lunedì 17 ottobre 2016

Huysmans, parte settima

E li lascerai vivere e parlare
scioglieranno le loro insicurezze
come principio salino
in acqua verde.
Papà armonia universale
Mamma terra
Papà mondo intero
Mamma corpo e anima
Papà albero immenso
Mamma Oceano
ti vedrai per come sei.

E v’erano ali che svolazzavano in un’immensa conchiglia

Stanati dalla vostra vecchia casa
scoprite che v’è un giardino da coltivare
in ognuno.
Attorniato dal caldo sole d’agosto
vivevo a casa di Gesù che stava lì immobile
ricoperto di simboli
come un quadro di Kandinsky
e non lo capivo minimamente.
Mare impervio ma buono.
Inferno rovente orribile
ma lo vorrai e lo sceglierai
senza neanche accorgertene.

Hai di nuovo fatto la bella scappare
col tuo magico sorriso a specchio.
Gli altri non ne sapranno mai nulla
di codesta tempesta arcana
tra i beati capelli.
Senza macchia senza colpa
perchè non v’è macchia non v’è colpa
se non quella di un logos incorruttibile
immanente
calato respinto dall’ansia
di manifestarsi a se stesso.

Urlasti e dall’oceano hai poi capito
che nuotando arrivasti.
Covato da ciò di cui sei parte diamante.
Come tre alberi ramificati nel vento
taciturni estraniati dal contesto.

Una memoria che è grande come una luna,
a-mors. 

Volevi parlare di un equitario sentimento
di fratellanza,
tra i soldati camerata
nella guerra del Grande Io
eravate quelli che più ricordavano
più sentivano lo spazio-tempo avvolgersi
come una mangusta.
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Cinque agosto,

Lapislazzuli
È certo che lei di desiderio arde
e cerca la ragione.

Ed era la marittima via stellata,
podio confuso
di seimila luci.

Cosa ne sarà del povero fauno
e del povero druido
con i loro nomi
di stupendi pastori o serpenti?

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Segni. Pentagoni.
Tiferet.
Hod.
Netzah.
Boaz.
Jachin.

La ragazza si ricoprì di cruciverba,
c’eravamo conosciuti
tre vite prima
ed era probabilmente morta prematura.
Ho dischiuso un segreto.
Ve ne sono a migliaia qui,
nascosti e sottili e impercettibili.

T’ho inventato e reso bellissima
e t’ho perduto a posta.
Eri un’anima dunque mare
Con tutto ciò che ne comporta,
non tornare
da me
non tornare
che in me sfera immensa
sei e sempre sarai

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L’apice lo raggiunsi una volta
col più semplice dei respiri.

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Pianeta dentro

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Un urlo sorride ad un urlo
entrambi soli su una panchina.
Ha provato a gesticolare
ma tremava,
separato come un tentacolo di polpo.

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