giovedì 9 ottobre 2014

Nel becco del corvo

Nel becco del corvo

Potrei essere di qualsiasi nazionalità
per altri occhi
in questo vento riprodotto
da hardware meccanici,
pur indossando quella stessa armatura
che sopravvisse al giorno
delle grandi piogge improvvise

La morte è un gazebo bianco
soffocato da tende grigie,
quando le sposterai
farai l’amore con la luce,
morire tutti insieme.

Un cerchio può sempre sembrare
un quadrato
dall’altra parte di una catena sospesa

Possibilmente
i miei polmoni non sono fatti
per un mondo
pseudo-indipendente

La quest era
ritrovare
l’uragano che eravamo,
spiare noi stessi
dalla serratura
di un ipotetico buco nel mondo.

Interpretare.

Non erano le dieci e mezza
sul palcoscenico blu,
dove un rumore di congegni
neri
lavora l’aria in una forma accessibile ai più.

Una tempia scoppia

Ho avuto paura
una paura disumana
quando sono sceso
nella gola del mostro.
Una bufera di simboli
sparsi
lungo una cavità
che probabilmente
era l’universo stesso.
I totem per Amore
hanno facce slave, distorte,
vagamente ti ricordano
David Lynch,
ma tu vai avanti
perché sei progettato,
anche quando si spegne
la catastrofica luce del cervello.

Tra le onde viola ecco poi una primordiale bellezza,
la prima ninfa ad aver visto le nuvole,
la guardo mentre mi spengo
mentre mi sciolgo.
Ma io lo sapevo, d’altronde,
che l’oceano dello spirito
è quanto di più pericoloso
si possa incontrare….
Superarlo dissolvendosi
superarlo rompendosi
superarlo arrampicandosi
sulle proprie stesse ossa.

Poi, eventually, la terrazza,
beatamente illuminata.
Breve, caldissima.
È lì che dovrò soffocare
il mio fuoco.
Sotto le distese azzurre,
tutto riflesso in tutto.

Una calma rialzata
in primo piano,
dissociato da me stesso
prendo da dietro
una ninfomane
in una cucina asettica.

Siamo quasi tutto.
Lo scioglimento della pelle
implica tristezze
come polipi giganti
avvinghiati poeticamente
all’oltretomba delle proprie visioni.

Ma i morti con cui condivido tremendamente
la finzione
dove andranno
una volta finito tutto?

Un’Atlantide
con una forma armonica
sommersa
dalla libidine esistenziale.
Adesso so
cos’è la muffa
che contorce
la corteccia dei pini azzurri

Ragazzina idiota
vestita di nulla
sporca senza saperlo
sporchissima.

Poi abbiamo fumato i cristalli sbagliati.
“Che brutta cosa la verità” pensavo.
Dalla rupe
il salto
sarà tremendo,
dalla rupe
il salto
sarà tremendo.

Tutti collegati.

Nei demoni ritrovo la pace,
una pace nera, offuscata, densa,
riverbero e cut-off al massimo.

Non devo dimenticare
di abbracciarla.

Così il polmone
andrà lacerandosi da solo
nel becco del corvo,
sfilacciandosi piano.

No, non pregare.

Solo nella città delle idee
sono riuscito a vederti
e a vedertela.

I morti dentro di me,
c’è anche David Hume.
Così ho inteso
le parole
di un messia ripescato nel caos

Dentro la scatola:
-Un volto idiota
conficcato in anima
-mani per forza piccole
-un vecchio Aprile stanchissimo.

Il cigno. È nulla anche lui.
Ma un nulla tenero.

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