena
e su questa zattera
odoroso sale
e lische
e alghe

e non essere tiranni mai più

mercoledì 14 ottobre 2015

Il cipiglio di Zell

Il cipiglio di Zell

Un giorno?
Era un giorno,
fu un giorno.
Caddi e vidi me stesso da vecchio.
Non pensare ai titani rinchiusi nel tartaro
o alla storia d’amore
tra Squall e Rinoa.

--È democrazia, dunque?
Quest’alito freddo
che sgretola
i picchi più alti
e distribuisce
più o meno a tutti
tante o poche briciole
di terra ormai macchina
ben oleata
che lacrima
noia e rancore.

--Il triste cantico
dei socratici e presocratici
“L’essere” è un interrogativo
Come magma incandescente
mille sorrisetti
esausti ma soddisfatti
pur non essendo riusciti
ad ottenere una risposta

**********
Il sistema è questa rete
firmata, autografata,
avvolge i cuori e li trascina
con sé
nell’alveare della produttività
volenti o nolenti
bisogna tutti
lavorare e spendere
spendere e lavorare

ed è pace questa

Voler ricordare i sacrifici
d’una mente terribile
che s’è persa
nell’infinita armonia del caos primordiale,
i sogni,
sono codesti i sogni

Venerare dunque
che cosa,
a partire da me stesso
non è forse una radura
e fallout nucleari?

Tito Livio

Andrè Chenier
condannato a mote

Rettili, Thundaga, ancora rettili
e il cipiglio di Zell

Cirano

Cirano

Con le mani sporche di rugiada
volevo essere Thomas
apprendere dallo sguardo ferite
offrire agli ospiti
sigari esplosivi.

Devi seguire il tuo spirito.
Emanare dal corpo
un’impalpabile
aurea di grandezza.
Purtroppo questi deliri
frammenti
vengon detti
la maggior parte
resta però nascosta
in questo bar subacqueo
dove musicisti, artisti, poeti
si incontrano
a sorseggiare birra
di giallo tabacco sporche le dita
ricordando i deliri di Guy de Maupassant.

Cosa comincerà?
Da illusione a illusone,
da specchio a specchio,
non una metafora condivisa,
non un contrappunto
di gioie,
ho le sembianze di una iena ma non rido.

E comunque, Dafne,
stipite uniforme del cervello mio
che scompari e compari
sotto troppi nomi,
scuoti l’addome serena
e non punti il dito
contro certi capisaldi d’irrazionalità,
le delizie dei poveri,
la guerra,
lo schifio.
Pugnalare i presidenti,
la gente è un ammasso obeso di lavoro
che livido s’aggira masticando gli alberi freschi e verdi,
sono cosciente del risentimento
e del rimpianto
e dell’intima vergogna.
Persi e sparsi
I brandelli dell’eroismo
I deliri di Cirano,
l’ombra sotto i denti dei guerrieri

ed Alfio Lanzafame
che ha collaborato a ristrutturare
la chiesa di S. Alfio a Trecastagni.

Scomodo comodo esistere,
siete scandalosi esseri di vetro
vi potrei spezzare con un dito,
e dimenticate questa
schifosa fognatura
di sistema,
rancido coi risvoltini
e l’umanità divenuta pieghevole
ripone accuratamente se stessa
nella cantina del non-io,
poi dà una spolverata

Ed è solo annientandoci
che smetteremo
di comprendere
il bene ed il male
la mente e la vita

lunedì 5 ottobre 2015

Ultima

Ultima

O meraviglioso ossequio di mostri
o meraviglioso circo intarsiato
di poeti e animali e belve e poeti,
quale rivelazione trasporti
in questo deserto?

Era di smalto
quella simulata bomba,
intagliata in maniera disumana
nella mia testa
nella tua
in quella del manovale
nell’aceto delle casalinghe.
Tutti contro tutti,
guai e allucinazioni.

Tra monti poco alti
e fiumi che dalla terra
come cimeli d’ombra
hanno osato
dilungarsi
allungarsi
diluire
la terra.
Certo, mi dici,
il fulmine,
il Galles che ancora
allo squillo del  tuo profumo lussurioso
nella testa rientra cavalcando.
Il Galles, cimelio d’ombra anch’esso
coi suoi fiumi
e i suoi monti poco alti.
Qualche volta qualche anarchico sbagliato
e invidioso
si lamenta
anche lì.
Ricordi e nei ricordi
la luna metafisica
le praterie che si estendono come ragni
nella notte,
i parchi
la marijuana
e tutto il resto.
Come brilla
come brilla
questa testa qui,
come brilla questa testa
piena di fanghi
piena di sabbie da tutte le spiagge.

Lasciamo lo stream
nel suo posto,
che è il 1920-
Lasciamolo lì a germinare
noi venuti
ridicolmente
dopo
la Woolf.

Ma a chi importa, dopo tutto?
E se non importa, è davvero importante?
Naturalmente la risposta afferma
e non nega.

E adesso mi si mette davanti
questo fuligginoso esperimento
ha pelle e ossa
in testa
una meraviglia enciclopedica
che gl’ha fatto battere il cuore,
tutte le facce che sfilano
nude
tutte le loro idee
le idee dei morti
le idee di Ginsberg
le idee di Kant.

Che c’è di male, d’altronde,
ad esistere su un altro piano,
un piano che dalla carta
ha preso vita,
dalla carta e dalle miliardi di carte
sparse
su tavolini arcadici arcaici polverosi relitti

Riassumendo, ve la spiego io la poesia adesso:

Una solitudine macchiata di grigio
il cielo di Cardiff
e nel cervello
una danza di veli e di prostitute d’intelletto,
dare un bacio nella bocca di Rimbaud.

Senza pretese c’era Wallace Stevens
che s’è rotto una mano
nel tentativo idiota
di spaccare la mascella di Hemingway,
quel povero presunto marinaio
malato di troppa mascolinità

Riassumendo, contro il disordine dilagante:

Una solitudine macchiata di grigio
il cielo di Cardiff
pare adesso
un polverone di rombi
e forme
e voci inglesi.

A questa schifosa fallocentrica
terra
come mosche
attirati.

E nel girotondo economico
ci sono queste guardie enormi,
gli eretici sono usciti zampillando
in purezza
da questa fontana d’angeli,
loro innocenti leuconoe
persi in questo vento merdoso
che sventolano
il cuore
le vene
il cervello
l’inconscio
la sporca mitologia dell’inconscio
il sesso con l’inconscio
la sporca e sacra e santa
mitologia
di quest’incoscienza
che come una baccante
soddisfa il suo bisogno
prima di squartare il compagno.
Dicevo, ci sono queste guardie
che con spadoni
squarciano quei poveri tessuti.

E poi, il mondo videloudico.
Una pozza dei desideri
dove sarai sempre
te stesso bambino,
un incontro mitico
con simboli cibernetici
di pace.

Ed è naturale, ogni uomo è un mondo,
ogni Io il suo non Io,
e tutti a farci guerra l’un l’altro
navigando dentro Dio,
inventando Dio
dentro Dio,
immaginando Dio
dentro Dio,
mordendo falsi idoli
bestemmiando falsi idoli
dento l’unico grande Io.

Ed eravamo così presi dall’odore verde
della moneta
che scambiammo,
esseri primitivi e selvaggi,
l’amore per il lavoro.

È tutto finto

È tutto assolutamente finto

Se sai una cosa
dirla o non dirla non fa quasi più differenza
al livello esteriore,
tanti sono i giullari che urlano e si lanciano
le proprie feci addosso
come scimmie abbruttite.
Ed ecco che per mano con dolcezza
c’hanno presi e portati
al mattatoio,
offrendoci l’opportunità di rifiutare
ma facendola apparire
connaturatamente sbagliata e sconveniente
e brutta da vedere ,
in un sol colpo si coniuga la democrazia
con la dittatura
in questo magnifico
acquerello
di politici demoniaci e compassi sospesi su occhi.

Così per i folli e così per me,
morendo ogni giorno
con un’accezione positiva però,
in quanto è più forte lo spirito
di quella che si crede banalmente
essere la carne.

Il viaggio è stato lungo, lo so,
ripeto dietro al maestro.
Attraversando i templi dedicati ad Anubis
e quelli dedicati a Horus,
la faccia pallida di Helda Doolittle
che va in preda ad un altro crollo emotivo
per colpa della WWII
e adesso tantissime lacrime
rigano le guance mie.
Il tempo non ha più senso,
il biglietto è esploso prima di esser convalidato,
il tempo non ha più senso.
Tenendo per mano i vecchi spiriti saggi
fungendo loro da bastone
il tempo non ha più senso.
È un corollario da seppellire.

Chè tanto tempo fa
cercavo in tutti modi
di diventare io stesso il paesaggio
e ad un livello superiore
estendere all’infinito
le dimensioni della mia essenza,
chè tanto tempo fa
volevo essere l’Afon Taf anche io.
Ammirate il delicato e capzioso
congegno dell’espressione,
ricorda un mantra a cui la propria vita
va dedicata,
una storia dai mille esiti sempre diversi,
un Dio terribile con infiniti volti
ed infinite schiene,
l’abbiamo sempre avuto
dietro e un po’ a destra,
invisibile, oscuro.
Un mondo solo dal re ordinabile,
un logos non parmenideo,
qualcosa che non è più né deterministico
né regolato dal principio di causa/effetto.

Ok. Altro punto fondamentale
erano i tuoi occhiali blu.

Questo ciclo non si chiuderà mai.
Questo ciclo è come
quell’angelo nella tua bocca,
affranto, lupesco,  intriso di buoni e cattivi sentimenti
tutto sincronicamente,
è il tentativo opaco di coniugare
Memoria e Presente in unico idolo plastico
che riporti il tempo alla sua naturale consistenza di piano;
Capite, capite adesso la scena finale del dramma?
Quello stesso Saul schizofrenico
che un tempo si azzardava ad urlare a suo figlio
i suoi terrori edipici
adesso è mansueto come un demonio sconfitto,
riflette filosoficamente
sull’abbandono
e sul momento di transizione
da catene di corpo
a libertà eterna,
se ne andrà agitando il suo bastone
pensando alla pornografia sottesa ai disegni del cielo
e alla compresenza di qualsiasi cosa dentro ad ogni individuo,
all’esplosione delle possibilità,
camminerà per i cieli
masticando radici di psiche
mormorando parole d’ amore
alla sua parte femminile
rincorrendo la propria unità
fino al regno di Toth
divaricando le gambe
scalciando
e svanendo finalmente
dietro al tendone polveroso della realtà

giovedì 1 ottobre 2015

Il Gazpacho

Il Gazpacho

Sto capendo troppe cose,
e di quello che ci sta dentro ad uno specchio, 
e di quello che ci sta al di fuori.

E seriamente, è giusto o meno
spiegarvi la poesia?

Intendo, sia filogeneticamente
che ontogeneticamente.

Mi martella poi l’idea
di non esser libero,
di non essere riuscito
a diventare libero,
continuerò a conservare i miei spazzolini.

È il caos questa testa.
Adesso, vi è anche
una nuova profezia.
Illuminato.
Illuminato.

Considerevole, è un frullatore
dove il gazpacho
si mescola
e milioni di idee
ne fanno parte,
il passato, il presente, il futuro,
il Professor Macchia.

E pensare che i figli saranno Robot,
un cactus nel deserto è di gran lunga migliore
di noi becchini d’uomini,
“Ma abbiamo il pensiero!” Disse Pascal.
Magra allucinante consolazione.

Ed intanto la luna s’allontana
la musica crescendo s’insozza
ma s’eleva pure.
E noi siamo nati su un rift,
una grande fica chiamata “anni ‘90”
dove le coscienze si separano
e i modelli triplicati di numero
danzano tentatori intorno.
Da lì si snocciola poi
l’anno 0,
schifoso vampiro
a forma di radiotelevisione.net

E andremmo in fiamme
poco prima o poco dopo la fine,
a seconda che sia
l’inflessione
o l’orgasmo l’obbiettivo.

È che ogni cosa vibra,
è che ogni lingua
ha i suoi peccatori e bestemmiatori.
Non volevo dire che non mi sento un cigno,
un corvo, una piccola finestra antica.

Forse come Walt Whitman
ce la farò a non sentirmi superiore
e ad annullarmi
in un non-me.

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Questa musica si sta spandendo
come una micosi sulla cappella,
sono tutti sgonfi fantocci
quelli che, tra qualche anno,
infesteranno
università
piazze
e vanedde.
All’alba sarà sangue pestato
e scale di malinconia
come in un ventricolo.

Le pale del ventilatore in una cucina
non ancora ristrutturata,
in una coscienza
che era già prodromi
del mare di possibilità
in cui come un paguro
avrebbe vissuto.

Il caro vecchio Kevin Ayers.

Il caro vecchio Ralph Waldo Emerson.

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Sento che il secolo s’avvampa in me
come un cobra,
sogni su sogni su sogni
e lo sfogo va espandendosi,
dal linguaggio deriva il pensiero
dal pensiero deriva il linguaggio
ed ecco, per la prima volta
la nostra mano
il pollice oppone alle dita
e una pietra è diventata
la punta di una lancia.

È l’anarchia degli impulsi
che in mente esplodono,
magari un giorno lo squalo
s’acquieterà nei suoi campi elettrici
e non dovremo più mordere.

Permettersi di profetizzare,
anche errori palesi,
permettersi d’incatenare
l’immaginazione
alla presunta esistenza della realtà,
permettersi di credere nel mondo dentro,
il mondo dentro,
il mondo dentro,
spaventoso Leviatano
agiografia di ricordi legati o slegati
mentre la sposa veste il bianco,
le spighe di grano,
un seno.