mercoledì 16 maggio 2018

Sandy


Sandy
07-02-2019
19-04-2018
















































Sandy

Un enorme applauso allo studente,
a chi vegeta all’ombra
di una carta creata
cercando di succhiarne un senso in più.
Carta e cartiglio, e documento,
e tradurre ciò che è interno
in materializzato sé di vesti
e carta, identità
che è possibile stropicciare
stracciare,
bruciare.
Dimenticata passione: anima propria.
Ciò che è nudo non sta
tra le pieghe dei quaderni
o dei libri
dov’è tuttavia abbozzato vagamente.

Potevi vedertela scorrere d’avanti
in un battibecco
austero tra destino e scelta:
ciò che scorre scorre perché
è dato, immobile
contemplazione di stati presenti
in successione:
ciò che scorre è possibile
vederlo in due tempi
dal letto del fiume e
dalla riva
prospettiva di sassolini
o di prato verde.

Così una vita descrive ogni nodo
in radice
ed ogni neo sulla pelle è adorato:
se stessa aperta s’è mostrata, è apparsa.
Le sue ali erano gli altri,
la ruota acuminata dei volti degli altri
ma al contempo dentro la testa
e accoffolate sul braccio dall’esterno,
accanto a essa.











Chiacchere/Sasha/Gioacchino


È la noia prepotente ninfa in foresta
e insorge una critica da una mente-bisturi,
ciò che è leggero
ha saziato il pusillanime uomo
come chiacchere al posto di maccheroni e sugo.

La mia scelta fu di recidere ciò che conoscevo,
di massacrare ciò che nel 2014 amavo,
ciò che odiavo è diventato
un altarino di sfogo e Gioacchino.









































Agostino

Poi si è rivolto al pianoforte
anziché al pubblico,
ha stretto forte ogni tasto col polpastrello
per abbracciare infine la coda grande.
Estasi estetica: aver visto la luce
ha causato una macchia marrone
sul nostro volto bianco umano.
È perché la forma è qualcosa
come meraviglia di spilla e stemma,
ha l’audace compito di contenere e riprodurre
e non può che comunicare esistendo.
Ha invitato un essere casuale a salire sul palco
ed era una donna,
le ha educatamente tolto i vestiti (superflua autoreferenziale forma)
per poi baciare piano
capezzolo teso
e fica dolcemente
carezzare.
Il suo pene è facilmente dura macchina
specialmente in sincronia con l’anima e cuore
come se fossero tutti figli ustionati della stessa madre istintuale.

-Estendendo più in generale
il concetto di masturbazione
ad ogni gesto:
godere o non godere?
L’oceano rischia di diventare
orgia di corpi acquatici o umore:
il bambino agostiniano
sa cogliere
preziose gocce di sesso antico
da quei flutti.



















Boogieman

A falsità
una nemica mano amica
poteva essere ricondotta.
Tu giacesti ogni notte
con una femmina
che era dentro di te e non accanto.

***********************************

Lo spauracchio, il boogieman
assassino nell’armadio
ed altri
erano riassumibili nel timore
che il legame fosse reciso
ed una nuova nascita da esso dettata.

Realmente sparire
che è lì, all’orizzonte,
è un fosso infinito baratro
in cui anche la memoria
è soffocata a non brillare.
E tu attento compili e ricami
e consacri e sai 
ogni evento, disposto virtualmente
in successione:
una forza attrattiva succulenta a tal punto
da apparire atto di volontà
succede, esplodendo,
fino all’ultimo sommo
sbranare della vita la vita
che preziosamente ha nascosto.




















Kiyomi.

Ahimè quel bambino
piangeva sconsolato e autosessuale
sua madre era un vestito blu a pennellate bianche.
Rosse le auree degli occhi pel pianto
è triste e definitivo quel fallo
come un vecchio eremita sconsolato,
un Jotaro Hiraoka.
Non una forma indefinita e cara
ma singolar certezza
di un peso modesto tra le gambe
è definita nettezza d’un piacere incompleto.
Incompleto perché completo
e chiuso, impossibilitato
ad aprirsi bene col mondo
e col corpo di re Altro,
un’assenza furibonda, lui, entro
i confini dello spirito.

Il bambino ora è nudo e libero,
tornato indietro nel tempo
sino alla sua prima casa in Via Pietro Toselli
davanti allo specchio
sta dritto sulla vasca da bagno
fino a provare una curiosissima attrazione
per quell’immagine riflessa
e poi più basta.

























Coppa di piacere

Un altro poeta per caso accanto a me
cominciò uno scritto suo con un “Ho voglia”

Oh coppa di piacere trappola il linguaggio
Il piacere.

Non schermare l’emozione
con le parole macabre
del sociale intestino.
Non schermare.
Rinascerai a settembre.
Tra le righe di settembre
c’è anche Marte
solo che è un dettaglio minuscolo
spesso partito in guerra a difendere se stesso
in nome dei suoi cari.

Ogni muscolo ha ancora dentro
la parola “topo”.
































Le sirene (II)

Esecri da loro esageratamente
la sporca invida,
invidia che nata dal rapporto
tra bambini e scheletri
li ha separati dal desiderio.
Ciò che è inconoscibile
li attirerà fino alla somma morte
e  di fronte ad essa
opporranno una masturbazione:
è l’oceano nel suo senso
più remoto e musicale,
è la musica nella conchiglia.
Così godevano come porci
ma non in onore di mare e
oceano!
Era, di fatti, il corpo stesso
l’unico sapore
l’unico eterno motore
avvampo di sovrapposizioni
false e intrinseche.
L’oceano è il sogno di non doversi coprire gli occhi con le mani:
volevo dire che è il tentativo di averlo
e l’impossibilità di nuotarlo tutto
che ci spaventano e attirano a lui.
Il marinaio così può rivolgersi 
a un supplementare dio interno
e nucleare
se riesce per un’una unica volta
a sospendere la visione
e con essa
la frenesia simbolesca
che infuoca lei dietro
per accettare una non forma,
una non lingua.

Lo studente adesso sostituì gli occhi ad un frustino
e la pagina ad una pelle propria, alla sua-di pelle.
Così imparare era il desiderio infinito
di tornare avulsamente sacro,
vuoto come un buco o una morte bianca.
Non un’espressione non una nota di flauto
nati sarebbero da quel tronco torace cavo
se una molesta certezza non vi avesse trovato dimora:
che ogni sapere terminerà morendo l’umano
che l’ha accolto tra le sue braccia fulminee.
Supponendo lo studente di migliorare qualitativamente
in realtà appassivano i suoi colori fino a ritrovar
nel dispiacere piacere: un’aia circolare
ed il peso della memoria prima o poi
avrebbe sovraccaricato tanto il veicolo da ingolfarlo
prima del rientro all’agognato punto d’inizio.
Se non che eterna pace può giungere a quella scimmia arcaica
che di ramo in ramo saltella interiore: lascia che non parli.
Lascia che non parli, non t’arrabbiare se non parla,
 se non può ne vuole parlare.
La forzi ipocrita ad un linguaggio che non è il suo,
il suo non sussistendo.
Così non comprendi che era semplicemente
vita e non linguaggio,
vitreo dito nell’occhio
e non significanza.
Tu stesso: muori!
Datti ad essa in palissandro e vapore cristallo,
datti a lei senza il demone della goduria
e non parlar parola o mai più!
quando esisti per dimostrare uno squarcio
che non colma il reale flusso aperto a cui aspiravi.





































Principe

Estrema foresta innumerevoli alberi e noi:
tra le mani degli altri mi sono sentito
chiamare “principe”
ed ero un gatto luminosissimo.
Ero puro, una lacrima versata da un nibbio
strozzato dal guercio bracconiere.

Ho visto un passato in cui una donna ottobrina
sapeva annodare vari fiori in forma di corona
e dedicarsi alla terra bruciata intorno ai suoi figli,
prodotto lucente di un grembo e di un fallo leonino.
Corpo ubriaco, hai bevuto assai, donna.
Corpo ubriaco materno hai bevuto fin troppo stanotte,
donna. Che la tua incompletezza ti trasporti volando
in un mondo in cui non ti senti un mostro vuoto:
che tu possa volare non trasportata verso
la non -curanza, il perdono.
Sarebbe stata l’ennesima lacrima spesa
per ricordare alla grassa storia che
la struttura è più forte.































Ho di nuovo perso sangue:
(sogno)

Un dottore enorme ed
enormemente ricco
ha prolungato per ventiquattr’ore
un prelievo al prezzo di tre euro.
Comunque la macchina che mi aveva installato
nella vena del braccio sinistro
era un tubo trasparente
e terminava in una fiaschetta minuscola.
Il congegno ha cominciato a perdere gocce
del mio sangue ed acqua,
poi le fratture s’ingigantirono
e da lì schizzavano ovunque
come schegge di metallo alla sega circolare.
Alla fine la fiaschetta
diventava un topino
che schizzava lacrime e sangue dagli occhi
come strane vibrisse
ed io piangevo avvolgendolo.
































Può
solo una parte
esser sporca
e tutto il resto pulito?
Come il sifone
di un lavandino
squillante a candeggio
o il fondo giallino
di uno stupendo water.












































Fino al Benevellere

Della durata della vita di un topo
era il mandato.
Morti loro ciò che rimaneva
sarebbe andato avanti
senza una guida.

Sai, m’ingranerai. M’ingranerai
nel social meccano
e sarò bullone per la grande rete di ferro.

Comunque erano tre le maschere,
tutte col naso arcigno e in porcellana
ma una era bianca e senza un occhio,
una era rossa e con entrambe le orbite
ed una, rossa anch’essa ma totalmente cieca.
Nell’epilogo frugavo nelle mutande
di un mostro con l’impermeabile nero
ed il capello unto e corvino
per spaventarlo e per godere
ma poi è finalmente mattino:
pensate, nell’abbracciarvi consueto,
che unendovi vicendevolmente
vi unite sì nel corpo,
di meno nella mente.
È allora utile non sfruttare
lo strumento:
contemplatelo talmente
da far che suoni per sé
fino a raggiungere il compagno.
Inoltre mi preme dirvi:
che possiate solennemente svuotarvi
e che a ciò non succeda un senso di colpa
per la vuotezza.
Vi sarà un giorno in cui le statue e gli idola
cadranno
e non per quello vi disgregherete
sino a raggiungere
una migliore apatica sintonia
in su le scalinate del vostro stesso disfacimento
tuttavia non è lì che volenti o nolenti cederete.

Era il solito preambolo di morte, chiedo venia:
da quel filone pazzesca energia si trae
fino al bene vellere.
O, oh, che tu possa portarmi via da lei
e dal sacrificio all’armonia
verso la vera lei,
che tu possa risucchiarmi veloce
in uno spazio-tempo privato ed asessuato
dove la mia anima e la sua hanno agire
e rallegrarsi in un intuitivo unico gesto.

Parte due:

Non la pagavano non la licenziavano
ma di promessa in promessa
di errore in orrore
non le levavano catena alcuna,
colpevole di aver generato
fuoco terra e acqua
e di aver poi consacrato il restante
luminoso grumo
alla struttura.

È colpa di quel briciolo d’assioma perdutosi
nel testo sacro
grande brigante malfattore insaziabile
del cuore umano.
Si era approfittato a tavolino
del velenoso ozio tra i greggi
e cani pastori e lupi
si nutrivano acuti delle loro più meravigliose
energie
e delle loro più basse tentazioni,
tanto profonda pietà quanto
superficialmente giudicata abitudine
o ipse dixit
o imperativo categorico assoluto.

Socrate e Platone navigano
in un mare notturno
insieme ad altri vecchi savi
carezzati oramai solo dalla vuota inesistenza
della bonaccia:
dovremmo essere, noi umani,
di meno
e dovrei io essere
o no
tra quei di meno?















Liotru

Ciò rimandabile ad un segreto
non ancora rivelato.
L’ego è pugno chiuso
nascosto in una foresta
nutrito a carne cruda dal custode.

Cosa lamenti se tutto splende
se ogni pavimento è lucidato
ogni piatto lavato,
tu vittima arrogante
della pretesa leonina
di possedere ogni regno,
ogni casa?

Per strada freddo.
Davanti le poste di Acicatena
un uomo dell’est europeo
cade per terra, accusa delle fitte
al cuore.
In seguito
appresi che quelli del centro sociale Liotru
avevano picchiato e sfrattato Alberto per un articolo
su una pretestuosa raccolta fondi,
allontanato e sollevato dalla gerarchia occupante
il povero ragazzo pieno di ideali e anarchia
ma inviso e fastidioso all’elite rossa.
Con la rivolta viaggia infatti
il mafioso ben informato
che è ovunque vi sia un governo
o una volontà di potere.
[Santo potente e peloso
reso santo dal marchio cristi
che lo palesa vergogna
generazionale opulenta, obesa. ]

















Cacciavite poeiuo o Zuppa
(Poesia a puntate)

(sogno)

E con una spada il cui manico
era una croce lignea
trafisse se stesso
mentre la moglie
(una donna in carriera)
era fuori per lavoro.
Si fece dunque trovare nel letto
sdraiato e con una camicia gialla
in una pozza di sangue
e lei gli si sdraio accanto
per piangerlo forte.

-i giovani, quando son belli,
sognano ogni notte
un visionario lezzo segreto
dove alberga un più cauto consiglio,
separato cranio dalla sera invisibile
se distratto dimentica tutto in un attimo,
al mattino,
o più propriamente finge, sospende. 

******************************************************

Cacciavite poieuo
che luce! Che luce,
non accetto d’essere l’unico a vederla
ed è così che si tramanda
un fulmine
in una sincronia parallela.
Volevo dire che è capitato
di ritrovare nel non-io
brandelli del mio tempo interno
come se esso li stesso vivendo
nonostante me.

-Figlioletto pazzo e blasfemo!
Riconduci lo scrivere
al non reprimere
e sei più basso del cemento
se altri hanno definito il traguardo
ed è un nastro rosa oltre il quale
vendi la tua anima ad un te stesso
 più muscoloso e mostruoso.
In realtà vorrei solo avere senso
e che quel senso non fosse 
una zuppa
nebulosa
e squisitamente articolata
dove affiora con lentezza
e scucchiaiando
un amore o una carota,
una ferita o un sedano,
un pianoforte o una cipolla.
Vorrei inoltre sembrarmi nuovo
di nuovo vestendo
l’usitata monotona voce,
anzi, vorrei non più
le mie voci a soggetto.
Parlo dell’ombra desunta da una tattica posizionale
che ha fatto sì che l’apparato percettivo
del singolo
risonasse considerando,
considerandosi erroneamente
più di un non-nulla negato,
decorando quella negazione
di piacere sensuale e
chiedendosi infine
“che cosa non sono?”


































Credo che ricardai in costanza
nel giogo dell’assoluta idea,
un gioco che ti fissa gli occhi
al grattacielo con catene.
Stando fermi al calduccio
nella deturpazione continua di quello
che è già un incubo e la si chiama
scoperta.
Chiedo che il Sé
venga privato di se stesso
cane felice
nell’accettare che non c’era
e che ciò che c’era era in partenza
criptato, cifrato infallibilmente.
Comunque le ultime poesie
sono inutili e fiere,
bimbi grassi
rimpilzatisi di panzerotti
nella piazza del paese
con le guance sporche di zucchero a velo
ed ancora cani felici.
Come impedire d’altronde
un manifestarsi
è mistero,
ciò che è interno è altresì percepito
dal congegno nervoso come esterno
ed è automatico e definitivo ogni volta.
Succede però di poter guardare,
nel giogo, gli occhi con gli occhi di dietro,
occhi ferrei e atroci di sale e fiamma
dove non passa illusione o menzogna.
Lì ci si consuma una strana pioggia
e non siamo più noi persone verbali
ma azione stessa.

















Chi vuol conoscere sia in ultimo
straziato,
dilaniato
chi vuol certezza avere
dell’eterna ora o minuto
spaccato sia in due
chi voleva contenere
il movimento dei venti
in una testa sola
giaccia secco
in una tomba di marmo.








































Lacrimina
Lacrimina per te che abiti un cristallo,
per te che riconosci
chi vede di nascosto
lacrimina,
principessa che esige il più puro cristallo
per adombrarlo
di una notte calda.
È che nascondendoci ci esalti,
lacrimina vitrea più trasparente
di quel dio,
lui che ha il vizio
dell’eternalismo
e tu, o lacrimina invincibile
lo scindi con uno sguardo
lo fai vergognare
della sua monade
ed ammette così, quell’umile dio,
che si fingeva unico
allorché era piuttosto complesso
ricordare una verità infinita
non-causata
come un processo di solo spazio.
Lacrimina, tu che abiti
l’occhio del topo al mattino,
tu che concedesti tregua
all’uomo
che non capiva gli animali
nel loro ragionare inconsueto
istintuale,
che tu possa vedere meglio
di un binocolo
da sotto l’occhio dal quale scorri.

*************************************************************

Nella tomba in realtà v’era un uomo coniglio
alto circa un metro e venti
ricoperto di peperoncino.
Peperoncino caro ai vecchi padri etnei
che hanno vissuto il vulcano come meraviglia
e come meraviglia hanno tramandato ai figli
la sanguigna lava interiore.









Catalunya o Pasqua e Pasquetta 

Sagrada Familia ahimè:
non meno divina di quel non nulla Dio
che rappresenti.
Infatti sforzo titanico
t’ha eretto gigante
dalla mente di Gaudi
alla plasma materia,
ma panorama è diventato
pesante.
: l’unica natura rimasta è l’uomo,
l’unica natura non pestata se non da se stesso
nello squadrare le pietre intorno….
Pesante panorama insomma
troppa carne e pochi peli
e troppi capelli uniformati.
Tu non sei diverso da loro
non puoi essere diverso
se infezione e turbamento
apporta la mano arguta a svellere
e l’ingegno cerebro.
Certo, lasciate i suonatori nei parchi,
annullate però noi turisti
e quell’avidità commerciale
nel godersi il mondo
che si è sbrindellato quotidiano
col sorriso e col carbone,
conosciti uguale a loro
in quella lussuria d’occhi
che mangiano e non capiscono
o in quell’ingordigia di piccolo morso
piccolo gusto
malato secco
intellettuale.


















Potrò addobbarmi la pelle di steli di rosa
ma non cambierà l’anima tua
e dunque accetto Madness,
accetto Madness
per lo meno come verità
di folle sobbollire viscerale.
Ti ho voluto diversa
e che non accusassi
l’uomo senza padre
se si è sentito più accettato di te
in un nido che hai odiato:
siamo tutti stati in maschera
per non guarire l’infetto
e siamo tutti stati complici
del delitto di non stravolgere
i destini, la famiglia,
ratta martogna che ti porta via lo zen
per te stesso
in virtù di scomparire.
Arjuna si fermò considerando,
assieme al suo divin cocchiere Krishna,
l’anomia,
l’anomia, spauracchio quadro nel dharma
che però ti mostrerebb’te stesso
vero e più amorfo
e meno eretto su due zampe.



























Stinchi distrutti.
Al bulbo del giunco chiedi venia
ai tuoi bronchi
per aver cercato di corromperne la forma.
Rivelatosi il dio era chiamato distruttore di mondi
ma non parlava, in Occidente,
di spirito o di anima
piuttosto era violento generale
su strani velivoli volanti.
Nell’uomo, nonostante la fede,
è venuta a superficie
una galera stracolma
di illusioni pensate,
un dolore e un desiderio
così il Mc Donald
è un templio
pieno di bimbi,
la loro vuotezza
la loro decadente sazietà
sarà meno importante
della multinazionale
ma non impedirà a mia zia
di friggere le mulinciane dell’orto
per una pasta alla norma.
Non è che in quel sugo,
in quella salsa cotta con l’aglio
non vi sia residuo di malanno sociale…..
tuttavia è una storia più bella,
fatta di mani e terra
e di tramandata semplice freschezza.























Stelo di rosa

Che il mio cazzo diventi una rosa,
uno stelo di rosa.
Che il millennio malato
trascini la posizione eretta
nel sottosuolo,
che tanti non vedano la luce….

Lo dico spinto dalla presunzione nichilista
di manifestare un effettivo pericolo per il pianeta.
L’unico timore è un’aria irrespirabile e
un cemento un acciaio nell’ovunque
ma il danno apportato dagli uomini alla terra
è impermanente e transitorio
come le loro vite.
Rischiose le nostre gesta
solo agli occhi dei simili,
pietose a quelle degli animali
non viste a quelle di Gea Grande
che io possa allora non avermi
per avermi universale pianta,
animale, roccia, alieno.

*************************************

Addio parola è un sogno
ma da parola intrappolato
tecnologia parlante
che non si sa perché
s’è alzata in piedi
e ha cantato
e è decaduta.




















Tavolo marcio

E la mia famiglia scomparve,
non dal cuore ma dai contesti.
Scomparve con sommo gaudio
di una coscienza stupidamente vigile
per liberarla dal peccato amaro
del cordone tagliato,
della storia non scritta,
del disagio a contatto di diversi sangui.
E la mia famiglia scomparse,
e li amavo e amavo
l’aver dovuto rinunciare a loro
in vista dell’appagamento
di certi desideri lontani e importanti
come stelle
diventando via via
più insetto e meno uomo
più pianta e meno belva,

apparecchia disagio
sparecchia disagio
da un tavolo marcio
(sei tu)





























Montblanc o  Sebi Distefano

E gli occhi degli altri
erano coltelli affilati e arruggiati
Sai di fronte a loro
ho sempre sentito il bisogno di nascondermi
in un buco per terra.
Che quel buco mi contenga appena!
Nascosto dove posse creare,
esposto dove posso amare.

La mia famiglia nel frattempo si sparpagliava
come cuore in fornace
come pane di timilia.
Direi che al matrimonio
di mio fratello grande
arriverei in ritardo
un po’ grasso e sgualcito
e lui m’avrebbe a testimone
e gli direi, accompagnandolo
all’altare in giardino
che mi vien da piangere
e “ti auguro il meglio”,
non perché ti sposi
ma perché esisti al di fuori di me

Comunque anche i miei occhi
avrete notato
che sono al contempo
lame e ferite: se non incrocio
il vostro sguardo
è per non farvi del male.

Una volta ebbi paura a rispondere
ad una vigliaccata
che Sebi Distefano mi aveva fatto
(avevamo dodici anni).
Il fatto era che non volevo ferirlo,
che lui ferisse me non importava
comunque alla fine non lo fece.
Era solo un ragazzino di Trecastagni,
uno di quelli a cui hanno assegnato
un’insegnante di sostegno
solo perché parlano più correttamente
il siciliano che l’italiano
e nascondendo i suoi traumi etnei
faceva un po’ il bulletto.

*****************************************

Che la gatta arancione di fronte a me partorisca,
che il vecchio scrittore Juan
possa vivere a Montblanc in eterno,
che io sia fatto calçot
arrostito su tegola e brace
inzuppato in salsa lardosa
e agliosa,
il poeta contempla
la separazione del verso
senza comprenderla.














































Pasqua

Ascoltami!
Sono l’uomo figlio del tutto
che cammina nell’uomo,
l’auriga nero tra i due eserciti impazziti.
Non voglio sangue fraterno nella mia
comida.
Vorrei il sole
e una poesia più ermetica
che sia me e i miei cari.
Sai, ti sogno spesso
da quell’amore giovanile
che facevamo
nascosti dietro la porta.
Forse è perché,
principessa dei cinque sensi,
hai aperto la via
cosicché
fosse sperimentata invidia per i rivali
e amore per grandi labbra e piccole.
La mia famiglia, purtroppo,
è infinita
e dovrò voler bene a tutti
e per tutti poi covare repulsione.

********************************************
Guardato negli occhi un maiale, un grosso verro:
c’è dell’azzurro e dell’uomo maledetto
in quell’orbite
ma piccolo mio ci sfamerai
e di te non si butterà nulla,
piccolo mio
ci sfamerai
nella nostra natura cupidigia barbeque
perché non parli.
Se parlassi comunque non t’ascolterebbero
ma il tuo linguaggio
è scomodo
e semanticamente altro.

Un dio di carne alla brace
per noi
che ci nutriamo con ingordigia
del pianeta
che ci ha nutrito
come madre animale
all’animale figlio.

Occhio di agnello
pelo
che io sia dannato
che tu sia la mia orbita
il mio vello
senza cadaveri nel piatto
(è arrivata la salsiccia)


















































Dhratarastra o Sinuosità

So essere sinuoso anch’io
come vipera o bella donna.
Oggi ero infatti piegato
di fronte a te
nel giardino di una casa abbandonata
alla fine del litorale di Tortosa,
là dove i ricchi pisciano
il piatto pieno
e decorano la struttura cava
dei loro palazzi
con pozzi finti
(in quel caso a dirla tutta
erano belli
perché qualcuno aveva appeso sopra il secchio
un teschio di capra
ed una nave di ferro)
Sì, scrivevo con una bella penna
ma temevo costantemente di perderla
e così la odiavo pure.

Comunque, sa essere sinuoso
anche un maschio
può desiderare d’essere riempito
come cemento
in betoniera vuota
o come campana vibrata
da lingam d’ottone
state pur certi che nel sesso
v’è un dualismo inquieto
da stanare e affrontare.
Offri te stesso, insomma,
al papato funesto
del silenzio.
Sii silenzio doppio e unico
dove ogni cosa
vomita
muta.
Per apprezzare dell’uomo
la rinuncia, la fatica,
non sottovalutarlo in questo.










Villanova
Il padre di Roberto non vendeva latte
nella sua bottega, no.
Passavano i pecorai al ritorno
mungendo mammelle di capra
nelle scintillanti scodelle
delle nonne e zie.

Zio Turiddo invece aveva un occhio
di un colore diverso dall’alto
e fu fatto prigioniero a Treblinka
per due anni.
In questo periodo tenne un paio di fogli addosso
ricolmi di annotazioni
tra cui il pranzo che avrebbe desiderato
trovare al ritorno
(lì infatti poteva mangiare solo
bucce di patata in brodo)

Noi siamo i perduti,
i fuori casta
crollata ogni casta
nella transizione
sommersa da un liberal sorriso
sappiamo tutti scrivere e far di conto
la bocca ripulita con opulente idee
ma un crollo continuo
inabitante diverse occhiaie
nel cuore stesso.

Stanotte mia madre
era un freddo opalescente vetro di donna
e la mia luce ne era riflessa,
assorbi la mia luce e non vedi
che non sono io
la somma risultante
delle accuse, delle colpe.
Mi riempirò le mani
di merda e fagioli,
allora,
per imbrattare
quel peccato stitico e sterile
che t’addobba la faccia
tu pino forzato dal sacro natale
ad indossare un vestito ridicolo.

***************************************************

Luna in Vergine
e Luna in Sagittario
tutte e due ascendente scorpione.
Eppure la prima invidia la seconda
nella sua qualità di rimanere
sordo nel corpo e nella coscienza
a masticare l’organismo
con Rave e cocaina.
Sì, un modo come un altro
per risplendere in questo buio,
per spendere l’amato/odiato
stipendio,
un modo come un altro
per remare
in su la vetta della porca vita
e morire
ma il contrappeso
è già rimorso infinito
piegata responsabile
fuga
da un dharma di fatiche.
La morale è che non c’è un personaggio
veramente buono
in nessuna luna o ascendente
danzando matti generando
opinioni automatiche
e cogliendo nelle automatiche
azioni di risposta
una volta un piacere,
una volta un dolore
di fondo.





























Ed ammazzando il porco sé
stiamo di là, lontani dal soggiorno
dove tutto suggerisce riflettori
puntati addosso a un’inventata imago.

Shiva eri demone rosso
tre gli occhi tuoi
e alla tua guancia s’appoggiava
la metà destra di Nostro Signore Gesù
e tutto stava immerso
nel sole d’un gran deserto.

I contorni non sono più nitidi.
Sarò te e il comodino
e tu sarai i miei jeans
pisciati da un topo stanco.

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Cyborg che tu sia più onesto
che tu possa cavalcare veloce
verso l’immagine
frantumando il muro di parole….
tra le tante cose, sei   e 
ritornerai.
Mistero enucleato ancora:
satana è un pancino,
torbida fauce violenta col più debole,
manza, mansueta.
All’ocra marziale legge
di superare Thule, invece,
la mente.
Perderà. Perderà e se non peccherà d’orgoglio
allora
si piegherà alla configurazione
e ne nascerà più contenta.

Verso un colpo di coda che non ha fine,
lo sfiancarsi dell’alma
sai
si è smarrita
in codesta
gustosissima trippa
che è il mondo.

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Tribune di visi
guardate da palpebre
a navata paleocristiana.

Il mio comodino è una bici.
Di fronte Sasha (un bar)  
in corso Brescia
si affrontarono più e più volte
eserciti mostruosi
tra le slot machine,
vili eserciti di uomini
contro uomini
per il più forte.

A rovistar nel core di Krishna
dilaniato aperto da corvi,
maledetto da Gandhara
e infine ucciso da sublime freccia
in tallone
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Ed ecco che tutto infine
assunse quieto
la sua consueta
mistericità.
Caro Wang Bi che tu sorrida, allora,
di fronte all’Indeterminato
che dicevi al fondamento del tutto.
Che tu possa essere
sogno,
sognato e dimenticato
non nulla
tra i capelli
di metropolitan dea,
morto già a 23 anni
che tu possa morire
ancora e ancora
nel vuoto silenzio




















Silenziosa Bandiera

Silenziosa bandiera e quieta
non rappresentando nulla
ci dai un nemico
una carthago delenda est
e noi litighiamo feroci
giudichiamo diversi gli uguali
e piangiamo troppo

Mangiando dei carciofi con la mollica
ho poi compreso che la poesia
è un modo d’approccio 
al non-io
più che l’atto di redigere
un documento scritto

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Homus è organo polposo,
tessuto,
sta all’eterno
come mitocondrio
a cellula.
Si sa, non conosciamo
che un alluce
delle parti
che ci compongono.


























Anarchico Praytekya

Piange l’anarchico praytekya
se ha raggiunto una pratica originale
del credo
senza passare dalle scuole maestre
e non sa insegnare a nessuno
se non a se stesso.

è un dito indice quello che ha nel culo,
segnala che il suo giudizio
è assai rivolto a
psicanalisi e passione
goduria e sofferto intelletto.

Gli altri percorrono Catania
col nasino bianco
e la narice bucata
sono rimasti dentro l’Auro
uniti nell’occupazione 
ad impestare,
ad impastarsi nel mar mignotta
di un dolore viscoso
ed esclamato ad alta voce da megafoni
quel dolore era più una gran commedia
musicata male.



























DOCUMENTO TRE

Picchiando. Pagina comparve lesta
violenza adesso tuffati adesso fa che sia
il vuoto
a comunicare in te
l’assenza di turbamento.
Pratica  diossina
Idolatrando sangue e onore
manducando
il viatico è uno schifo velenoso
signore
ma sanno di doverlo
consumare
in fretta e furia
come se fosse ambrosia.
Sono pellegrini partiti
considerando di allontanarsi
dalla loro freschezza
vogliono un degrado palese
agli occhi di un degrado meno palese
ma conosciuto
e se da adolescenti
risiedeva in loro un capello ricciuto
una volontà di diversificazione
hanno capito poi che ciò li tagliava fuori
da un gruppo grande
colorandoli di una tonalità più scura ed intensa.

La pianura si estende sorda,
non ha voce la sua voce
di paglia secca e lumache.
L’azione sa che non v’è
 frutto dietro di essa,
che sorge causa
e conseguenza
è
una danza di gabbie incrociate
tenute in piedi
da un ragazzino ubriaco e iridescente
dove ti sei perduto e
dove infine ti sei calmato.

DOCUMENTO TRE
SUNYATA.
Kong
Ku
CHE TU SIA L’ENNESIMA INVOCAZIONE
AD UN BUIO VISIBILE.
CHE TU MI RENDA ABILE
A VEDERE NEL BUIO
A GENERARE BUIO PESTO E TOTALE
DALLA MIA PELLE MORBIDA.

DOCUMENTO TRE, FIGLIO DI UN HARDWARE
E DI UN SOFTWARE.

FA CHE OGNI INQUILINO
PERDA DIMORA
Succede infatti che l'inquilino
sia fermo nel vitro
di una microscopica noia
ignorante il frattale
di concause
che lo lega
al posto
che abita avido.
SIA LIBERAMENTE STESA
LA CHIAVE PER LA MANETTA
DI OCCHI E RETINA
Succede, infatti,
di rimanere incollati all’immagine
a siffatta guisa da restarne
incantati
per la durata di vita ipsa.


E non vedrai orrore
in nessun contesto
in nessun cambiamento
odierai  
di nessun odore avrai sdegno
se ti allontani
fino alla follia di non voler vedere.
Azzoppata la mano
noi bambini diverremo cadaveri
ma nessuno morirà veramente. .






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