Non pensavo che mi sarei dispiaciuto. Che poi non è nemmeno
dispiacere, è nostalgia più che altro. Si infatti. Ero sicuro che sarebbe
andata così, ma alla fine non ho nulla da perdere. Ecco! Sai che cos’è? È che
dobbiamo liberarci dell’idea del bisogno, si si. Alla fine te ne accorgi, se
nulla ha valore, anche morire non è poi così male. Dico sul serio! Si....
Mi ricordo che c’era una forte luce chiara che girava
intorno i grattacieli abbandonati e contornava la strada più sotto, si
rifletteva sui vetri lucidi delle case fino poi a colorare l’ombra di un
rigoglioso albero di limoni sotto il quale stavo sdraiato. Il sole aveva appena
cominciato la sua lenta discesa, ed era già di un arancione intenso mentre i suoi
raggi fendevano le nuvole e le facevano timide d’un rosso rosato. Poi un
campetto smorto d’erbetta sintetica tutta grumi e sabbia, con le reti delle
porte penzolanti, ed io che stavo lì a
pensare. Davanti a me un cancelletto bianco e tiepido dal quale uscivano fuori ciuffetti
sparsi e colorati, ché la natura si era estesa in modo pittoresco su quei
ruderi della mia memoria. Pur avendo spesso cambiato residenza, ero rimasto
praticamente da quando mi ricordavo esistere da quelle parti, e probabilmente
era questo che rendeva tutto così favoloso. Il ricordo che io abbinavo a quel
campetto che ormai da qualche anno era caduto in disuso, e cominciava ad essere
sempre più simile ad un vecchio cantiere abbandonato, dimenticato dall’uomo.
Nella rete di sopra campeggiava ancora qualche pallone ormai sgonfio e
stiracchiato dal sole di tutte quelle estati.
Il mio preziosissimo
tempo era tutto fluito in quei luoghi, tra alcune stradine ombrose, nel
campetto decaduto, sulle rive di una spiaggia derelitta piena di macchie di
benzina delle barche, per qualche palazzo disabitato, posti che lo avevano
assorbito e ne rilucevano ancora del colore stupendo. Tempo, tempo che le
lancette di un orologio mai segneranno, ché scorre e scorreva nel mio cervello,
un tempo che non esiste fuori ma solo dentro.
Mi alzai e mi appesi alla traversa della porta, restando
sospeso per qualche secondo.
Eh si! Mi sentivo felice a pieno, come quando ci alziamo la
mattina e ci ricordiamo di aver fatto un sogno bellissimo.
<<Credete che da grandi ci sposeremo?>>
<<Sei folle amico!? Che diavolo ti salta per la
testa?! Noi non ci sposeremo mai. Siamo la generazione che né si sposerà né
avrà figli diamine!>>
<<Di certo non mi sposerò, né in chiesa né altrove.
Credo che se mai troverò una donna che sia disposta a starmi dietro
semplicemente conviveremo. Ecco sposarmi mi fa sentire vecchio in qualche
modo.>>
<<Certo è che se con una ci fa i figli è come se te la sposi, te la porti dietro in una maniera o nell’altra per sempre. Prendi mia madre con mio padre per esempio. Come fai a tagliare i ponti completamente con una persona che è la madre dei tuoi figli o il padre? Non lo puoi fare mio caro, per cui se vuoi avere dei figli ecco tanto vale che fai contenti i tuoi genitori e ti sposi!>>
<<Certo è che se con una ci fa i figli è come se te la sposi, te la porti dietro in una maniera o nell’altra per sempre. Prendi mia madre con mio padre per esempio. Come fai a tagliare i ponti completamente con una persona che è la madre dei tuoi figli o il padre? Non lo puoi fare mio caro, per cui se vuoi avere dei figli ecco tanto vale che fai contenti i tuoi genitori e ti sposi!>>
<<Ahahahahha vero che i tuoi nonni vivono ancora in
un castello con i contadini là sotto che gli coltivano i campi… Daaai che te ne
frega? Il matrimonio è una delle tante convenzioni che si è inventata la
chiesa! Non gli bastava ecco avere inquinato tutte le cose divertenti che
l’uomo può fare per distrarsi da questa vita che sicuramente non è facile né
bella, doveva levargli e rendergli sacro e “puro “ anche l’amore per la
miseria! E non solo! Ondate di borghesucci ci vanno dietro a questo
“sacramento”!>>
Perché noi che critichiamo non siamo borghesi, vero? Noi
che ci spacciamo tanto per lupi della steppa senza morale, ecco siamo forse i
più dannati borghesucci mai esistiti.
<<Comunque non per forza. Se non ti sposi è come se
fossi fidanzato, e rompere un fidanzamento è molto più facile che distruggere
un matrimonio.
Per i figli, ecco
non lo so ma io ho sempre pensato che quando uno ha dei figli è come se
si riposasse, cioè è come se entrasse nell’era del riposo, nella senilità
giustamente meritata. Mi immagino sdraiato su una spiaggia, con l’asciugamani
sotto la schiena e gli occhiali da sole mentre i miei figli nuotano o si
rincorrono o fanno quel diavolo che gli pare. Sarà bellissimo
ahahahahahh!>>
<<Anche io credo che dovremmo lasciare qualcosa. Che
senso ha avuto vivere se poi non ci sarà nessuno che porterà i miei geni e il
mio corredo genetico e tutto il resto? Già che la morte ci sta sempre dietro,
avete sentito di tutti quei terremoti e dei Maya e di tutti quei discorsi sulla
fine del mondo? So che sono idiozie, ma alla fine che ne possiamo sapere noi di
quello che succederà. Per quello che conosciamo, anche in questo attimo
potremmo morire tutti quanti!>>
<<Ahahahah vero vero vero! Assurdo! me ne ero
completamente dimenticato!>>
<<Che maledetti! Ahahahah non sanno più cosa diavolo
inventarsi!>>
<<Sì! Al diavolo tutti gli aztechi e le loro
previsioni>>
<<Io non capisco proprio perché. Cioè è ovvio che
stasera non finirà nulla, niente di niente per la miseria! E maledico in
quest’istante tutti gli idioti che credono in queste idiozie! Per la miseria,
siamo i padroni del mondo! Che senso ha che finisca proprio oggi, eh?>>
Un senso, che cosa importante!
<<Ahahahahah… Non vedo l’ora che sia già sera, per
brindare degnamente alla decadenza della gente!>>
Un pochino la felicità del momento si dissipava, a sentire
di questi discorsi dei quali a volte io stesso partecipavo, fregiandomi di
quell’immagine da ribelle amorale con i miei amici.
Sempre e comunque alla tranquillità mi succedeva un vago
languore di solitudine e d’incomprensione del “nessuno mi può capire!” e affini,
e allora mi allontanavo, e mano a mano che crescevo e invecchiavo sempre più
tempo crollava sopra la distesa metafisica di sabbia che circondava l’isolotto
della mia coscienza, del mio pensiero, della mia malinconia d’uomo.
Certo, credevo quelle cose, ma che importa di come si
comportano gli altri? Non sono mica me, non fanno mica parte di me no?
Via! Che importa del comportamento?
Un pochino mi ero davvero preoccupato in quei giorni. Ci
furono volte che stavo sdraiato nel letto e ascoltavo ogni rumore che veniva
fuori credendo che il mondo potesse finire da un momento all’altro, che tutto
potesse crollarmi addosso.
Ma sotto quei dannati limoni, in quel campetto così
malconcio e trasandato io mi sentivo bene, io stavo bene. Anche nelle
incoerenze che ci costruiscono e che ci costituiscono.
Che c’è di male nell’essere noi stessi?
L’incoerenza, che cosa spiacevole!
Mi allontanai allora un attimo verso una fontanella lì
vicino mentre loro continuavano a parlare e a criticare il mondo.
Il sole ancora scendeva, sembrava che quel tramonto non
volesse ammazzarsi più e anzi che in quell’agonia brillasse ancora ancora più
forte.
Mi chiesi allora che cosa ci fosse dietro il mondo, e se
mai avrei avuto una risposta. Mi chiesi di dio e del paradiso. Forse tutto il
reale si sarebbe dispiegato prima della fine? L’anello che non tiene avrebbe
ceduto, permettendoci di vedere tra le maglie della natura per avere la
risposta che rincorriamo dal primo giorno di vita?
Non avevo proprio voglia di pensare se sarebbe o meno
successo. Solo, i miei forti ideali mi imponevano di restare saldo sulle mie
atee illusioni.
Che ne sapevo io, eh? Come potevo fare mai pronostici sul
destino del mondo, legato com’ero all’abitudine di un mondo che non finisce, di
un sole che continua a sorgere?
Eppure, quasi non mi accorsi di come quella giornata
passava velocemente. Il tempo sfuggiva via dalle mie concezioni.
Restammo un altro po’ lì, a contemplare quel carissimo
panorama. Il tramonto si allungava sempre più sopra di noi, e schizzi arancioni.
<<Sono le 8:00 quasi… Forse è meglio che andiamo,
Ronnie..>>
<<Si si lo so
è tutta la settimana che penso alle luci del giardinetto per stasera! Ieri
al
super-mercato ve lo giuro gli ho fatto uscire dalla confezione almeno
sei copri-lampada trasparenti per vedere quale ci sarebbe stato meglio!>>
<<Tra l’altro avresti anche bisogno di una doccetta
amico! C’è un vago odore di marcio che ti porti dietro da un paio di giorni!>>
<<È estate! Io non mi lavo praticamente mai
d’estate!>>
<<Stamattina non avete idea mi sono svegliato, mi
sono annusato le ascelle e stavo per soffocare ragazzi… ahahahah sta diventando
preoccupante anche per me!>>
<<Comunque è meglio che vai, non arriverai nemmeno a
cambiarti…>>
Cambiarsi, che cosa importante!
<<Ci ubriacheremo per te stasera Nicky!>>
Già, io non potevo bere alcun tipo di alcol ché mi avevano
diagnosticato una forte intolleranza agli alcolici.
<<L’alcol rovina il cervello!>> dissi
ironicamente.
Loro risero un po’.
L’alcol, diamine, che cosa importante!
Rincasai ancora con qualche bagliore di luce che mi
riscaldava e mi illuminava la testa.
Le strade erano praticamente deserte e spazzate per tutto
il loro diametro dai fotoni del sole. Di nuovo tranquillo, di nuovo lieto,
senza pensieri o tribolazioni o dissidi.
I miei passi premevano contro l’asfalto bollente della
strada mentre camminavo serenamente verso casa e assaporavo quella solitudine
ma soprattutto quell’armonia tra me e la natura, l’oceano sconfinato
dell’essere, come se le mie emozioni si accordassero con quel lieve calore, con
quella fortissima luce al tramonto, con quei marciapiedi tutto sommato sporchi
che brillavano, con quei cassonetti gonfi di putredine, con il fruscio di
qualche volantino che svolazzava via, con l’azzurro immenso del cielo.
L’armonia, che cosa importante!
Entrai, e i miei passi rimbombavano tra le stanze. Un po’
mi girava la testa in tutto quel silenzio. La finestra rifletteva il colore
azzurrino rosato del giorno che lentamente passava e illuminava qualche
mattonella lucida, poi più su un paio dei miei dischi e dei miei libri, il
bordo della televisione. Tutt’intorno una leggera ombra piuttosto chiara,
solare, che allietava gli occhi, che ovattava il silenzio.
Eccomi lì.
Lentamente mi spogliai, e mi sdraiai un sul mio divano doppia
piazza foderato.
“Nicky sei nudo, per dio!
ahahahahahah”
“Lo so lo so ma tanto dai non c’è nessuno! Voglio godermi
in pace questo silenzio, che tra un po’ questa casa sarà piena di gente…”
“Potessimo farlo ogni giorno, eh?”
“Se solo non esistessero le convenzioni sociali, Nicky,
allora vedresti le tette della cassiera ogni volta che vai a comprare lo
zucchero ahahahah”
Vergognarsi, che cosa importante!
“Perché li hai invitati? Alcuni nemmeno li sopporti…”
“Non lo so… Ora che ci rifletto vorrei restare da solo
tutta la serata, così, nudo, su questo morbidissimo divano…”
“Eheheheh, ci rimarrebbero tutti male..”
“Vabbè dai, può darsi che alla fine un po’ mi diverto”
Nemmeno io sapevo cos’era giusto. Chiamare tutti per
disdire? Concedermi?
Il fatto è questo: quant’è sbagliato mettersi in secondo
piano?
Giusto o Sbagliato, che cose importanti!
Molti dei loro discorsi, dei loro gesti, dello loro
mediocrità erano per me disagio, fastidio. Di nuovo mi sanguinò virtualmente il
naso mentre sbattevo contro quel muro insormontabile che fatalmente si ergeva
tra me stesso e gli altri e le loro vite.
Stare soli, che cosa Importante!
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