mercoledì 15 maggio 2013

Berlino, ovvero la nostra capitale.



Berlino, ovvero la nostra capitale.

Berlino la soffocano nel freddo di proiettili crocifissi al vento,
come parole di un ubriaco del sottosuolo.
Ne vedo le fiamme
blu
stranamente
scure.
Sono gli eserciti della sconfinata assenza di miracoli, che marciano.
Guerre sante.
Marciano sempre. Non si ricordano
neanche
che vita avevano prima di fare i soldati.
Formiche assetate di star soli, di essere da soli,
vanno racimolando un po’ di arte distillata.
Che ne sanno loro di cosa c’è di concreto
quando percepisci?
Tu percepisci e basta.
Sono solo insetti schifosi
rassegnati al tredici ottavi degli stivali del nemico.
E allora bevono un po’ di sangue come vampiri
malati di troppa vita, espressivi paesaggi schiumosi di fretta di andarsene su per le nuvole.
L’oscurità ha preso la città, come un nuovo dittatore immenso, e
si va allora come lucciole deficienti nel ventre della luce .
Se ora ti azzardi a dire anarchia,
ti ritroverai rinchiuso nella prigione della Sotto-memoria.
Lo so che Berlino non cambierà mai,
è idiota pensarlo.
Pensare che è il corpo che scorre nel sangue,
che siamo fatti di miscele di azoto ineffabile allusivo allucinato,
che i nostri atti perlocutori sono soffrire promesse dell’immaginazione,
tradire compagni di schizofrenia,
morderci a vicenda fino ad amare il nostro poetico sapore.
Come cani estranei all’affetto barricati dentro misteri pubblici,
cerchiamo invano un bastone per proteggerci, ma non possiamo afferrarlo se non con i denti.
Siamo solo randagi, senza territorio, che pisciano ovunque,
perché ovunque è più accogliente del qui e ora.

Tutti praticano il mistero della fede, da oggi, qui a Berlino.
Vendono maschere antigas ma non ti proteggono dall’informazione biblica
di lampadine di elettricità di pubblicità pubblica di necrofilia.   
Non ho più la forza per farmi il segno della croce, per soffrire
della simbiosi con gli altri.
In palestina doveva tirare un’aria più o meno strana così,

quando Gesù si è ammazzato.
Forse rassegnatosi all’impossibilità
di proiettare noi stessi sul mondo.
O forse sconfitto dal suo complesso di Edipo,
o forse perché non aveva
abbastanza
autostima.

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