venerdì 17 novembre 2017

Home



Torbido torbido. Spiato da altri
attraverso una strana rete,
salame appeso a ramoscello
nell’umido muffa.
Schezo scherzavo a definirti truffa,
infatti internamente ci hai.
Comunque è scaltro scaltrissimo
il ladro
non lo beccherete mai.
Ha schivato i sensori per siglare il colpo del secolo,
scusatelo se voleva dire qualcos’altro
col suo gesto viscoso,
se non ha aperto il dizionario prima di pronunciare il verbo
ed in questo ha guadagnato tempo a sufficienza
per fregarvi.
Si voleva qui sottolineare la vigliaccheria
come una qualità più che un limite,
metaforizzando il ladro
come supponente capacità
di arrogarsi il proprio diritto
e poi morire giacendo.

La favola ha tradito ancora la sua
fallace costituzione rotta,
s’è lasciata sfuggire il dettaglio
che era falsissima
in una pessima recitazione
sconvolgendo chi fede chi orgoglio
chi passione chi rivolta chi legge.
Era la sua morale tremenda
lasciata tra le righe da Esopo,
da Esiodo, da Fedro stesso
quando s’ornavano il cipiglio
con un Ὁ μῦθος δηλοῖ ὅτι,
una morale che si realizza
nell’annullamento a polvere di fango
sotto un sandalo antico.

Abbiamo goduto e dalla coppa bevuto
abbastanza.
Abbiamo provato noi stessi a forgiare coppe
in nome di una goduria futura
ma gli stemmi che i fabbri hanno inciso sopra
erano in realtà prodromi di un popolo che voleva spodestarci,
avvisaglie di un colpo di stato che ci lascerà nudi e
senza controllo,
segno dell’odio che abbiamo germinato in altrui core.
Così ci stringiamo a corte
e diamo della bastarda alla folla
alla folla che ha ragione
ha ragione e nessun torto
perché il sangue è pesto sotto l’unghia
di  vecchi e bambini
ed ogni fica stuprata ed ogni membro lurido,
infetto.
Questi siamo noi al tavolo,
tavolo sorretto da midollo di colpa
da polpa di miseria canina,
siamo noi che obblighiamo noi stessi
a restare, a restare, costantemente
presi in giro dalle radici false
come vischio su quelle vere.

Nessun commento:

Posta un commento