martedì 3 maggio 2016

Labda la Zoppa

Labda la Zoppa

Ed amando lo scheletro passeranno miliari di tramonti,
remando in una mattinata grigia dove il mare è un rognoso topo
e il miracoloso e tempestivo battito d’un occhio stanco
mi mostrò come dar sfogo al fiume Lete (il più malvagio)
urlando forsennato “Desolation Row” di Bob Dylan,
la vita la mia è una pagina di luce fioca e poca considerazione.
Poi con mani adatte al cazzeggio d’una mente
che si fece aralda del regno dalla parte destra del fiume
noi, alchimisti, rendevamo pietra ciò che prima era desiderio, impressione,
opinione, emozione o alterazione dell’animo

Lambda la Zoppa generò a Corinto ogni tirannia
che nel corso dei secoli avrebbe serpeggiato avida
negli aeropaghi e nelle agorà.
E saremo arrivati un giorno,
all’indomani della controriforma,
a veder le corti d’oro del Rinascimento
spargersi ed urlare ancora tutte sporche d’arte
tutte sporche di filosofia, di vino e di corruzione.

Così caldo era l’amore e s’è spezzato
e m’ha cotto
come porcellana Ming
in un forno a bocca di drago.
Ed un tappeto steso piano davanti a quello che è il nucleo fondamentale
di te stesso apocrifo, non pervenuto, addirittura agrafo,
steso per accoglierti gradualmente.
C’è qualcosa al di fuori? Al di fuori
di Anima, di Mente, di Corpo ?

Sarà un viaggio attraverso tutte le Sephirot, sì, tutte,
fino all’ultima,
compiuto da una bambina e da un samurai ossessionato dalla guerra,
per pensiero, divagazioni e reami d’imago.
Il Buddha del presente
Il Buddha del passato
Il Buddha del futuro….

Ed è la natura che saprà imparare da noi 
dopo averci visto da lei imparare,
il significato lo trovi sparso
come chicco di riso a Chang’an,
s’è deteriorato in brandelli, è esploso.
Cadenze,
ed il mio nome è un suono pressoché impronunciabile,
ti vesti del colore del cielo
perché così facevo io prima di te,
sei in tutti i sensi
metafora plastica e simbolo
collegato chissà a che cosa
in chissà quale piano temporale.

Ed ogni verso sembrava uguale
a quello del giorno prima
in un susseguirsi di locomotivi
segni linguistici,
io ti parlo nella mia lingua
e tu mi rispondi nella tua.

Gli uomini spesso,
in canottiera e mutande,
si grattano i coglioni per noia

Una linea orizzontale fu una privazione immensa
e ci costrinse a poggiare coi piedi per terra.
Volavamo, prima, ed ogni pensiero non era un pensiero
ma una piuma o una foglia
in caduta libera verso l’interno.
Adesso camminiamo, traumatizzati dai primissimi legami,
brillantemente ci siamo tirati fuori dalla società
ed è bastato credere di farlo.

Ed una canna la può portare via il vento,
il vento che è il tuo dio
o uno dei tuoi dei.

Meraviglia e sintomo d’anima,
l’albero bianco di Gondor….

E vedrai gli anziani La Rosa
rimpiangere gli anni 80, le audi A6,
le mazzette gli evasori i notai
e la casetta a Castelluccio,
intorno a tavoli i piedi sono gonfi
e mettersi contro la burocrazia
è come mettersi contro tutti gli dei dell’olimpo.
La burocrazia è delicata e non la puoi smentire
neanche pagando fior di milioni un perito calligrafo.
Eletta come unica possibile interfaccia
tra l’hegeliano “stato sociale”
ed il comtiano potere ombra
serpeggia e ci confonde
per metterci nelle mani d’un governo che non ci serve.
E ti sveglierai un giorno
tra scartoffie e moduli
con la S.E.R.IT cane rognoso e vigliacco
che ti corre dietro
rimpiangendo d’aver accettato un tirannico diritto al voto
ed il parcheggio, l’ufficio,
i colori di tutte le banconote.
Se dai a qualcuno coltello e forchetta
stai tranquillo che qualcosa andrà a divorare.

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