lunedì 17 ottobre 2016

Le Vigne di Epernay

Le vigne di Epernay, le vigne di Oiry,
le vigne di Vertous.
Colorate come la dea Cerere
e le prendi  e le mani t’inzuppi di zucchero,
e ti tagli tutte le punte delle dita.
E chi sorride se non gli Anarchici
al vento, sperduti come pellicani?
Chi sorride se non la ragazza spagnola?
Le vigne di Epernay, le vigne di Oiry,
le vigne di Vertous….
Assaporale come un sogno
in cui nessuno ti vuole svegliare,
sai che sembrano verdi ma non lo sono.
Sai che il sole sembra un sole,
sai che il cielo sembra un cielo.

Bis:

L’io Bambino, L’io Bambino,
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH.
L’IO BAMBINO!
E tu poeta sai urlare bene in forma scritta,
sai cucinare,
sai sorridere,
sai abbracciare.

Le mani delle donne e le donne,
le mani piccole andranno bene.
E ti guarderò a lungo
a lungo ti guarderò
e neanche ti saluterò
e non dirò neanche grazie
perché escluso o come se
messo in un angolino del cappello sociale.
I miei compagni si chiamano infatti freaks,
e irrequieti, e nevrotici con manie del pulito,
e gli alberi tutti, e i maiali.

Complesso sistema di pianto. amen.
Complesso piangere stesso. Amen.
Lame lanciate da lame lanciate da
Dea Morte e Dea Vita,
mettiti il cappotto lungo,
il cappotto smesso, liso.
Sii dunque nudo, sotto, e immensamente
estasiato dalle percezioni.

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Povero Kevin,
che si bucava
e decantava il suo acquario ascendente sagittario
come un trofeo,
e adesso gli cade dalla tasca il metadone
e un singolo cotton-fiock macchiato di sangue.
Con tutti i polsi che cinque anni fa s’è tagliato
per una ragazza ma adesso è passato
e la sua anima prova a brillare
-potrebbe anche seguirci-
e ride e si agita tutto.
Mannaro, angelico, demoniaco.

E suo cugino Sebastian (XIII, V, III, XV, XI)
con una bambina bionda a carico
dice che le fa da padre e da madre, e nient’altro.
Ha dentro un mistero impalpabile, prova a ridere,
ha anche due code.
Guardava la morte, il diavolo, e dentro tremava
ogni enigma è infondo descrivibile
con pochi gesti.

E poi Qin Qin (V, XVIII, III, XX)
nato il cinque aprile,
mi mostra i buchi che ha sulla costola destra.
Dice che ha avuto un tumore
e che spesso litiga con sua madre- lei non vuole che lui
continui a fumare sigarette o altro.
Ed ha le caviglie più magre della russia leninista
corregge la birra con il liquore
ci sorride e ci offre un giro
della sua zuppa calda quotidiana.

E non hanno nessuno su cui inciampare
perchè abbandonati d tutti
l’unica casa è il mondo
o la loro tenda rosa sporca di eroina
vicino al fiume.

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E forse è così che voglio vivere,
forse le persone di cui ho bisogno
sono già intorno a me.

Appeso alla vite
sta un seno di grappolo d’uva
fai ben attenzione a tagliare il giusto grappolo.

E poi anche oggetti come grappoli,
parole come acini,
tutte queste cose….. e te le porti dietro
paguro.

La maestra Pina mi aveva anche detto
che quando parlavo sputavo.

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Corri corri corri
questa bellissima naturaleza.
Alce che in manicomio risiedi
adesso sei uscita fuori
a grufolare il prato
con le tue corna legnose.

I giochi sociali
credo di non avere mai veramente
capito le regole.
M’abbandono a quest’io di ferro
che sbatte e attrae e respinge.
Tutto è rota
tutto è rota
che gira
e innamorata di se stessa va.
Hai nelle mani un caos blu e verde
scatenato così debole e onesto
e forte e fortissimo.
Ma comunica male
pur parlando correttamente.

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E a volte le persone non sai ciò che hanno passato
e dunque
sulla metropolitana
li vedi sclerare e sdentati ma bellissimi.
E tutte parti di te la volta celeste contiene questo e altro.

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Che cosa hai imparato, o allievo?
Quale lezione preziosissima eppure minuscola,
piccolissima,
hai oggi messo nella saccoccia tua?

Che la vita è una lunga veglia di sonno buio
con gli occhi aperti,
inframezzata a volte dalla verità, che sta nei sogni?

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E poi si va di nuovo vivo è il mare in te,
Tommy sorride con gli occhi obliqui da pesce
s’è lavato con l’acqua di un fiume
ha fumato
s’è addormentato russando nell’io più avulso e junglare.
Asia invece è maya donna distratta e vera
non so per cosa continua a sentirsi in colpa.

Gli altri fratelli e sorelle ora distanti,
i biondi e tedeschi,
gli acitani riccioluti o occupanti,
i trecastagnoti tatuati e mai così
collettivi nel sorriso di casa con tanti gatti
e di Etna.
Gli altri fratelli e sorelle,
lo scheletro, così simmetrico
nel suo ultimo giorno d’ottobre,
e il serpente,
già vecchio, aristocratico, alcolista, gemello.
Il gufo, che da rimpianto in rimpianto
adesso cammina
per dimostrarsi a se stessa,
e poi l’attore, con il pungiglione, naturalmente.

Ricordare ti fa male, vecchio stronzo,
ma hai anche la luna dietro e
dunque andrai avanti
a tradurre sofferenza in serenità
come un testo greco o latino.

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