giovedì 17 marzo 2016

Poesiola dal gusto arcadico

Poesiola dal gusto arcadico

E adesso sposto la testa al centro del petto
(la testa non si vede più)
e metto un cappello,
chissà che non riesca finalmente a vedere con gli occhi
del mandala del cuore.
La tempesta è passata.
Ora, ripeto, puoi ricominciare a destrutturare
il passato prossimo
in futuro prossimo.
Sì, mi muoveranno i fili come un pupo siciliano
fino al superamento,
un giorno o l’altro, di questa prima sephirot.

Sai, sto tentando una nuova impresa.
Sposare i diversi me stessi
che si stanno ribellando come dei cafoni.
Non credo sia schizofrenia, è solo consapevolezza.
Da quando tu mi hai preso ed inglobato
nel tuo terzo occhio gigante, sì,
ne sono uscito molto diverso.
Dapprima urlavo ed il dolore di un cosmo
in continua lacerazione
è di gran lunga maggiore
dell’allegria e leggerezza di quel cosmo stesso.
Questo perché siamo continuamente
stracciati in mille pezzi
e poi ricomposti.
Ed il lasciarsi massacrare in poltiglia è un arte
se sai come rinascere.
Resilienza, la chiamano.

Insomma, pensavo che è del tutto probabile
l’essersi incontrati in un’altra vita
o in un altro livello di questa vita.

Nel parco dietro Via Ammiraglio Caracciolo
credo infatti d’aver riconosciuto un fiore banale
arrampicato ad una rete
come un vecchio compagno di giochi,
e vi era Pan col suo flautino dalle mille canne
intonando versi
d’una campagna tebana perduta.
Vi è un passato immenso fuso ad un presente immenso,
ma non vi è futuro.

Pensandomi guardato dall’esterno rischio d’uscire fuori dal corpo.
È la paura di ciò che ci hanno fatto chiamare sin da bambini “vero”,
che naturalmente di vero ha ben poco.
Ed infatti ti dico : fuggi. Non con le gambe naturalmente.
Implodi, assorbi, dà.

Nella mia personale battaglia contro le istituzioni tutte,
ma proprio tutte
vedevo altri speranzosi anarchici dimenticati
con della polvere sulla pelle,
credo d’esser più pronto alla battaglia con voi.
Non c’è nessuna battaglia, tuttavia, questo è un sogno che ancora va in frantumi.

T’incontrerò e ti farò capire che è solo
una fenomenologia riflessa su un’altra,
non posso dimostrarlo con il vegliardo metodo sperimentale.
T’incontrerò già da adesso e sarò pronto
a dare senza voler ricevere nulla da qualcosa che non esiste.
 È l’amore. L’unico vero che possa esistere.
Il resto è il cazzo d’una mosca che sviscera
l’apparato dell’altra.

Nella culla della cultura raffazzonata che ti hanno propinato
tu ti agiti con uno smartphone in mano
e a me dovrebbe non importare.
Credo che non avete Anima.

E non perché Io sono Io,
ma proprio per la ragione opposta.
Stai ben attento. Stai ben attenta.
Ti bagnerai ancora e ancora e ancora.
Da bambini si è tanto più saggi e pronti alla vita.
I mostri sono collocati al di fuori, al buio,
la leggerezza balla con te dalla mattina alla sera,
le tue parti sono coese, ben cucite.

Adesso, danziamo, inquiniamo il nostro corpo con altre tossine,
manifestiamoci come sfioramenti di collo
o lingue che s’abbracciano,
il nostro passato è seppellito giustamente
nelle trame del qui e ora.
E quando per un attimo la tua pelle vibrerà all’unisono con la mia,
godremo. Per poco, though.
È importantissimo toccarvi, ed ancora siete più grandi di me.
È importantissimo toccarvi, con occhi e con dita.





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