giovedì 29 agosto 2013

Il mio suono di oggi.



Il mio suono di oggi.

I vuoti si nutrono
i vuoti si nutrono
per svuotarsi.
Lucentezze non esistono qui scheletri,
il mio corpo si infrange sul mio corpo
 vi odio tutti.
Maledico di me
il viso di certo
e il nome,
e il non avermi mai in testa
e anche il fatto che sto perdendo le immagini di realtà
e anche che frequento persone.
Dicotomie
si detestano e poi ci infracidisce
la pazzia
e poi
non si soffoca mai veramente
è questo il brutto.
Melanconie
di neri
si mescolano
a una pelle odiosa di squame
e petali e funghi,
ci spingeranno verso l’alto per diffondersi meglio,
che schifo che mi fanno
gli specchi.
Ma siamo acquatiche sfingi
in preda al male di esistere finto,
non abbiamo null’altro che determinate
spinte nel cervello a non stare bene
mai bene
mai bene. Quindi si direbbe che stiamo più che bene.

Oh oh,
lo stato mi fa più che vomitare,
mi fa crescere male più di quanto non lo sia già.
Vedo fiori che si mangiano da soli,
spighe che si autoattorcigliano su steli o monoliti di calce,
e poi ci si ubriaca per vederci meglio,
ci si stende da soli su se stessi perché non c’è in realtà nessuno.
Dov’è finito il cervello?                 Tanto lo odio,
tanto odio il pensiero,
tanto però mi rende caratterizzato e infame.
L’ironia ci spiega eroine di rivoluzioni sillabate male,
l’ironia ci sorregge mentre prendiamo per il culo l’esistenza
e ci divertiamo a trattarci da posaceneri.
Miracolosamente lei ha sboccato
tutta la follia
su una distesa di verde glaciale,
mi fa orrore aiutarla perché in fondo io vi detesto.

lunedì 26 agosto 2013

Sviluppo



Sviluppo.

Fermami l’immaginazione
ma in realtà lei è l’unica cosa che mi rende reale
Non avrei mai voluto pesci annichiliti
con pinne grigie,
non li volete nemmeno voi
ma la vita vi rende adatti alla merda.
Sei hai coscienza
di certo il cinismo.

Io amo tutta questa psichedelia
di disconoscenza,
me ne rendo conto a brevi respiri.
Ma.

Devo partire.
L’amore
mi complicherà i traumi
e i traumi stessi
hanno capelli sempre diversi
e così
mattoni e argilla
e ciglia
si confondono
nei vortici dell’odio
o amore traslatosi e inmarcitosi

Lei non ha fatto altro
che essere creata da me
come una maledizione
o come una scusa
per essere maledetto,
in realtà non esiste così.
Si dondola in meandri
Viola,
regina di inevitabili tragedie
di sociopatia
e ruoli scaduti.
Insensibilità al limite
si rosicchia la mia freschezza,
germina su di me il male
e quindi che ve ne fotte.
Meraviglia di sesso idiota
e mi è rimasto incompiuto
il senso di odio
e di vergogna
e di veleno.
Atroce si partiva
dal regno della muffa
verso una borghesia part-time
accompagnata ovunque
da vegetali e cattolici fanatici
il viaggio era abbandonarsi alla libertà
e al vicinato molesto che è il mondo,
e ritornare qualche volta più bambino
e riflettere.
Poi ovviamente
non c’erano che tremori
seguiti da dita,
seguiti da non sguardi.
Il divano un giorno ci avrebbe assorbito
nel blu cotone. I tuoi occhi si rivelarono tremendamente
vuoti e superficiali,
vorrei averti fatto del male
e non averti assunto nel cervello
come insieme di banali pixel che odio e sogno.

Infatti,
l’immaginazione
percuote il senso
e lo colora a tal punto
che vedi solo lo squillo imperterrito
della luce diversa,
e ti si squilibrano le lame e le squame che hai dentro
mentre nella commedia
ci si macella in continuazione
contro le punte immense dei rapporti.
Ovviamente i gelsomini fuori
non pretendevano nulla.
Così la vera realtà di neri
scompare,
non si vive se non un contrasto.
Rendendo folle l’universo
si scopre la perfezione
inesistente masso più che ultravioletto
e ci si può liberare per qualche tempo
della pelle metallo
e della ruggine,
ogni male si scopre nudità perversa.

domenica 25 agosto 2013

Oh!



Oh!

Stiamo solo aspettando
di svolgerci
stiamo solo aspettando
di poterci urlare addosso
davvero.

Me.

Mi ritrovo
a non ritrovarci il senso
e mi affido ai suoni
molte volte
dentro magari
oscura visione
e miserie colorate
e poi
similbenessere.
Niente corrisponde
e
non ci voglio credere
I vostri polmoni telecomandati
li odio
sorrisi così untuosamente lunghi
da sembrare albe marcie o persone morte.












sabato 17 agosto 2013

Racconti dalla Casa in India pt. 2

Racconti dalla Casa in India pt. 2

Pt. 5:  Andiamocene

Dentro le parole
rivedo il senso
della mia esistenza
in quanto
paranormali segni convenzionali
che in fin dei conti
non esistono  veramente come significati

Pt 6: La perdita del cervello

Andavo tante volte
nella strada della perdizione
a considerarmi.
Diciamo che poi si smette
di esistere in quanto tali,
si diventa solo l’immagine
nel cervello degli altri
in poco tempo
diventiamo
i nostri scopi
e sentiamo pietà
per la pazzia di noi stessi.
Ma anche qui scende la notte
a deriderci
per sollevarci.
Anche in India
ritrovavo i traumi della gente comune
e il riversarsi di questi
nella sofferenza sociale.
Sul balcone però si stava bene.

Pt. 7: La notte tra il 9 e il 10 agosto

Mi guardavate tutti
mentre io e altri tre nuotavamo
in piscina.
Poi alcuni mi consideravano
la loro guida e per premiarli
ho fatto delle foto con loro.
Ho dimenticato
le relazioni
e stavo bene come non sto mai
come non so stare.
Diciamoci la verità
anche se la odiamo.
Rendiamoci un po’ più grigi
davvero
tutti gli altri colori sono devastanti.
Decrepiti anni si stiracchiano
in un’ultratachicardia,
il ventilatore mi dice
che andrà tutto bene,
andrà tutto bene.
Di certo scoprirò
da dove vengono
i “comunque sia”.
Me ne frego di fregarmene,
muoio più volte alla settimana
di questi tempi,
si sclera con questo caldo perverso
di voci addosso.
Che poi è anche quello che voglio.
Di certo
conoscevo
strani esseri.
Lì i problemi
ti generano,
quindi sei anche tu un problema.
Poi ti ritrovi a esistere in relazione
ai contrasti e non agli equilibri.
Le nostre difese comunque
non bastano.

Pt.8 : .

Disegnerai lo stesso
quello che deve succedere.
I petali stanno diventando
mercurio o acido
negli anfratti miscelati
di sangue da nevrosi,
da qui in poi
ti masticheranno.
Da qui in poi ti masticherai.
Rimarranno i tuoi scheletri rosa
a dettarmi cose belle da sentire,
rimarranno gli esplosivi
per avere qualche allucinazione almeno

prima di andarcene. 

giovedì 8 agosto 2013

Racconti dalla casa in India

Racconti dalla casa in India

Pt.1: Iniziano i deserti.
Menomale che non ho dimenticato
il bianco enorme
di certi balconi della mia,
oggi diserto dal capire le cose
voglio solamente che tu sia azzurra, e la sabbia bianca.
È l’ansia di chi non è fatto
per fermarsi,
non salirai se ti aspetto
non salirai mai
Degradati,
le emozioni ci fanno il fermo
e voi girate a spirale nei vacui buchi
della tempesta.

Mi ritrovo nei delicati
spaccamenti del cranio
una rivolta di cimici.
Tra qualche anno nessuno sarà più se stesso
Quindi saremo ovviamente noi stessi.
Non abbandonerei mai le idee.

Pt.2: Prima settimana

Un giorno poi avevo capito
che con buona approssimazione
non esisto.
Desolati, desolati,
non credo di avermi poi così tanto.
Si sta costantemente da un’altra parte,
decrepiti ricordo
scheletri blu
eseguire la ballata della felicità
in estrema sfiducia,
per le strade corrono
 ipocrisie travestite da motorini,
si sta male al sole,
si sta male al sole.
Senza senso ci ritroviamo dentro la prossima volta
ad aizzarci a vicenda
a ricordarci a vicenda
La casa in India
non si è mai spostata
di un millimetro.

Vedo lo squallore e la controriforma
travestiti da siamesi orrendi
ma lo sai non è che sono così eroico.
Mi sono già arreso al peso della mia disonestà
Qualcuno dentro mi mostra quello che non voglio
ma me ne ricordo male, vi vedo solo sfocati.

Pt.3: Luce

Si attesta un dolore
inutile e inesistente
mentre in realtà
non sappiamo
se la morte e l’ovunque
ci piacciano o no
e anche io ho desiderato
essere accompagnato
dai clown.
Cresco male quindi bene
e continuiamo a contare.

Pt.4: Seconda settimana.

Abbiamo cominciato
ad accogliere
vecchi che non fanno altro che sopravvivere.
Non riconosco più la casa, ha troppa edera.

Appena ho cominciato a succedere
non mi sono chiesto il perché,
non sono veramente dispiaciuto.
Dramma con tette enormi
niente disagio e contestualizzazione
e in un modo o nell’altro ti affezioni
alle cose presenti
quindi il mondo riappare
immobile.
Ho trovato dei rovi

Ho trovato dei rovi.

giovedì 1 agosto 2013

Beside



Beside

Sognavo
l’apertura
immensa
che mi avrebbe portato
a non abbassare lo sguardo
In fondo
hai ragione
ad andarne
fiero.
Devo chiamargli
in modo tale
da non essere
abbandonato

mescolatemi per bene
e io sarò d’accordo
un giorno