martedì 14 giugno 2016

Huysmans, parte terza

D’altronde aveva solo vent’anni Giorgione
quando prese a garzon di bottega Tiziano
e gl’insegnò a dipingere

E forse il dolore degli altri non è il tuo dolore

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Poi d’una macchina molesta che ci vuole consumatori,
s’ergeva accanto al dolore nostro etneo ed era per
me solo fumo ed offesa
veder da lì uscire ragazze adolescenti
che invertivano loro stesse
con le doti sessuali
del loro borghese corpo porcellanato,
le senti battibeccare di nulla
e vorresti strappar loro dalla faccia
quella finta femminilità sociologicamente ortodossa,
disgustosa, lapposa, pubblicitaria.
E la ingoi come una pillola e non t’interessa
del cosmo intero che come un tamburo gigantesco
batte e vibra felicità e dolore universali, archetipici, marini.
V’importa d’arraffar veloci e pervertiti quell’abbondanza
oscena, deviata che credete sia il mondo o la bellezza,
camminate sulle vostre fichine o sui vostri peni minuscoli
e idioti per succhiar da una tetta malata e di silicio
il surrogato del surrogato dello scarto della consapevolezza e felicità
che vi spetterebbe.
Per superare poi questa bellezza maledetta,
è una parola che non significa ciò che dovrebbe significare,
un tranello,
spinge la parte più istintiva delle masse
perché non è rimasto altro dentro di loro.
Ed allora completamente inconsapevoli
delle innumerevoli contraddizioni dello stato sociale
e della nazione
si tuffano in sarcofagi a forma di essere umano
e fingono tanto di volersi bene
ma in realtà sono completamente anestetizzati
e urlerebbero o prenderebbero del fuoco la purezza
se in loro un terzo occhio s’aprisse.

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