martedì 2 aprile 2013

Avere quindici anni



Avere quindici anni.

Assisti sempre.
Assicurati la maggior parte dei voti.
Annacquare il mare non si può. È già liquido abbastanza per annegarci,
che è quello che fanno sempre.
È abbastanza pericoloso per morirci.
Dico solo che se vuoi essere adolescente hai una vita immensa immensamente più breve.
I polmoni neri come notti
gratteranno senza ribellarsi,
e d’altronde tu non ti sei ribellato mai.
Mi aspettavo che avere fosse diverso.
Ogni cosa diventa a lungo andare una lama, non si può tenerla dentro
sennò saremmo tutti pieni di emorragie.

Dico solo che avere quindici anni è possibile
solo se si va avanti per inerzia.
È questione di equilibrio, non è mica facile…
Assaggiando l’ AIDS perderemo le forze, piccola,
perderemo le forze.
I neuroni muoiono in continuazione.

Dico solo che tornare indietro nel tempo
è quello che vogliono tutti.
Questo perché siamo un popolo di infelici e vittime e destini.
Maledetti loro dal consumismo
noi, invece, dal volerci consumare ad ogni costo,
dal volerci sprecare, dal volerci buttare via, dal non voler ostentatamente
avere un senso.

Oltre la notte, oltre la notte,
oltre la paura che un giorno moriremo anche noi
e passeremo dal nulla al nulla.
Oltre le lacrime e il sale in esse presente,
oltre l’esistenza.
Se penso a me piango.  Sono solo un bambino di merda, in fondo.

L’amore non esiste più o quasi più.
A volte ne vedi una piccola traccia che però dà subito il posto al disagio.

Io non mi so aprire, non sono una scatola.
Io non mi so svuotare né le cose che scrivo hanno senso.
Io non mi so fottere da me, io non so piangere la soluzione
alle lacrime,
io non so fare nulla che non sia essere inutile.

Andiamocene, ti prego.


Giràti nel lettino amaro,
voltàti da un manto strano di tumore e debolezze,
variegati distratti.
Contare le stelle contare le stelle,
contare i puntini contare le lucciole,
spegnere il cervello, vedere demoni e basta.
Demoni che dall’incubo passano al cielo e dal cielo
passano al letto e dal letto alle relazioni sociali.
È tutto davvero brutto. Ho paura. Ho paura. HO PAURA.

Prendimi per mano e staccami le dita, allora,
che poi è quello che fate quando non ce ne accorgiamo.
Prendimi per mano e prenditi tutto il braccio, sorella,
e portami nella fornace e fammi ritornare azoto.

L’uomo grigio balla dalla follia,
l’uomo grigio ha il cervello di fuori marcito
come mele idiote che volevano crescere di più.
L’uomo grigio ha le mani inchiodate alla testa
per trovarsi già pronto quando la perderà.

Così, dunque, mia piccola dorothy, sorvoliamo il deserto
su un divano surreale che ci porti lontano dal mondo  vicino.
Sarà come tornare a scrivere per intuizione,
sarà come tornare a non vedere le cose
all’era dell’allucinazione negativa.
Così, dunque, mia piccola dorothy,
approfittiamo degli altri,
viviamo nell’inquietudine che, in un domani,
potremmo anche cessare di esistere come tali,
e perdere la composizione e il contrasto.
Così, dunque, mia piccola dorothy,
chiudiamo gli occhi di fronte alla realtà,
di fronte alla possibilità di figure nere sul nostro letto,
di fronte agli incubi,
di fronte al suicidio delle masse.

È solo che sono tremendamente solo.
In solitudine ognuno è lasciato come in balia delle demoniache presenze
vellutate e dolci. In solitudine siamo mogli di diavoli, mariti dell’ansia,
suoceri di gesù cristo, assassini nati che uccidono ogni volontà,
meschini poeti, fogne, solitarie icone di una non presenza agghiacciante nel mondo.
Sprechiamo un cero perché gli altri possano darci la facoltà di dire “Io esisto!”
Sprechiamo una stecca e ubriachiamo di ebbrezza e trip le stupide ragazze insulse
e le loro invitanti vagine, e le loro fiche spinose e bagnate, e le loro
voglie di non morire domani, dopodomani o entro questo fine settimana.

Dico solo che non si può tornare ad avere quindici anni,
se non superficialmente. Dentro, in fondo in fondo,
abbiamo già smesso di vivere e anche di morire da un pezzo.
Il nostro è lo stato dell’acido delle batterie sul fondo dei cassonetti.
Corrodiamo con astuzia le persone vicine per succhiargli via l’energia
della non preoccupazione del non dar peso alle cose dell’atarassia,
ma poi concretamente non siamo vivi, siamo in uno stato simile al nulla più nulla,
simile agli aghi di pino leggeri nel vento.
E io ti amo ma non esisto, non ho peso non ho forma non ho virtù.
Io credo che uccidersi adesso sia solo
mostrare a tutti che siamo già nella tomba da un pezzo.
Scrivere è davvero tanto tanto idiota. Scrivere è davvero tanto tanto inutile è deficiente.
Scrivere è davvero tanto tanto necessario, e mi porta via ogni giorno una percezione,
un’emozione, una sensibilità, una comodità al contatto umano. 

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