giovedì 1 ottobre 2015

Il Gazpacho

Il Gazpacho

Sto capendo troppe cose,
e di quello che ci sta dentro ad uno specchio, 
e di quello che ci sta al di fuori.

E seriamente, è giusto o meno
spiegarvi la poesia?

Intendo, sia filogeneticamente
che ontogeneticamente.

Mi martella poi l’idea
di non esser libero,
di non essere riuscito
a diventare libero,
continuerò a conservare i miei spazzolini.

È il caos questa testa.
Adesso, vi è anche
una nuova profezia.
Illuminato.
Illuminato.

Considerevole, è un frullatore
dove il gazpacho
si mescola
e milioni di idee
ne fanno parte,
il passato, il presente, il futuro,
il Professor Macchia.

E pensare che i figli saranno Robot,
un cactus nel deserto è di gran lunga migliore
di noi becchini d’uomini,
“Ma abbiamo il pensiero!” Disse Pascal.
Magra allucinante consolazione.

Ed intanto la luna s’allontana
la musica crescendo s’insozza
ma s’eleva pure.
E noi siamo nati su un rift,
una grande fica chiamata “anni ‘90”
dove le coscienze si separano
e i modelli triplicati di numero
danzano tentatori intorno.
Da lì si snocciola poi
l’anno 0,
schifoso vampiro
a forma di radiotelevisione.net

E andremmo in fiamme
poco prima o poco dopo la fine,
a seconda che sia
l’inflessione
o l’orgasmo l’obbiettivo.

È che ogni cosa vibra,
è che ogni lingua
ha i suoi peccatori e bestemmiatori.
Non volevo dire che non mi sento un cigno,
un corvo, una piccola finestra antica.

Forse come Walt Whitman
ce la farò a non sentirmi superiore
e ad annullarmi
in un non-me.

****
Questa musica si sta spandendo
come una micosi sulla cappella,
sono tutti sgonfi fantocci
quelli che, tra qualche anno,
infesteranno
università
piazze
e vanedde.
All’alba sarà sangue pestato
e scale di malinconia
come in un ventricolo.

Le pale del ventilatore in una cucina
non ancora ristrutturata,
in una coscienza
che era già prodromi
del mare di possibilità
in cui come un paguro
avrebbe vissuto.

Il caro vecchio Kevin Ayers.

Il caro vecchio Ralph Waldo Emerson.

****
Sento che il secolo s’avvampa in me
come un cobra,
sogni su sogni su sogni
e lo sfogo va espandendosi,
dal linguaggio deriva il pensiero
dal pensiero deriva il linguaggio
ed ecco, per la prima volta
la nostra mano
il pollice oppone alle dita
e una pietra è diventata
la punta di una lancia.

È l’anarchia degli impulsi
che in mente esplodono,
magari un giorno lo squalo
s’acquieterà nei suoi campi elettrici
e non dovremo più mordere.

Permettersi di profetizzare,
anche errori palesi,
permettersi d’incatenare
l’immaginazione
alla presunta esistenza della realtà,
permettersi di credere nel mondo dentro,
il mondo dentro,
il mondo dentro,
spaventoso Leviatano
agiografia di ricordi legati o slegati
mentre la sposa veste il bianco,
le spighe di grano,
un seno.

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