La gebbia
Cielo
si chiama
come
un
timore
di tuoni
sconsiderati
ogni
identico
turbine
è spezzato
dentro
dal
piccolo caso
che non importerebbe
mai a nessuno.
Gli occhi sbagliati
e la saliva
che avevi in bocca
tre anni fa
sapeva di
Cinema muto
e novelle vague
Io al tempo
non chiederò
di versarmi da bere.
La peste in faccia
ce l’hanno
e prendono a calci
alberi di spade,
l’otturatore
si chiude
due secondi dopo il previsto.
è finita.
Ci rimarrò
sconvolto.
Togliti la benzina
dal corpo
sennò
mi avveleni.
In tutte le tombe
troverai
un rimasuglio
di fanti
L’aria azzurra,
non siamo noi
i testimoni
dietro le colonne di legno
Poi
la vita
li ha distrutti
Cominciami
a camminare
addosso
poi la fretta,
di nuovo
davanti al muretto
ci troverò
spighe
Aspirina
e serpenti
ma è bello da guardare.
Credevo di poter parlare
con il mio riflesso
nella gebbia
Artemisia
e Belzebù
dietro
non fa del male a nessuno
Schiene
sparate a forza
nel tetto.
Le otto di mattina
gli odori
troppo sole
e il balcone di ferro
ricorda un po’ Tim.
Siamo vernice blu scuro
siamo immagini
nel cervello
tutto quello che ti dicono
è falso.
Mia madre
come un doppio
negli scacchi cinesi.
Che spaccami le ossa!
Dopodomani
non resisterò più
e vorrò solamente
decelerare
Mi escluderai
per forza
dai muscoli
I bambini hoydìa
stracciano i cartoni animati
a sangue.
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