domenica 3 aprile 2016

Sarasvati, volume primo

Sarasvati, volume primo

Ed intarsiando questa prima su di te
bella, indiana, che ancora nome non hai
e tanto spazio nei seni tuoi
dove correre con le mani.
Vi saranno fenici, e schizzati,
e paradisi a matita,
fuoco che brulla giù nel pozzo.

Imparando con l’esperienza il fascino che ha
scrivere poesie sulla pelle d’una donna

Adesso, con calma, è iniziato un nuovo corso,
questo è il momento giusto,
comincerò toccandoti i capelli.

Ogni cosa trasuda essere perso dimentico dimenticato,
all’alba sorridevano gabbiani
e apparecchiavamo grandi tavolate.
Intrappolato dentro ad un museo.
Non puoi sfuggire il venereo muro del suono
che è te stesso
scimmia blu lunare
esoterico cavallo da battaglia di misterici avvoltoi innominati.
Coltre, filtrare luce, uccidere la bestia, dar spazio alla bestia,
gesticolare con mani vergini scaltre
un acutissimo approfittarsi d’ogni circostanza come per ingozzarsi,
vedi? Questo è il cammino dei mostri, un appassire che da involontario
volontario diventa, una metastasi nel becco, un circuito interrotto.
Questo andare come per un’inchiesta alla ricerca del demone nascosto
che scalcia, ed interrogarlo a lungo nella sua prigione, schiaffarli il cibo sul pavimento
senza neanche una ciotola dalla quale mangiarlo. E diventerà più ombra meno raggiungibile,
lo vedrete ringhiare il sole affilare le zanne per un sole che è anche suo, tutto sommato.
Vedi? Questo è il suono arcano,
anche quando è aspro, anche quando ha l’aspetto d’una profezia di mannaie e ossa rotte,
anche quando è sozzo e lurido,
anche quando non è un simbolo di vorticose turbe, Caos mai così azzurro.

E danzando le donne piangono per via della loro capacità d’immergersi
e della loro incapacità d’uscir fuori dal gorgo, e non vedon più loro stesse,
circondando esseri più stabili di grezza argilla ma che con impietoso sguardo
mirarono l’ombra mesta rimescolarsi nel fondale
e seppero tenderle una mano, sorridendo.

E tu, stronzetto, che nel 2012 avevi già previsto tanta ma proprio tanta roba
quando in realtà pensavi d’immaginarla.
Adesso caduceo ti stanchi,
sei solo un giovane.

Cercando di sporgersi oltre le mura che collegano
l’egoismo all’arte
alcuni salirono sulle spalle di Eliot
che non li resse per più di tre secondi
e ruzzolarono per terra.

Per tutto questo ho una spiegazione,
tuttavia non sono sicuro che la ricorderò ancora negli anni.

E se tu vomiti blu le stelle
non c’è più lo scorrere del tempo
al quale non eravamo così affezionati,
tutto sa essere dolce se inquadrato dalla giusta prospettiva
ed arriviamo così alla solita conclusione
cioè della sottilissima linea che separa scogli via via sempre più alti.

Farsi ferire da chiunque non è una bella capacità
e tutti rotti e sminchiati
lo capirete.

Queste pagine hanno un notevole peso,
lo dico denotativamente.
Vi guardavo mentre a tavola
mangiavamo come maiali
e discutevate tutti quanti
di argomenti di molto o poco valore (non importa)
che assottigliavano in me un dubbio prezioso,
eravate cioè belli del vostro linguaggio,
ed ancora, tutto sommato, belli come indoeuropei
e dei loro occhi le dita pregiando ancora.

Se ti chini su un fiume e sussurri….

*****

E poi furono fragilissime disarmonie
l’ennesimo momento di caldo silicio
dove è bello
non riconoscere più chi si è tra di voi.
Ed è ridendo che vedemmo nella realtà
il cappello nuovo della ribellione,

da lei proverò a non farmi togliere ciò che è mio di diritto,
datemi qualche mese e mi riprenderò.

Ai tempi dei gelsomini, e non mi aspetto che capiate,
né la piramide di sangue
né il gazebo della morte velata di grigio
né la mano d’un demonio che usciva da un quadro
né il monolito nero
m’erano apparsi in sogno
ed eravamo persi in piccoli corpi incompresi,
alla sorgente della testa
un’idealizzazione fondamentale ed errata
volavano emozioni esageratamente negative o positive
come calci o come saette.

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