venerdì 27 dicembre 2013

LA CITTÀ



LA CITTÀ
ovvero
ELOGIO DEL BUIO DENTRO


N.1: Intro

Oriente ti aspetti che io venga
da te
voi non sorridete
Io accetto che è vero.
Ogni tanto mi si scoglie
l’aria
e non ricordo più se ha senso
avere senso
Destino programmato e part-time
e annullamento delle vene
in un gomitolo di centrifughe
e mi spezzetto il cuore
per capire se ci sei

Maledetta la gente non la droga.

*

N.2: Durango

Città, Durango.
L’estremità delle nostre
vite
è nulla.
Entrano.

*

N.3:

Con lei
tutti si illudono
che ci sarà speranza
di farsela dare.

*

N.4: Grassa giornata

Mi meraviglio
che si nasconda dalle cose
e io non so.


*


N.5:

Ehi ehi
non si capisce nulla
viola è il colore
delle persone
le droghe e gli obiettivi
falsi
e le meraviglie schifose.

*


N.6: Questa morta città.

Con fiumi sporchi d’azoto
entrerei dentro di te
ma non capiresti un cazzo.
Era la città a farci del male
per volerci bene
e nell’immaginazione
schiere di ragni
conquistano i suoni
proprio come ogni altro anno

Non mi sono divertito
così tanto
si vede che
oltre gli abissi della gente
ci sia lei.

Dentro cercano qualcosa
e qui c’è quello che non c’è.

*

N.7:

È solo che siamo
costretti a negare
le apparenze
È che ci ritroviamo
in cespugli neri
di rose rosse
o viola
oppure eravamo solo
normali con bell’aspetto
ad acclamare a noi altre correnti di opportunità

Lì davanti ho il male
e il sole
e si può stare in silenzio
anche se non c’è mai
pace
Conchiglie e
trasparenza
e freschezza
da viale la luce
è bianca
i prati hanno pieghe
tranquille
ci sdraiamo in sorrisi brevi
per devastarci.

*

N.8: Agli alberi

Accoglimi a casa tua
in quest’albero di malinconia
i sogni sono quasi neri
e dopo di te potrei essere
ancora vuoto.
Non c’è più una volta
e gli attimi durano una vita
devi scomparire in nubi blu
e i sensi non ti serviranno

Le finestre danno un triste
avviso di nuvole e sole.

Ora non si ballerà per un po’
ci masticano in fretta nel giardino
il tempo saluta in fretta la glaciale bellezza
dei grattacieli
eppure esiste l’anima
eppure la città dimora in sé
amori marciti e giovani
e adrenaline di sesso.
Io come fantasma argine quasi immenso
di deliri
mi ricompongo lentamente nell’alba
di queste inutili struggenti malattie.

*

N.9: Qua viene la notte

Esatto, cazzo.
Si gioca a spegnersi!
La tua nudità immacolata
varietà di vibrazioni
da lì non spunterà mai più il sole
anche se è oriente.

e poi si guarda al cielo
per guardarsi dentro
La distorsione
l’armonia sa essere anche elettrice
e squaglia questo lento sgocciolarsi addosso. 

*

Parte 2.

N. 1: Telecamere nel cervello

Esisterà ancora
il volto
della città
è la tua erranza borghese.

Come alieni alle emozioni
si snocciolano
immagini dozzinali
e scadenti.

Tenui diventano medie poi aspre
poi nient’altro d’interessante.

*

N.2: Il compleanno di Eugenio

Sono stati dieci minuti
di pausa e pace
come una prateria quasi infinita
abbraccio quello scheletro
cento volte più umano di noi.

I balconi fanno la pace
col mondo
e le albe ridono,
si schiantano su tappeti
di ombre: “Cosa sei?”
Illusioni porpora, vino di fate,
ti citerei anche in ogni mio respiro.

*

N.3: Scarpe

Identificazione svelta
della mia vita bastarda
del dolce vomito donato
alle scarpe dei vagabondi.
Sembianze deformi
di un volo strozzato,
la vita va vissuta male e poi bene,
le cose ritornano tutte pazze
nell’elettricità essenziale tra i corpi.
Solo un canale bagnato.

*

N. 4: Ovvero un finale di tecnologia dimessa.

Sapevo a memoria le canzoni dei Verdena
era come non avere neanche una casa
e con Paolo rimembrammo i tempi di Xbox 360
e di essere un pochino più sani.
Fu allegria per distrarsi
Fu distruzione e ambiguità esistenziale.

Nelle scalinate sporche cerco la dea
in mezzo alla colossale e perfetta confusione eroica
delle classi sociali
.

Nessun commento:

Posta un commento