giovedì 16 aprile 2015

Thames

Thames

Londra maestoso controsenso
con guerra monumentale,
tecnologia
e neoclassicismo
goticamente blu

Sono allo stremo
e nello stomaco
ho te danzante,
come morire,
in che senso.
Tra l’altro
scavando nelle scarpe
non ho trovato
che insetti mutaforma,
il male è l’impossibile
fermarsi
del pensiero
e quindi del corpo

“Fai attenzione
quando fumi”

Penetrato dalla tua voce
così sibillina
ho visto lo scheletro
di nuovo
crescere rami e fiori,
tutto così tantrico
così poco cerebrale.

La mia penna vietnamita sbava

Io sono un fiume
con dentro tutto.

“I have conversed
with the spiritual sun.
I saw him on Primrose Hill” (W.B.)

*
Ho visto due bambine
comunicare attraverso il Partenone,
non avevano paura degli dei.

Londra mi ha falciato le gambe

*

Adesso 3 ore di delirio
tutto spaccato
su cuscinetti di dolore
non è dio il mistero
bastardo
non è dio la luce interiore.

Nel frattempo abbracci cuore
e dormi,
stando fermi nel caos
si dura a stento,
accarezzare la scapola
contro il freddo.

Camden Town pullula di evasori,
è vero, e come!

Tanti teschi di diversi colori
intorno ai polsi,
la bruttura visiva
degli aghi sulle insegne,
airone enorme
è fantasia bianca
di scagliarsi contro,
è faticoso inghiottire.

Il vero stupido
è chi resta infelice,
non io,
non noi.

Talvolta però il peso delle circostanze
merita anzi deve essere
meglio analizzato ,
compreso, adulterato
in un’iride gigante,
calda da ustionare
la pelle.
Infatti l’unico modo
per superare le cose
è mangiarle.
Se vuoi dire
“nutrirsi di esse”
è un modo,
se vuoi dire
“levartele di fronte agli occhi”
è un altro.

*

*

Alle porte della Siria
ho una paura immensa
dei Giganti
venuti da chissà dove
a trasmutare
la nostra specie,
le loro ali spaventose,
chimere.

Ci uniremo con le piante
più più senzienti di noi
bocche tagliate e coscienza,
biforcuti bastardi
che mordono pure.
Rifonderemo l’anarchia,
pugnaleremo
i culti
e staremo comunque male,
costantemente sull’orlo
di quest’occhio
da nera pupilla
come acqua in caverna
dove luce del sole
specchiarsi non può

Dita schifose belle
le amo,
su un mare per lo più bianco
navigare
masturbare
creare.

Un affondo di stiletto
nel grosso stomaco
del dio
a vedrai te stesso,
lo bacerai,
lo fotterai.

Ti amo.

Preoccupazione
la notte viene
e pone  mani
affilate e allungate
intorno al cranio
e dentro,
nei polmoni,
negli atri,
non ho imparato
volontariamente
a difendermi.

Tempo corollario
del pensiero
pastore indecente
con la minchia di fuori
cane porcaro.

Il concetto dietro il progressive rock fa male,
a lungo andare ti trasforma.

Ed era l’odore convincente,
l’ago cade e trapassa
un’acqua di corpo,
ed era l’odore convincente.
Sapendo questo
non ho fortunatamente
mai sfogato il prato interiore
in ortiche.
Con una spada in mano
comincio a
rettificare
il profilo increspato
dello scoglio
ma
dentro impossibile contenere
questa skyline mistica
di scheletri neoclassici
che si innalzano e abbracciano
cibernetici ammassi di vetro.  

海で 自殺 欲しくないさ

A più tratti ma in circa quattro ore
funesta vita bianca
infinito messaggio
di presunta trascendenza
che è in-scendenza,
passo da Bristol
e le gambe sono rotte,
la pesantezza dei muscoli,
il miracolo finto e vero.
Un bordello allucinante.
Un viscido lupo nel sedile accanto
morde se stesso.
La metro, sonno,
la metro,
do you wanna fight?
No man it’s all right
we were just walking back home,
please. 

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