mercoledì 9 dicembre 2015

Solitude vademecum cervo cipolla cancro e rum

Solitude vademecum cervo cipolla cancro e rum

Un cuore scarnificato isolato
mausoleo di cristalli colorati

Tanti tentacoli avvolgono
tutto e tutti, pianti e risa,
la Sicilia.
Quest’oggi fu sibilo lacrima onesta
gettata per commozione
vedendo Squall sorridere finalmente, prima.
Poi, fu me stesso
il maiale con gli occhi chiari
legato ad un corpo
che ulula emozioni
incomprensibili,
la voglia d’esser masticato
come un chewing-gum
dalle dee di questo pantheon,
d’esser preda
preda degli eventi
preda degl’occhi degli altri,
d’esser trovato e mai cercato,
cullato,
armatura
colpita con estrema delicatezza,
eppure vi è un Rimorso,
il paladino della luce
vecchio pezzetto di merda
eroica
che ha ancora la forza
di alzare
lo scudo e la spada
contro il demone scimmia
dentro noi tutti.

Salvo poi considerare
questa prospettiva
come gabbiano cieco
che naviga per arie meravigliose
pensando di trovarsi
nella spazzatura.

Vedi, vedi mia cara?
È uscito fuori, alla fine.
È stato come cagare,
come andare a pescare.
Di colpo l’alba splendeva
di nuovo
e vidi chiaramente
quanto è rotto questo specchio qui.
*****

E tutto dunque ramifica
dalla commozione.
Commozione.
Iride scalza ai piedi di una pancia bianca,
capisci d’essere un ciottolo
e t’acquieti,
pur pestando maledicendo
l’estasi,
l’estasi essendo ὕβϱις.
-Una lotta sempre un contrasto
di bellezze come acqua riflessa ad acqua,
lo sperpero del cervello.

La verità potrebbe
risiedere dunque nel tempo
che è come se fosse immobile
momento dopo momento
anche lui scalzo
e umile,
ci rosichiamo la carne del torace
pur di poter sentire
un movimento analogico e infinito
diventare digitale,
questo le bestie non lo fanno.
E non ti salverà di certo
urlare dalla tromba delle scale
le tonnellate di coltellate represse
vomitando infatti le cavallette
che avrebbero un giorno distrutto
il tuo stesso raccolto

I veri santi miagolano
e gonfiano la coda
non certo per Dio.

Si può, dunque,
attendere – è una patologia.
Aspettare a mani aperte,
quasi formando una coppa sopra la testa,
questa rivelazione
sogno o coyote disperso
tra cicli di dimensioni,
questa magia da apprendere
per sbloccare e quindi leggere
il self,
il nucleo che come un rettile
si bagna d’aria la lingua
mentre noi facciamo finta
di essere noi stessi
e d’invecchiare.
Ma è un passo più lungo
non solo della mia gamba
ma della misura dello spirito stesso.
Attendere, dicevo,
è come patologia
tale venerazione,
indegne volpi
guardando brillare il cammino
di materiale completamente in disordine
e dunque ordinato velatamente


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