lunedì 10 marzo 2014

Lei Svisiona.



Lei Svisiona.

Ed eravamo vecchi
come piccole urla
siamo sintagmi
non detti
“utterance”

Lei mi dava
da vomitare
spiriti
e tu cercali
anche se non li vedi

È come
un’anomalia
di iati
che crollano

Alla luce di sessantasette
ombre
ripasso con calma
l’aridità
e le cravatte
disney

Tante volte
siamo morti
eccetera
sul palco
dei sintomi
e delle meraviglie

Ti confesso che ho avuto
fame e che magari
ci si spreca un po’
troppo.
Era lì il luogo azzurro
dove ci confondemmo per caso
e bisogna dar spazio
anche a quello che non sentiamo
più

“Non lasciarmi ora”
e mi dimentico
che non credo,
allora anche il pensiero
può avere anche un minimo
di senso,
è il sentore
di certe vasche da bagno.


2.

Poi hanno cominciato a
ballare
tutti verdi e rossi
quasi piegati

Io immagino
e io, si fracassa
la testa contro budella
qualunque,
è la realtà su noi stessi
che porta un “Che” a morire,
credete in un colosseo
di piccole unghia grattate,
di piccoli gesti/cancri
per possedere, per spossarsi
nel fiume della parafrasi.
Lei svisiona,
qualcuno per la bassezza,
lei svisiona
acustica come mattatoi svestiti
eppure perfetta, nuda,
poco ricombinata.

È un male farsi rivedere.
La notte è
una pianura cinese
dove le dita
tengono per mano
una fica morbida,
le ossa non hanno mai retto
l’evangelico scatto
della controversia
del tempo

Operandoti al cervello
ho voluto riconoscerti
la democrazia
e il velocissimo trascorrersi
addosso.

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