lunedì 23 maggio 2016

Sarasvati, volume finale

S’allungavano lieti verso il Paradiso Occidentale
gli artisti coreani ed i loro allievi giapponesi
ed ogni goccia d’acqua
ogni soffio di vento era nota musicale di cristallo
a 法隆寺 (houryuuji),
poesia può essere l’intero mondo
l’intero mondo è poesia
invischiata come edera rossa.
Sono lontano dal me stesso che in Oriente ha sempre vissuto
e tanto uscirei da questo cono perituro di dolore in mente
verso la spiaggia dov’ero riposto prima del concepimento, o Sarasvati.
Ed è piovendo che si schiude
l’eterno miracolo dell’esistenza,
convinti di sognare seduti davanti al cervello
stiamo nascondendo la testa di nuovo
nel vano segreto del cassetto dell’io.

Di tutte le emozioni profonde che scavarono grotte
nel perimetro dello spirito
e di tutti i sovrani che forti della loro fede 神道 (shintou)
animarono le masse più sporche ed a più alti fini
le elevarono.  

Colto da un’improvvisa tempesta di fantasia
un seme antico, arcaico
si schiude lento e muto
e ci siamo noi in quel seme.

Cosmo di maschere vuote
so che dentro di voi v’è un plesso solare eterno
eppure lo trattate come una Iena
il suo compagno di giochi
Cosa importa se il suono ti metterà davanti
ciò che tu temi di più?
Ascoltalo comunque.
Se sei d’aria sarà più difficile
coltivar di te stesso la terra
e più a fondo possibile scavare,
ma non sei d’aria.
E nel frattempo ti sento parlare di minchiate
eppure sei bellissima dunque non comprendo
le contraddizioni offensive della società,
perché come un buon vino sarai svuotata dell’arte
e le tue radici rimosse dalla calda distesa
e trasformate in museruole per la testa

Tu invece eri e sei una castagna
di stravagante fascino inquieto e naif,
troppo colorata ti terrò tra le mani
e proverò a non perderti via.

Di una mia ipotetica vita con voi tutte
leggiadre, stabili, belle
in una casa azzurra  
non ho che lacrime e piegamenti di tristezza,
una tristezza prettamente immaginale però.
A volte mi mancate
se sono nel sottomarino a largo del porto di Juno
e l’Emerald Weapon nuota in pace
e sento dei flauti brevi soffiare,
penso a come dannosi ci siamo
laccati di dolore
che è borghese, sì, in buona parte,
ma anche irrinunciabilmente arcano,
perduto nella nebbia del tempo più stanco.

Coda:

Svuotati ora. Se solo non fossi così affezionato
alla mattina, alla natura, al corpo, al non-io…
Ogni bombarolo sa bene che prima della detonazione
è necessario non sentire più alcun tipo
di mancanza
per ciò che esploderà.
Fino a cinque minuti fa, in sogno,
vi stavo insultando per la vostra ossessiva stupidità
e provavo a spiegarvi come muovervi in una realtà che non esiste,
adesso la palla di fuoco in me si sveglia con me.

Con questo enorme peso generazionale
che è lurido e stupendo ponte di passaggio
che mai più nella storia si ripeterà
ci muoviamo ed è giusto bestemmiare
o fare virtualmente a pugni
con chi non ha consapevolezza del nucleo d’oro
e mai ne avrà.
Del resto, educati nel ventre d’un albero
mai offeso meraviglioso
con occhi lupeschi e saggi
era bello sentirsi subordinati ed ospiti
come ogni essere vivente
e sdraiarsi dunque in un sole di maggio
per setacciare il corpo e la psiche
in cerca dell’anima.
Non ha più forma la solitudine
se la guardi senza la presunzione
di sentirti separato, strappato
da ciò che vedi e senti.
E te ne vai lasciandomi contento
d’una morte e d’un veleno di luna
sperimentati
e proverò quindi anch’io
ad uccidere o ad avvelenare.

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