lunedì 22 febbraio 2016

Mi distacco dalle percezioni

Mi distacco dalle percezioni

Vi è una piramide posta al centro,
piccola. Ruota su se stessa.
Il mio corpo non è il mio corpo, bada,
è che mi ci sto affezionando troppo.
Ed io non sono il mio corpo, apparentemente.
Ma se ho gli occhi dentro la testa, professore?
Se ciò che  vedo è proiezione?
Allora vi sono due corpi, forse, uno rinchiuso nell’altro.
Mi sembra l’ipotesi più convincente.
Una piramide posta al centro, piccola.
Non sono altro che un albero schizofrenico
convinto d’esser uomo, un pugno di terra polveroso,
un sasso di S. Maria la Scala, robe così.
Non è possibile distaccarsi dalle percezioni alla mia età, e concludo.

Anche Eco se ne va
allo schiudersi malinconico del nuovo secolo.

In macchina con i migliori amici e le loro volatili donne,
in macchina vestiti da mesti abbandoni,
farsi rapire dal gentil sesso era un gioco divertente 
fino a qualche tempo fa.

Io ho troppo poco orecchio musicale però,
non riconosco neanche una pentatonica.

Cosa succede se mi lascio cadere, eh?
Ora, via da tutte le braccia magre e femminili
che mi si allungano addosso,
se uccido il me stesso bestia taurina,
se rinasco come purezza di luce?

Collegandoci all’anima, che è eterna,
collegandoci a lei una sola.

Before you eat the orange
make sure you alter your state of mind.

Vibrammo come colpi di spada
sferrati nel vento di Osaka.
Tempo, tempo, tempo.

Shelley sotto forma di satrapo negro
telefonò a Baudelaire in un sogno.

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