lunedì 17 ottobre 2016

Quarto dialogo, tra il Dott. Torrisi e il suo paziente Salvo, sull’essenza visiva delle cose.

Salvo:
“Permesso?” chiede salvo,
un onesto muratore vestito di tutto punto
ultimo grido della moda “Caterpillar”
per operai e mastri muratori.

Dott. Torrisi:
“Si accomodi, ssigno’ Ssavvo”
E Salvo s’accomoda dunque, in una poltroncina grigia,
con lo scheletro di ferro nero e senza braccioli.
C’è un gatto su uno sfondo viola
che potrebbe benissimo essere stato dipinto
da Dante Gabriele Rossetti.
“Alluora, Ssigno’ Ssavvo, mi dica”

Salvo:
“Dottore, ho un po’ perso il senno.
I sogni vanno alla grande, adesso.
I problemi di cui abbiamo ampliamente discusso
la seduta passata
sono scomparsi”.

Dott. Torrisi:
“Oooh, sugnu cuntentu. Minchia però,
ie pazzesco u sai?
Sii ll’unicu ca veni e iu ci pozzu fari
annicchia ri psicoterapia,
ll’unico sii!”

Salvo:
“Di questo la ringrazio infinitamente.
Sa che è un piacere condiviso.
Ad ogni modo, dottore, sto lentamente
perdendo la vista. Credo di star perdendo la vista.”

Dott. Torrisi:
“Tu? Tu ca ci viri megghiu r ina linci?

Salvo:
“Non parlo di quello… Parlo dell’immagine interiore delle cose,
mi sfugge.
È come se degli esseri umani percepissi
solo l’anima e niente forma.
Nel momento in cui distolgo lo sguardo
o chiudo gli occhi,
ecco che scompaiono.
E dentro mi rimane solo un’apparenza, un fantasma,
un lenzuolo con una sagoma al di sotto.
So che sono loro, ma non hanno più una forma definita, capisce?


Dott. Torrisi:
“Minchia! Cosi seri su!
Penso ca ci putissi macari mentiri
annicchia ri impegnu supecchio,
quando guardi alla realtà”
ed adesso il Dott. Torrisi,
grigiastro e bucherellato da un’acne giovanile
risalente a 48 anni prima,
decise che si sarebbe sforzato in tutti i modi
di parlare un italiano regionale varietà sociolingiustica
del versante nord orientale dell’Etna,
per dimostrare il suo coinvolgimento emtivo/filosofico
all’intrepido Salvo e a se stesso.
“U sacciu ca nunn’avi forma, la realtà.
Semu noi autrci che gliela, come dire,
impichiamo su.
Macari iu fazzu fatica a ricordarmi
per filo e per segno i lineamenti, perché
stanno nel momente presente. Ddocu.
No ‘ndo passatu, ie mancu ‘ndo futuru.
Ie macari ca su ammiscati ‘nda n’unicu tumpuluni,
non su i stissi.
E u presenti macari ca u cecchi ppi na vita,
mai t’arriniscerà ri viririlu!”

Salvo aveva intuito, con le sue grandi doti d’ermeneutica,
il significato nascosto nella voce rauca del Dott. Torrisi.
Tuttavia, sapeva di dover portare adesso un fardello
ovvero sia
la percezione di una realtà maggiore,
fatta di blu spirito e di forma cangiante, inafferrabile con gli occhi.

Salvo:
“Sarà il suono a salvarmi, forse.
Forse nel suono, che forma non ha, ritroverò il complesso sistema
che rende materiale e finita qualcosa che non lo è..”

Dott. Torrisi:
“Capisco. I cristiani non su musica però”

Salvo:
“Dipende dal punto di vista, dottore.
Comunque la ringrazio per il suo tempo
e per i suoi consigli, che sempre giungono
all’occorrenza.
Vorrei a tal proposito raccontarle un sogno….”

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