lunedì 16 maggio 2016

La forma (n.4)

E se mordi di questa esistenza il pane caldo,
se provi a riempirti le orecchie del colore blu,
hai un cuore d’enormi morsi formato.
Quando la notte l’istinto d’avervi
tutti, donne, scorpioni ed amici,
chiusi al sicuro nel mio grosso ventre.
E non per proteggervi, ma per non perdervi mai.
Cosa importa se sono tornato?
Se ho visto Bute Park, se ho ascoltato i The Doors?

Vedendo che nella composizione dell’esperienza
sono subentrati mostri, parassiti, alieni,
che il sentimento era nato come fragola selvatica
ed è finito col crescere rampicante,
non vi è possibilità d’azione diversa dalla spontaneità-
Stupida spontaneità d’esseri fatti di corpo e mente,
che ad un impulso abbandonati mangiano ed urlano.
E poi incosciente spontaneità d’esseri fatti di corpo e di mente, sì,
ma d’anima anche, tanta anima che ci plasmava violenti ed azzurri
ed elfici.
E rincorrevamo il feticcio dei piedi della conoscenza, lo baciavamo,
ne leccavamo tra ogni dito, ognuno a suo modo, ognuno amante
o seduttore impersonando un differente archetipo
giunse alla stessa conclusione, l’unica che poteva sembrar plausibile,
e cioè che il contorno del corpo è una cilecca di fiati persi,
una fiaccola sulla luna, un topo irreale;
e che tutti uniti in un’onda, badate bene, il mare non si è mai fermato un momento
ma ha continuato a propagare all’infinito la forza della sua prima goccia;
che non esiste altro che noi;

Ed amare te era un giochetto per vedere
fino a dove era possibile star male, usurarsi,
svelarsi,
ed era necessario peccare, peccare come i peggiori inquisitori o preti,
per concepire purezza di fonte, per poterla solo guardare.
In una flotta sparsa i sentimenti erano disorientati Masoch
tutti d’un minuscolo candore e non servivano a molto.

Cinto di menzogne sta il profeta in noi, ed è confuso
dai giornali, dalla tivù,
è sceso dal suo trono per sporcarsi nel fango del liberismo.
Se solo il popolo non fosse vischio merdoso
e della sua vera ed antica forza portatore
con carica di rabbia imperitura bruciasse
ogni deputato ogni vecchio senatore
ogni arconte eponimo
ogni rappresentante di se stesso;
E se, nella desolazione creata dalla distruzione,
con un saggio respiro esclamasse “anarchia”,
allontanandosi dal delirio Malthusiano di genti
dalla perversione procrastinata dell’abbondanza ad ogni costo,
allora con la notte ed il giorno nel cuore
ciò che di superfluo lo ammutolisce cadrebbe per terra
e rivelerebbe un corpo bruno, scolpito, riccio.

E poi non hai più senso, vecchio mio.
Sei perso come rugiada in un prato,
sei simbolo, sei simbolo, sei una parola con braccia e gambe
che vaga di suono in suono.
Ti odio. Ti maledico.
Chè ci interesserebbe molto di più un senso plastico e compiuto
che questo continuo canyon di spropositi semantici.

Guardi dal balcone, e tranciate dimensioni vedi,
e giovani a metà vecchi,
ed un altro impulso s’è seccato al sole,
immagini di morte che sono sicuramente
più esplicative
delle immagini di vita, in certi frangenti.

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Rimasto solo, in un occhio
Ad alcuni non serve il Verbo, non serve il verbo,
tanto si è scarnificata l’immagine interna.

Fatemi fumare in pace e godere del contatto della natura
annusando
respirando
in pace.

avevo dentro solo la terra, l’argilla.
Ed alcuni come me creeranno per bisogno intrinseco,
ma anche per sublimazione del nulla in gocce
o intuizione tremante d’immenso.
De Andrè, inoltre, sporco e sudato,
non si può dire che sia morto del tutto

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