lunedì 23 maggio 2016

Sarasvati, volume finale

S’allungavano lieti verso il Paradiso Occidentale
gli artisti coreani ed i loro allievi giapponesi
ed ogni goccia d’acqua
ogni soffio di vento era nota musicale di cristallo
a 法隆寺 (houryuuji),
poesia può essere l’intero mondo
l’intero mondo è poesia
invischiata come edera rossa.
Sono lontano dal me stesso che in Oriente ha sempre vissuto
e tanto uscirei da questo cono perituro di dolore in mente
verso la spiaggia dov’ero riposto prima del concepimento, o Sarasvati.
Ed è piovendo che si schiude
l’eterno miracolo dell’esistenza,
convinti di sognare seduti davanti al cervello
stiamo nascondendo la testa di nuovo
nel vano segreto del cassetto dell’io.

Di tutte le emozioni profonde che scavarono grotte
nel perimetro dello spirito
e di tutti i sovrani che forti della loro fede 神道 (shintou)
animarono le masse più sporche ed a più alti fini
le elevarono.  

Colto da un’improvvisa tempesta di fantasia
un seme antico, arcaico
si schiude lento e muto
e ci siamo noi in quel seme.

Cosmo di maschere vuote
so che dentro di voi v’è un plesso solare eterno
eppure lo trattate come una Iena
il suo compagno di giochi
Cosa importa se il suono ti metterà davanti
ciò che tu temi di più?
Ascoltalo comunque.
Se sei d’aria sarà più difficile
coltivar di te stesso la terra
e più a fondo possibile scavare,
ma non sei d’aria.
E nel frattempo ti sento parlare di minchiate
eppure sei bellissima dunque non comprendo
le contraddizioni offensive della società,
perché come un buon vino sarai svuotata dell’arte
e le tue radici rimosse dalla calda distesa
e trasformate in museruole per la testa

Tu invece eri e sei una castagna
di stravagante fascino inquieto e naif,
troppo colorata ti terrò tra le mani
e proverò a non perderti via.

Di una mia ipotetica vita con voi tutte
leggiadre, stabili, belle
in una casa azzurra  
non ho che lacrime e piegamenti di tristezza,
una tristezza prettamente immaginale però.
A volte mi mancate
se sono nel sottomarino a largo del porto di Juno
e l’Emerald Weapon nuota in pace
e sento dei flauti brevi soffiare,
penso a come dannosi ci siamo
laccati di dolore
che è borghese, sì, in buona parte,
ma anche irrinunciabilmente arcano,
perduto nella nebbia del tempo più stanco.

Coda:

Svuotati ora. Se solo non fossi così affezionato
alla mattina, alla natura, al corpo, al non-io…
Ogni bombarolo sa bene che prima della detonazione
è necessario non sentire più alcun tipo
di mancanza
per ciò che esploderà.
Fino a cinque minuti fa, in sogno,
vi stavo insultando per la vostra ossessiva stupidità
e provavo a spiegarvi come muovervi in una realtà che non esiste,
adesso la palla di fuoco in me si sveglia con me.

Con questo enorme peso generazionale
che è lurido e stupendo ponte di passaggio
che mai più nella storia si ripeterà
ci muoviamo ed è giusto bestemmiare
o fare virtualmente a pugni
con chi non ha consapevolezza del nucleo d’oro
e mai ne avrà.
Del resto, educati nel ventre d’un albero
mai offeso meraviglioso
con occhi lupeschi e saggi
era bello sentirsi subordinati ed ospiti
come ogni essere vivente
e sdraiarsi dunque in un sole di maggio
per setacciare il corpo e la psiche
in cerca dell’anima.
Non ha più forma la solitudine
se la guardi senza la presunzione
di sentirti separato, strappato
da ciò che vedi e senti.
E te ne vai lasciandomi contento
d’una morte e d’un veleno di luna
sperimentati
e proverò quindi anch’io
ad uccidere o ad avvelenare.

Catania in fiamme

Catania in fiamme, brucia, vi sono orde di maiali o cervi per le strade
che corrono, impazziti, ed al ricorrere d’una cert’ora
è squallido il cielo
ma l’anima è limpida.
Non capirete mai lo stato e vestiti di blu
combatterete addirittura per lui.

Frattanto, internet con coda malefica
livellava il linguaggio
ad un'unica sfumatura tirannica, diamesica,
medio-superficiale
completamente estranea a qualsiasi profondità
e senza che la maggior parte se ne accorgessero
avrebbe ucciso anche il siciliano perfino il napoletano
nel giro di sessant’anni
come un nuovo volgare da tutti adoperabile.


martedì 17 maggio 2016

Il tuppettolo

Smettere d’esaminare le scaglie, le scaglie. Sei chiuso in una boccia
e ci sguazzi .
La famiglia è una macchina appuntita
può farti tanto male o tanto bene.
A Tarderia Montale, quel giorno,
stava parlando proprio con me quando diceva:
“Immanenza e trascendenza non sono separati ma uniti.
Non bisogna tralasciarli ma non bisogna neanche renderli
merce di scambio. ‘”

E tu che tutto contieni e sei di pelle bruna ageminata
ti volgi verso la fine della vita con grazia dea
scendi il fiume scalza.

Del vetro rotto parlane piano,
ho paura che non possa valere più niente.

La calma è il ventaglio più approssimato
e non sposta neanche i capelli.
Per tutti noi è stato lo stesso processo ogni volta,
una fenomenologia dello spirito
che discorda enormemente
dalla sintesi (per Hegel, era lo Stato)
e s’avvicina molto di più a quello che è
l’unico dono a doppio taglio,
l’auto-coscienza,
ritrovata congelata esanime dentro le bocche

Forti perché completamente estraniati dal contesto,
perché spaventati
ed interpretando il ruolo d’Aiace Telamonio
reso pazzo da Athena si finisce inevitabilmente
per scoppiare in lacrime da soli
davanti ad un camino.

Sei troppo immaturo
ed ingabbiato in una testa di fango referente
che inconoscibile attrazione è specchio di mille cose.
Dalla lingua di Dio, che è infinito,
confusione vermilinguea
e tacito sussurro d’occhi dolci e funesti dell’Es.  
Sei volutamente nolentemente bersagliato
e scheletro rancido alla pari
della generazione tua,
che gira e gira e sembra
un tuppettolo liberatosi dai carusi
che vaga per la vanedda cucchiara
cercando di raggiungere via Dottor Consoli.

In televisione la carne di chi ride in un’ulcera
e non sanguina fin quando non lo stanno inquadrando bene,
nel cuore le scarpe firmate o le camice
mitologie di riferimento
talmente numerose e di poco conto
che anche il re più buono e coraggioso
vi sboccherebbe sopra il fegato
dov’ è più sporco.

********************************

E alla luce di cosa si può dire che sia ancora umido, io?
Alla luce di cosa stabilirete in me giustezza o bestialità?

Un teschio e ti lamenti solo tu 
e ti senti solo tu
AAAAAAAAAAAH AAAAAAAAAAAH
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH

AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH

Sotto la luna ed ogni stella t’accorgi
che non hai mai perso la memoria di tutto,
non è plausibile più alcuna cosa ,
chi è profondo è più solo,
hai pianto e piangere è molto importante,
nei cani randagi vi è sotteso un dilemma:
qual è il posto migliore dove metterli?

Incrostato e sarebbe bello poter uscire dal capannone
e grufolare in un altro prato,
posso parlare e spesso non ho altra scelta
ma si esaurisce persino la cosa più preziosa, la creazione. Ed
allora dovrai accettare d’essere vuoto anche tu
d’essere disgraziato anche tu
dopo aver immaginato di tenere l’universo
in equilibrio sulla fronte con un bastone di vetro.
Serpente ritrattosi dall’evoluzione
se è giusto il Tibet, se è giusta la Cina, l’India,
il Giappone, la Mongolia o l’Iran
allora rinuncerai
rinuncerai
e l’花火 dell’espressione artistica
cadrà dal cesto giù perso chissà dove.

Rumore di Lacrima,
Un sorriso, un sospiro,
Peter Gabriel quant’eri bello
quando cantavi “Nursery Crime”
nel ’71 e sembravi il mito platonico dell’Androgino.

Per adesso, potrebbe la bussola rompersi
e di ago in ago ognuno non riconoscerebbe più la direzione
di se stesso .

Qui è un altro mondo. Può succedere di tutto.
E dalla compressione temporale
non ti salverà nessuno, fidati.

lunedì 16 maggio 2016

Una contesa tra dei, muscolosi, floridi, seduti ad un tavolo

Mia madre simula un accoltellamento allo stomaco
con una forchetta mentre si dispera.
Io la prendo, per due secondi la immobilizzo e la metto a sedere .

Che vizio, che vizio.
È torpido, scalzo, perde suoni
che ricopriranno di glassa dolce
questa torta amara

E adesso mi dici che vuoi scomparire
che non vuoi più vivere qui
che vuoi morire…
ché non esiste tastierista migliore di Tony Banks, no.

Tutti gli dei tutti si riunirono a contesa,
ed una tavola rotonda imbastita
s’arrovellavano, in ozio, circa chi tra di loro
di forzuta tempra il più forgiato fosse
che nel cavalcar di Etna selvaggia la fica
non sì la morte ma l’orgasmo più completo dunque
trovar riuscisse.
E provarono (provammo tutti, in fondo)
ed a turno le deità sconfitte vennero
nella loro maschil’ parte  
ed esaltate dunque in quella femminile.

Professerò, in questa sede,
la lacrima sacra dietro ogni sorriso
ogni sorriso generando, per contro, una lacrima;
e che camminando la strada sembra una linea dritta
ma in realtà è un cilindro
torni sui tuoi passi e non li riconosci più
perché l’esperienza ti ha reso ebbro, ridicolo
perché disumano, di nuovo ebbro:
d’inutile superomismo;
d’inappropriata nevrosi;
d’insensato stimolo alla coerenza;
d’incorruttibile volontà di possesso;
e allora non sei un uomo, sei solo una persona
nel senso etimologico,
come Pantalone che annaspa in un fiume
di cui vede solamente i primi cento metri d’una corrente infinita,
e urla in napoletano la sua parte del canovaccio
sperando che questo basti
per ricondurlo a riva, ed inevitabilmente annega.

Sicilia è fortuna incredibile
passione sfrenata di natura troppo rigogliosa
che sporge ovunque
ed è il corpo e lo spirito
il villano ed il Borbone
le campagne vaste
l’estasi notte
i boschi le volpi
e tutto il resto.

La forma (n.4)

E se mordi di questa esistenza il pane caldo,
se provi a riempirti le orecchie del colore blu,
hai un cuore d’enormi morsi formato.
Quando la notte l’istinto d’avervi
tutti, donne, scorpioni ed amici,
chiusi al sicuro nel mio grosso ventre.
E non per proteggervi, ma per non perdervi mai.
Cosa importa se sono tornato?
Se ho visto Bute Park, se ho ascoltato i The Doors?

Vedendo che nella composizione dell’esperienza
sono subentrati mostri, parassiti, alieni,
che il sentimento era nato come fragola selvatica
ed è finito col crescere rampicante,
non vi è possibilità d’azione diversa dalla spontaneità-
Stupida spontaneità d’esseri fatti di corpo e mente,
che ad un impulso abbandonati mangiano ed urlano.
E poi incosciente spontaneità d’esseri fatti di corpo e di mente, sì,
ma d’anima anche, tanta anima che ci plasmava violenti ed azzurri
ed elfici.
E rincorrevamo il feticcio dei piedi della conoscenza, lo baciavamo,
ne leccavamo tra ogni dito, ognuno a suo modo, ognuno amante
o seduttore impersonando un differente archetipo
giunse alla stessa conclusione, l’unica che poteva sembrar plausibile,
e cioè che il contorno del corpo è una cilecca di fiati persi,
una fiaccola sulla luna, un topo irreale;
e che tutti uniti in un’onda, badate bene, il mare non si è mai fermato un momento
ma ha continuato a propagare all’infinito la forza della sua prima goccia;
che non esiste altro che noi;

Ed amare te era un giochetto per vedere
fino a dove era possibile star male, usurarsi,
svelarsi,
ed era necessario peccare, peccare come i peggiori inquisitori o preti,
per concepire purezza di fonte, per poterla solo guardare.
In una flotta sparsa i sentimenti erano disorientati Masoch
tutti d’un minuscolo candore e non servivano a molto.

Cinto di menzogne sta il profeta in noi, ed è confuso
dai giornali, dalla tivù,
è sceso dal suo trono per sporcarsi nel fango del liberismo.
Se solo il popolo non fosse vischio merdoso
e della sua vera ed antica forza portatore
con carica di rabbia imperitura bruciasse
ogni deputato ogni vecchio senatore
ogni arconte eponimo
ogni rappresentante di se stesso;
E se, nella desolazione creata dalla distruzione,
con un saggio respiro esclamasse “anarchia”,
allontanandosi dal delirio Malthusiano di genti
dalla perversione procrastinata dell’abbondanza ad ogni costo,
allora con la notte ed il giorno nel cuore
ciò che di superfluo lo ammutolisce cadrebbe per terra
e rivelerebbe un corpo bruno, scolpito, riccio.

E poi non hai più senso, vecchio mio.
Sei perso come rugiada in un prato,
sei simbolo, sei simbolo, sei una parola con braccia e gambe
che vaga di suono in suono.
Ti odio. Ti maledico.
Chè ci interesserebbe molto di più un senso plastico e compiuto
che questo continuo canyon di spropositi semantici.

Guardi dal balcone, e tranciate dimensioni vedi,
e giovani a metà vecchi,
ed un altro impulso s’è seccato al sole,
immagini di morte che sono sicuramente
più esplicative
delle immagini di vita, in certi frangenti.

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Rimasto solo, in un occhio
Ad alcuni non serve il Verbo, non serve il verbo,
tanto si è scarnificata l’immagine interna.

Fatemi fumare in pace e godere del contatto della natura
annusando
respirando
in pace.

avevo dentro solo la terra, l’argilla.
Ed alcuni come me creeranno per bisogno intrinseco,
ma anche per sublimazione del nulla in gocce
o intuizione tremante d’immenso.
De Andrè, inoltre, sporco e sudato,
non si può dire che sia morto del tutto

giovedì 12 maggio 2016

Lacan considera l’idea d’un autostato.

Lacan considera l’idea d’un autostato.

E scolorire ma per poco, i giorni migliori
devono ancora venire.
Accartocciando queste icone bizantine
che d’ovunque s’affacciano
voglio vedere ciò che della verità
c’è dato vedere.

Delle cose che accadono dentro di te,
sembrano essere ancora le più importanti.
Perché hai immensa paura d’esser guardato
e quindi non guardi
Tutto spirito tutto anima tutto corpo
ma ciò è talmente invisibile
che rannicchiati in un muso solo
le lacrime erano facilmente onde
i visi facilmente marmi d’olimpia
e le parole dolci o complesse come un Horus di platino.
E poi sei, sei! Sei e sei stato (che la cosa sia plausibile o meno)!
Una fontana che non succede,
una parousia con errori di mixaggio
o “Papa loves mambo” suonata al contrario.

La poesia è ciò che si sta realizzando
in questo esatto momento
come auto-stato,
alcuni ne sono infestati testimoni
sotto milioni di forme.
È il quantum presente,
dono d’occhi e cervello
trasformata in elisir,
l’arte accade a prescindere da noi.

E mentre, abbiamo paura d’ogni cosa
e c’abbracciamo e ci baciamo ,
siamo incompleti, pezzi di ciò che eravamo
ed è terrificante illusione.
Falsata la via, ramificano errori,
ti arrampichi su delle gambe
pensando di trovar te stesso,
quel te stesso che tanto amavi
e che non vedi da chissà quanto tempo,
quel te stesso bambino dalle braccia lunghe
che immensamente saggio
cavalcava i cani
e mangiava le pere senza sbucciarle.

E nella gola artigli
rimasugli di mani precedentemente ingoiate,
tutto il fumo imbalsamerà
proteggerà esoscheletro un nucleo debole
o si ossiderà il bronzo e saremo colorati di verde,
sei bello e infedele ad una moglie
immaginata
borghese.

Decisamente meglio

Decisamente meglio

Meglio, decisamente meglio.
C’è qualcosa di convulso nel nutrimento
mi incita a rinunciarvi

Ed è stomachevole
il disegno da te creato
ma stranamente sono sazio adesso
toro seduto all’ombra
che dimentica per un attimo Epicuro
o i problemi della propria verga.

Vivendo il corpo
capisci che devi negare il corpo ad un certo punto
e quindi stati attento,
l’io più piccolo che dentro di sé un non-io ha immaginato,
ebbene questo non-io
non potrà mai superarlo del tutto
poiché il superarlo coincide con lo scomparire.

Ed una valle e nella valle un grido di nebbia:
Forse questa è l’unica cosa sincera.

Dalla collina il sole
che cosa sta succedendo
cosa diavolo sta succedendo?
Clowns, Freaks,
non tutti i vostri pensieri sono poesie
non tutte le gocce d’acqua dissetano.
Il viaggio dev’essere direzionato all’interno,
ma il portale è fuori e non dentro di te.

sabato 7 maggio 2016

Abbozzo d’una teoria della percezione

Abbozzo d’una teoria della percezione

E Montale ed Eliot che inventarono  i correlativi oggettivi,
correlativi oggettivi diventarono a loro volta.

E se Giovanni quest’anno torna dalla Svezia
rideremo come matti
fino a diventar paonazzi.

Alla gola arrivava l’acqua della società
ma una scintilla è spuntata lo stesso
coltivata come  lenticchia in sporco cotone,
queste poesie sono le rapsodie dei vandali
cioè concatenamenti di pezze imbevute una ad una
nella profonda caverna.

Quanto c’avete illuminato?
Tutto il concerto
e pianoforti e oboi
e tamburi ed archi
era luce pura,
e delle nostre vecchie palpebre
nulla rimaneva.
Ma ciechi in maniera visiva
trovammo una goccia d’acqua
che proveniva dall’unica fonte,
del resto dei fiumi adesso è rimasto fango
plastico
che tutta la vita credi di poter toccare
ma è solo un non-io, una natura posta all’esterno.

A me piace il mondo dopotutto,
è che è giusto che nessuno mi stia ad ascoltare
nella prospettiva in cui
ogni essere vivente nasce e muore
dentro di sé.
Per cui lo terrò per me, questo mondo,
con tutto ciò che ne consegue.

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Nulla è veramente falso
tutto ha un significato
ma sembrerebbe che tutto sia falso
e che niente abbia un significato.
Inerpicandosi tra le confuse percezioni
dal nostro veicolo di carne
cosa si vede?
Cosa si sente?
Dici una bugia e poi t’accorgi che tale non era,
nessuna finzione, tanto più se artistica,
è veramente finzione.
E potrai enunciarle ed enunciarle
tante volte, le leggi fondamentali in cui credi,
ma mai sentirai quell’onda bruna che vuoi sentire
o i respiri dei noccioli di pesca,
il foxtrot tra il vulcano e il cielo.
T’illuderai d’aver percepito
come Giordano Bruno pensava d’aver trovato la chiave
per dominare la natura.

Siamo realmente esistiti?
Intendo noi dell’House M
e più in particolare noi
finta camerata del flat 3,
ognuno a modo suo freak.

Può darsi che ti lasci suggestionare troppo
e allora immagini delle percezioni
ed esclami “Hey…. M’appartengono”
che è uno sforzo immaginativo e non percettivo.
Tuttavia (e qui i signori s’alzano impettiti, alcuni escono
dal teatro, una signora vestita di rosso addirittura scoppia a piangere)
è in un’ultima analisi da considerarsi reale
anche una percezione immaginata,
reale in maniera inesplicabilmente diversa.
E ritieniti fortunato se avrai sentito
sulla pelle
cogl’occhi
col cazzo
anche solo una di suddette onde brune
solo uno di suddetti respiri di noccioli di pesca

Perché il guerriero ha una spada invisibile
che non ferisce
ha studiato Kant
e sa che nell’approcciarsi alla metafisica
niente può essere dimostrato.
Lo riconoscerai, dunque, dal fatto che
ti proporrà argomentazioni a casaccio
e non t’accorgerai neanche
che sta cercando d’argomentare
e gli darai dell’ubriaco
del barbone
dello schizzato

giovedì 5 maggio 2016

Sarasvati volume quarto

Sarasvati volume quarto

Con te festeggerò il mio compleanno
e di sapore in sapore
di quadro in quadro
ci teniamo per mano sopraffini e dei,
o Sarasvati.

M’importa che voi mariani
su una barchetta di bambù
riusciate a navigar nel verde reame
con destrezza
e dal viaggio acquisiate saggezza.
Tutto s’è vestito da sogno
si danza costantemente
nel tropico della grande madre oceanica
non t’accorgi e tuttavia pretenderai di accorgertene.

Ed è la poesia l’atto creativo ma al contempo anche rivelativo,
una miniera di te stesso e gli altri dentro di te
sotto tutte le forme,
da qualcosa che prima era nascosto nascostissimo
più impronunciabile del nome di Melkor
ed è diventato airone dalle piume blu, bianche, grigie.
Non v’è psiche più audace di quella
che è in continua rimescolazione di se stessa
e osa, come una neoplatonica emanazione,
passare al di là della rete.
E se il significato è un simbolo continuo
la realtà non può che essere un quadro o un libro.

Ritorni a casa, nel qui e ora, e sei ferito,
lupo che abitava in una fogna- quindi bestia-
ma anche principio aristocratico di purezza
tutta occultata -quindi angelo.
Ritorni in patria, nel qui e ora, ed hai una maschera d’oro
addosso per il tuo funerale miceneo,
ma scavando nel baule sì, anche un vestito di giada verde
del periodo Han,
anche una venere di Willendorf.
Per farvi capire che la storia è dentro
e che l’amore è unica ridondanza
eternamente uguale per tutti. 

martedì 3 maggio 2016

Labda la Zoppa

Labda la Zoppa

Ed amando lo scheletro passeranno miliari di tramonti,
remando in una mattinata grigia dove il mare è un rognoso topo
e il miracoloso e tempestivo battito d’un occhio stanco
mi mostrò come dar sfogo al fiume Lete (il più malvagio)
urlando forsennato “Desolation Row” di Bob Dylan,
la vita la mia è una pagina di luce fioca e poca considerazione.
Poi con mani adatte al cazzeggio d’una mente
che si fece aralda del regno dalla parte destra del fiume
noi, alchimisti, rendevamo pietra ciò che prima era desiderio, impressione,
opinione, emozione o alterazione dell’animo

Lambda la Zoppa generò a Corinto ogni tirannia
che nel corso dei secoli avrebbe serpeggiato avida
negli aeropaghi e nelle agorà.
E saremo arrivati un giorno,
all’indomani della controriforma,
a veder le corti d’oro del Rinascimento
spargersi ed urlare ancora tutte sporche d’arte
tutte sporche di filosofia, di vino e di corruzione.

Così caldo era l’amore e s’è spezzato
e m’ha cotto
come porcellana Ming
in un forno a bocca di drago.
Ed un tappeto steso piano davanti a quello che è il nucleo fondamentale
di te stesso apocrifo, non pervenuto, addirittura agrafo,
steso per accoglierti gradualmente.
C’è qualcosa al di fuori? Al di fuori
di Anima, di Mente, di Corpo ?

Sarà un viaggio attraverso tutte le Sephirot, sì, tutte,
fino all’ultima,
compiuto da una bambina e da un samurai ossessionato dalla guerra,
per pensiero, divagazioni e reami d’imago.
Il Buddha del presente
Il Buddha del passato
Il Buddha del futuro….

Ed è la natura che saprà imparare da noi 
dopo averci visto da lei imparare,
il significato lo trovi sparso
come chicco di riso a Chang’an,
s’è deteriorato in brandelli, è esploso.
Cadenze,
ed il mio nome è un suono pressoché impronunciabile,
ti vesti del colore del cielo
perché così facevo io prima di te,
sei in tutti i sensi
metafora plastica e simbolo
collegato chissà a che cosa
in chissà quale piano temporale.

Ed ogni verso sembrava uguale
a quello del giorno prima
in un susseguirsi di locomotivi
segni linguistici,
io ti parlo nella mia lingua
e tu mi rispondi nella tua.

Gli uomini spesso,
in canottiera e mutande,
si grattano i coglioni per noia

Una linea orizzontale fu una privazione immensa
e ci costrinse a poggiare coi piedi per terra.
Volavamo, prima, ed ogni pensiero non era un pensiero
ma una piuma o una foglia
in caduta libera verso l’interno.
Adesso camminiamo, traumatizzati dai primissimi legami,
brillantemente ci siamo tirati fuori dalla società
ed è bastato credere di farlo.

Ed una canna la può portare via il vento,
il vento che è il tuo dio
o uno dei tuoi dei.

Meraviglia e sintomo d’anima,
l’albero bianco di Gondor….

E vedrai gli anziani La Rosa
rimpiangere gli anni 80, le audi A6,
le mazzette gli evasori i notai
e la casetta a Castelluccio,
intorno a tavoli i piedi sono gonfi
e mettersi contro la burocrazia
è come mettersi contro tutti gli dei dell’olimpo.
La burocrazia è delicata e non la puoi smentire
neanche pagando fior di milioni un perito calligrafo.
Eletta come unica possibile interfaccia
tra l’hegeliano “stato sociale”
ed il comtiano potere ombra
serpeggia e ci confonde
per metterci nelle mani d’un governo che non ci serve.
E ti sveglierai un giorno
tra scartoffie e moduli
con la S.E.R.IT cane rognoso e vigliacco
che ti corre dietro
rimpiangendo d’aver accettato un tirannico diritto al voto
ed il parcheggio, l’ufficio,
i colori di tutte le banconote.
Se dai a qualcuno coltello e forchetta
stai tranquillo che qualcosa andrà a divorare.