martedì 5 aprile 2016

Uno di quei momenti in cui non hai inventiva

Uno di quei momenti in cui non hai inventiva

Uno di quei momenti in cui non hai inventiva
se non quella del petto per le forme ricercate di dolore.
Amanti, invischiati con idee
con versioni di qualcosa che solo al livello di stimolo
poteva essere considerato reale
ed è diventato, codificandosi nel tempo,
un imago cesa dell’effettuale.
Ci camminano a braccetto, con questo schizzo a matita.
e a volte provano con garbo a farle salire a casa loro per una scopata.

Il post-moderno, che è tuttora ciò che si evince
dalla letteratura del nostro secolo,
è questo, ai nostri occhi.
Ci vuole coraggio per dare un nome
anche alla catalizzazione artistica d’un ventennio, d’un trentennio.
È la legge sottesa all’umano timore di morire, dopotutto,
quella d’inventare un nome e donarlo alle varie sfaccettature del mondo.
Tuttavia cosa rimane, se non codesta miseria?
Un’ulteriore succo del contesto,
spremuta d’una spremuta d’una spremuta.
D’altro canto, che importanza può avere innovare
ad ogni costo?
La voce è unica per tutti
ed è quello che conta.
Anche nel IV sec.
filosofi camminavano
tra schiavi e artigiani
persiani navigavano contro le coste
amori di giovincelli, ginecei
ed una forma di teatro tragico mai eguagliato.
(chiusa parentesi)

Siate in grado di guardarvi con parsimonia
e d’eclissare ogni vernice nera
o pasqua di dolore
che s’arriccia in voi.
Se era eros è stato giusto
dare tutto se stessi
anche se era illusione d’eros
e ne siete usciti un po’ a pezzi
ma in quei pezzi trovando
risposte preziose ed arazzi di psiche intrecciati

Un terrazzino metafisico
una voce di donna.
Ha i tentacoli acuminati ma l’hai creata tu,
vi sono luoghi, salotti, stanze degli ospiti
che mai più rivedrai.

Ed un pesce immenso, azzurro e blu,
un occhio è un universo a parte
ed estrema saggezza più astrale
superando dualismi materiali ed astratti.

Nessun commento:

Posta un commento