lunedì 25 aprile 2016

Recitando la parte di Ruggiero sull’Ippogrifo

Recitando la parte di Ruggiero sull’Ippogrifo

Stanco di vederti dentro di me
così sola e preraffaellita nel pallido volto,
assumi di volta in volta forme che non pensavo.

Stanotte eri bambina e donna
e forse adriana o qualcun’altra
così castana in un cielo che urla “apocalisse!”
con toni rossi e bordeaux
camminavamo per anfiteatri
sfuggendo il Grande Occhio.
Spesso vedi l’archetipo delle emozioni più ardenti
e senza accorgertene
l’hai intuito
percorso tutto
e terminato.

Siamo antichi siamo antichissime volpi
dalle lunghe barbe
di qualunque cosa assaporando la forma ed il gusto,
la natura è d’una dolcezza infinita.

Zhang Jiao (張角) ed i suoi due fratelli Zhang Bao (張寶)
e Zang Liang () peregrinarono per steppe e deserti
in lungo e in largo
nel tentativo taoista coraggioso
di liberar la Cina
dagli eunuchi e dai bimbetti imperatori
(i loro padri erano morti
bevendo zolfo per diventar dei)
che scialacquavano in bronzi cristallini
e preziose sete
ogni singolo tributo del popolo
E ne raccolsero trecentomila
tra contadini, pacifisti, esteti ed artigiani
e trecentomila ne morirono
insanguinati i loro gialli turbanti
infrante le loro speranze.

Capiterà d’interpretare a casaccio
il passato o la vita,
Marte o Venere.
E come seppie allungarsi
in oceani shoegaze
senza suono niente
avrebbe più senso.
E sapere che hai il corpo anche tu
rassicura tanto.

Nuvole e nuvole
tutto era confuso
così proiettato nell’irrazionale
che recitando la parte di Ruggiero
sull’ippogrifo
tutti ridono ed il tuo cuore piange

In una caverna a guardarsi fissi
e a ridere – è notte-
ed intrattenendosi con lo sguardo
in ogni piccola virgola
in ogni piccola velata foglia,
i visi sanno essere grandi opere
sotto la giusta luce.
Pietra sei divenuta- cambiando discorso-
ed ho imparato come esprimermi meglio.
Vi vedo in un sole velato
ed è giusto sperimentare
il vento la sabbia
con le labbra e con la lingua
qualora da piccoli
avete voluto camminare prima degli altri.

E tu starai bene, felina ed etnea,
mai borghese o sopraffina,
profonda come un infinito alla vecchia maniera,
starai bene e all’usata clessidra di Schopenhauer
un dì farai ritorno
come tutti
ne sorriderai così tante volte
da dimenticarlo.

Confessare che sono una maschera
di legno con dragoni incisi,
che il dolore non è spaventoso
quanto allungare le mani
per prendere un frutto
-qualsiasi esso sia-
quando è dolce e succoso
o lo sembra.

Ho perso dei bei pensieri
nei gorghi
nelle metafore d’atarassia,
ma riecheggiano

ed un tirannosauro
striato di rosso
ed un compsognatus

Siamo lenti.

E come Umberto Eco
mi rivelò in un sogno
“più accumuli tensione dalla realtà
più il risultato creativo
sarà soddisfacente”

Nessun commento:

Posta un commento