lunedì 25 aprile 2016

Sarasvati, volume secondo

Sarasvati, volume secondo
(Il sorriso arcaico)

Rincorrendo ninfe glaciali
sei uno di quei pochi a cui non serve un pubblico
sei uno di quei pochi a cui un pubblico non serve
talmente marcio e condensa di gocce
è il simbolo di cui ti pregi.
E poi è tutta psicoanalisi e m’ha stancato l’intaglio,
le mani in posizione dharmamudra
come un vecchio Buddha Shakamyuni del periodo Wei.

Mai casta, dicevi tante cose e t’apprezzavo per questo,
parlavi di tante cose
tutte dimenticate con tristezza,
ogni minuscolo movimento
era oro colato
che adesso scolorisce.
Più ami te stesso meno ti riconoscerai
in una simbiosi,
qualunque essa sia.

Il sorriso arcaico, il sorriso arcaico.

Poi d’un avvoltoio dal lungo mantello,
cantava con voce meravigliosa
le paure irrazionali non capite
e dava ad ognuno degli astanti
una piccola bomboniera con dentro una droga,
per dimenticare, scotomizzare
la scena da tutti invisa
dell’alienazione infantile
e tanto tagliammo e diluimmo la pelle
con l’esperienza solida ed appuntita
che non rappresentò più né un limite
né una protezione.

Una stanza chiusa, sbarrata, disabitata,
e poi vedo già il rapporto malsano
che avete intrapreso con la tecnologia
e di lei v’addobbate le dita ed il viso

Reprimere le mille teste dell’Idra che sei,
non vedi che alcune penzolano con gli occhi bianchi
e stanno nel passato collocate
e non sono più belle e dai folti capelli mediterranei
come le altre?
Vogliono solo morire e che nessuno
le riporti più in vita.

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