lunedì 5 ottobre 2015

Ultima

Ultima

O meraviglioso ossequio di mostri
o meraviglioso circo intarsiato
di poeti e animali e belve e poeti,
quale rivelazione trasporti
in questo deserto?

Era di smalto
quella simulata bomba,
intagliata in maniera disumana
nella mia testa
nella tua
in quella del manovale
nell’aceto delle casalinghe.
Tutti contro tutti,
guai e allucinazioni.

Tra monti poco alti
e fiumi che dalla terra
come cimeli d’ombra
hanno osato
dilungarsi
allungarsi
diluire
la terra.
Certo, mi dici,
il fulmine,
il Galles che ancora
allo squillo del  tuo profumo lussurioso
nella testa rientra cavalcando.
Il Galles, cimelio d’ombra anch’esso
coi suoi fiumi
e i suoi monti poco alti.
Qualche volta qualche anarchico sbagliato
e invidioso
si lamenta
anche lì.
Ricordi e nei ricordi
la luna metafisica
le praterie che si estendono come ragni
nella notte,
i parchi
la marijuana
e tutto il resto.
Come brilla
come brilla
questa testa qui,
come brilla questa testa
piena di fanghi
piena di sabbie da tutte le spiagge.

Lasciamo lo stream
nel suo posto,
che è il 1920-
Lasciamolo lì a germinare
noi venuti
ridicolmente
dopo
la Woolf.

Ma a chi importa, dopo tutto?
E se non importa, è davvero importante?
Naturalmente la risposta afferma
e non nega.

E adesso mi si mette davanti
questo fuligginoso esperimento
ha pelle e ossa
in testa
una meraviglia enciclopedica
che gl’ha fatto battere il cuore,
tutte le facce che sfilano
nude
tutte le loro idee
le idee dei morti
le idee di Ginsberg
le idee di Kant.

Che c’è di male, d’altronde,
ad esistere su un altro piano,
un piano che dalla carta
ha preso vita,
dalla carta e dalle miliardi di carte
sparse
su tavolini arcadici arcaici polverosi relitti

Riassumendo, ve la spiego io la poesia adesso:

Una solitudine macchiata di grigio
il cielo di Cardiff
e nel cervello
una danza di veli e di prostitute d’intelletto,
dare un bacio nella bocca di Rimbaud.

Senza pretese c’era Wallace Stevens
che s’è rotto una mano
nel tentativo idiota
di spaccare la mascella di Hemingway,
quel povero presunto marinaio
malato di troppa mascolinità

Riassumendo, contro il disordine dilagante:

Una solitudine macchiata di grigio
il cielo di Cardiff
pare adesso
un polverone di rombi
e forme
e voci inglesi.

A questa schifosa fallocentrica
terra
come mosche
attirati.

E nel girotondo economico
ci sono queste guardie enormi,
gli eretici sono usciti zampillando
in purezza
da questa fontana d’angeli,
loro innocenti leuconoe
persi in questo vento merdoso
che sventolano
il cuore
le vene
il cervello
l’inconscio
la sporca mitologia dell’inconscio
il sesso con l’inconscio
la sporca e sacra e santa
mitologia
di quest’incoscienza
che come una baccante
soddisfa il suo bisogno
prima di squartare il compagno.
Dicevo, ci sono queste guardie
che con spadoni
squarciano quei poveri tessuti.

E poi, il mondo videloudico.
Una pozza dei desideri
dove sarai sempre
te stesso bambino,
un incontro mitico
con simboli cibernetici
di pace.

Ed è naturale, ogni uomo è un mondo,
ogni Io il suo non Io,
e tutti a farci guerra l’un l’altro
navigando dentro Dio,
inventando Dio
dentro Dio,
immaginando Dio
dentro Dio,
mordendo falsi idoli
bestemmiando falsi idoli
dento l’unico grande Io.

Ed eravamo così presi dall’odore verde
della moneta
che scambiammo,
esseri primitivi e selvaggi,
l’amore per il lavoro.

È tutto finto

È tutto assolutamente finto

Se sai una cosa
dirla o non dirla non fa quasi più differenza
al livello esteriore,
tanti sono i giullari che urlano e si lanciano
le proprie feci addosso
come scimmie abbruttite.
Ed ecco che per mano con dolcezza
c’hanno presi e portati
al mattatoio,
offrendoci l’opportunità di rifiutare
ma facendola apparire
connaturatamente sbagliata e sconveniente
e brutta da vedere ,
in un sol colpo si coniuga la democrazia
con la dittatura
in questo magnifico
acquerello
di politici demoniaci e compassi sospesi su occhi.

Così per i folli e così per me,
morendo ogni giorno
con un’accezione positiva però,
in quanto è più forte lo spirito
di quella che si crede banalmente
essere la carne.

Il viaggio è stato lungo, lo so,
ripeto dietro al maestro.
Attraversando i templi dedicati ad Anubis
e quelli dedicati a Horus,
la faccia pallida di Helda Doolittle
che va in preda ad un altro crollo emotivo
per colpa della WWII
e adesso tantissime lacrime
rigano le guance mie.
Il tempo non ha più senso,
il biglietto è esploso prima di esser convalidato,
il tempo non ha più senso.
Tenendo per mano i vecchi spiriti saggi
fungendo loro da bastone
il tempo non ha più senso.
È un corollario da seppellire.

Chè tanto tempo fa
cercavo in tutti modi
di diventare io stesso il paesaggio
e ad un livello superiore
estendere all’infinito
le dimensioni della mia essenza,
chè tanto tempo fa
volevo essere l’Afon Taf anche io.
Ammirate il delicato e capzioso
congegno dell’espressione,
ricorda un mantra a cui la propria vita
va dedicata,
una storia dai mille esiti sempre diversi,
un Dio terribile con infiniti volti
ed infinite schiene,
l’abbiamo sempre avuto
dietro e un po’ a destra,
invisibile, oscuro.
Un mondo solo dal re ordinabile,
un logos non parmenideo,
qualcosa che non è più né deterministico
né regolato dal principio di causa/effetto.

Ok. Altro punto fondamentale
erano i tuoi occhiali blu.

Questo ciclo non si chiuderà mai.
Questo ciclo è come
quell’angelo nella tua bocca,
affranto, lupesco,  intriso di buoni e cattivi sentimenti
tutto sincronicamente,
è il tentativo opaco di coniugare
Memoria e Presente in unico idolo plastico
che riporti il tempo alla sua naturale consistenza di piano;
Capite, capite adesso la scena finale del dramma?
Quello stesso Saul schizofrenico
che un tempo si azzardava ad urlare a suo figlio
i suoi terrori edipici
adesso è mansueto come un demonio sconfitto,
riflette filosoficamente
sull’abbandono
e sul momento di transizione
da catene di corpo
a libertà eterna,
se ne andrà agitando il suo bastone
pensando alla pornografia sottesa ai disegni del cielo
e alla compresenza di qualsiasi cosa dentro ad ogni individuo,
all’esplosione delle possibilità,
camminerà per i cieli
masticando radici di psiche
mormorando parole d’ amore
alla sua parte femminile
rincorrendo la propria unità
fino al regno di Toth
divaricando le gambe
scalciando
e svanendo finalmente
dietro al tendone polveroso della realtà

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