martedì 24 novembre 2015

Il vecchio solitario Dingo

Il vecchio solitario Dingo

Una rosa che sboccia
nera
è ed era l’amore
-il tema di Tifa-
mentre il fungo mi consuma
e lo scorpione trionfa
in un novembre
siciliano, tropicale

Come sempre
la mente è un pozzo
Venere
come prenderti?
Il sesso è sacro.
Intanto immaginavo, per ipotesi,
-una zanzara morde la fronte-
come sarebbe andata
se la società
avesse reputato i genitali
normale estensione
complementare al corpo
e non misero tabù da innalzare su un piedistallo
da un parte
e riempire di spine
dall’altra

Morderò come Mario Rapisardi
attenderò l’Armageddon
con la consapevolezza
-la parola nella testa
come un eco di déjà-vu-
di non essere né ritrovato
né a posteriori letto

Prima del La maggiore
prima del Mi minore
prima dell’arazzo di bellezza distaccata
che è il mondo,
soverchiare dio
manipolarlo
-non si offenderà-
è un automatismo forzato
di corrotte crociate
tendenti al blu scuro,
trascriverò in ritardo
molto in ritardo
questo smegma d’idee

è il gusto di fare ermetismo
che poi è il linguaggio dell’incoscienza.
Quanti illuminati che vedo…
appesantiti, riottosi,
come maghi
come un vecchio solitario
Dingo,
e gli amici cosa sono se non tegole
su una casa ad albero
che si estende in disgrafia,
di nuovo il mio centauro
ha scavalcato le otto mura
del castello dello spirito
lanciato la sua saetta
oltre al di là
del verbo
al di là
della teoria della letteratura,
né Schleiermacher
né la skopostheorie
potrebbero veramente tradurla

Cobra cobra
che ti sviluppi
in un cesto di vimini
e cresci
e te ne sbatti

Come in un’Atene
Pericleana
ordinai ai miei schiavi
di erigere un tempio
con dentro specchi
contro i quali è evidente
che la coscienza si alteri
e dalla mia immagine
ne scaturiscono mille altre
come un polipo dall’aspetto piacesco

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